Non dormii molto quella notte.
La passai un po' come si passa la prima notte di vacanza, nel letto di un hotel o di un ostello malandato. Non importa quanto sia costoso o comodo il materasso che c'è sotto di te, la prima notte in un posto nuovo la passi sempre allo stesso modo: in bianco.
Cercai infatti più e più volte di addormentarmi. Mi misi a letto dopo aver fatto un breve giro notturno del campus e mi persi qualche volta, ma ritrovai sempre la mia strada. Vagavo in solitario con una musica elettronica ovattata che proveniva da qualche confraternita, le mani nelle tasche e la luna piena. C'erano tante stelle quella sera, più del solito, o forse non mi ero mai soffermato a guardarle prima d'allora. Il solito cliché: la notte stellata. Fu quello che pensai anche io quando mi sedetti sull'erba umida, prima che si attivassero gli irrigatori.
Michael tornò tardi e purtroppo proprio nel momento in cui stavo per prendere sonno, ma la sua presenza fu stranamente conciliante e riuscii ad addormentarmi in neppure mezz'ora dopo il suo ritorno.
La sveglia suonò poche ore dopo e fu devastante sentire quel suono mentre sognavo. Mi alzai presto, con l'intento di ritirare l'orario dei miei corsi, di fotocopiare qualche libro e di adattarmi ancora un po' prima dell'inizio delle lezioni, che era previsto il lunedì successivo, ed era sabato.
Mi lavai i denti e il viso e mi vestii piuttosto in fretta. Passai una mano tra i capelli per ravvivarli un po' ed uscii dal mio appartamento, con le chiavi magnetiche attaccate al passante della cintura, una cosa che ho sempre fatto, con le chiavi di casa o dello scooter.
Non erano molti gli studenti svegli alle otto del mattino, e godei per questo di una colazione tranquilla e silenziosa presso il bar della mia ala del campus.
Quando finii di mangiare il mio cornetto, presi il bicchiere di cartone che conteneva quello che rimaneva del caffè che avevo preso ed uscii, dirigendomi verso lo sportello informazioni, che non si rivelò essere molto utile poiché l'orario era universale e poteva essere scaricato tramite i computer della biblioteca. Fu quest'ultima la mia tappa successiva: un locale enorme, stracolmo di postazioni singole e tavoli rotondi più grandi per lo studio, qualche distributore automatico per caffè e snack, librerie infinite alte fino al soffitto. Trovai quello di cui avevo bisogno e mi sedetti al primo tavolo che trovai, per controllare il mio orario: lunedì dalle 10:30 alle 12:30 mi aspettava la mia prima lezione al college, che si rivelò essere un entusiasmante corso di matematica generale.
"Non sarà così terribile come sembra. Il prof Bass è un mito." Chanel numero 5, lunghi capelli biondi ed una voce così calda non potevano che appartenere ad una sola persona in questo campus.
"Blake, sei già sveglia?" mi sorrise e si sedette accanto a me, con una lentezza che si rivelò devastante, perché mi permetteva di osservare al cento percento le sue movenze e le sue gesta, dettate da un'eleganza ed una classe tutt'altro che dovute ai vestiti firmati.
"Non sono mai stata una dormigliona." i nostri sguardi rimasero incastrati per secondi che mi sembrarono interminabili. Non che volessi che non lo fossero. "Questa sera c'è una festa, alla mia confraternita. Ti va di venirci?" i suoi grandi occhi azzurri sembravano supplicarmi, e non potei fare altro che accettare. Ci alzammo da quel tavolo rotondo e iniziammo a camminare lungo il campus; così Blake divenne la mia guida."Sai, Alec, sono estremamente curiosa di sapere di più sul tuo conto. Cosa studi, perché, da dove vieni... Raccontami tutto."
"Sono tante domande," dissi mentre camminavamo, e non seppi dire per quanto tempo girammo per l'università, che si rivelò un ambiente estremamente utile per fare conoscenza con una persona, proprio per via della sua vastità. "sono qui per studiare economia. Mio padre è il proprietario di un'azienda produttrice di energia elettrica e fin da quando ero piccolo aspiravo a quel posto, a quegli impegni, a quel lavoro."
"Ti capisco alla perfezione. Anche mia madre ha sempre lavorato in quest'ambito; lei è una manager aziendale e ha frequentato questo college, questa facoltà, proprio come me. Lei è sempre stata un punto di riferimento per me e seguire i suoi stessi passi è un'emozione indescrivibile."
"E tuo padre invece?" la vidi farsi più cupa e mi morsi la lingua per aver fatto quella domanda.
"Mio padre non lo vedo molto. Lui è un direttore discografico nonché una persona che non sa stare per più di due giorni nello stesso posto, e non si è mai fatto problemi a lasciare me e mia madre per qualche viaggio, per soddisfare le sue manie. Con la scusa del lavoro, che ormai non ci beviamo più né io né mia madre, non è mai a casa, se non per il ringraziamento o per il natale. "
"Mi dispiace."
"Non devi dispiacerti, Alec," disse con il suo solito tono calmo e oserei dire sensuale; si fermò per qualche istante, giusto il tempo di accennare un sorriso rassicurante, poi riprese a camminare. "mia madre ha una storia con un suo collega, un uomo molto affascinante, un giornalista. Non penso che senta molto la mancanza di un uomo come mio padre." il suo tono era spiritoso, tanto da farmi nascere un sorriso, ma al contempo sincero, stava dicendo la verità."Cosa ti piace, Alec?" mi chiese quando ci fermammo. Eravamo sugli spalti del campo da basket, presso cui mi aveva portato dopo che avessi accennato alla mia passione.
"Dire te sarebbe troppo scontato?" sorrise e si passò una ciocca di capelli dietro l'orecchio destro.
"Non così tanto da non farmi arrossire." il mio sorriso appena accennato si trasformò in un ghigno. Avvicinai la mia mano alla sua, e dopo qualche istante, le nostre dita iniziarono a sfiorarsi, a stringersi. "Era da tempo che non c'era un ragazzo come te qui, Alec." quasi sussurrò e i nostri volti si ritrovarono pericolosamente vicini.
"E com'è un ragazzo come me?"
"Silenzioso, affascinante, molto alto."
"Non credo che non ci sia nessuno in tutto questo campus che abbia queste qualità imprescindibili."
"Sicuramente ci sarà," si avvicinò ancora un po', "ma non so dirti perché solo tu abbia stuzzicato il mio interesse." disse sussurrando. "Blake," lei annuì, ma ad interromperci fu un rumore che rimbombò lungo le pareti della palestra; assomigliava ad una porta di metallo che si chiudeva bruscamente e ci spaventò tanto da farci allontanare di scatto l'uno dall'altra. Ci venne istintivo guardare verso le porte d'ingresso e di uscita e pensammo fosse entrato qualcuno, ma nessun altro a parte noi respirava l'aria di quell'immensa palestra.

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JANE.
Mystery / ThrillerAlec Bennet è un aspirante economista e spera di dirigere un giorno l'azienda di famiglia. Una volta al college, entra in contatto con Jannet Andrews, studentessa di criminologia che indaga sull'omicidio di suo padre poiché il caso è stato archiviat...