ESTATE '84

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I miei occhi si aprirono ed io, dopo un solito sabato sera, fatto di alcol e fumo, sorridevo ad una nuova domenica mattina. Di solito,la domenica,ancora catatonica,mi svegliavo molto più tardi ma,stranamente,quel giorno non riuscivo a stare a letto. Dopo un risveglio brusco,mi affacciai e osservai,da quella che era la mia finestra,quello a cui davo il mio rispetto più sentito,il mio magnete:il Mare. Guardavo la mia terra, ascoltando i mormorii della mia gente che,in tempi brevissimi,sa,con un po' d'invadenza,farti tornare il sorriso sulle labbra ... Guardavo la mia isola e pensai di stare davvero male;pensai di aver dato tutto per non ricevere mai nulla;che ho amato e non ho capito di non essere amata;pensavo che lui non mi pensava,mai. Ho rimandato indietro le lacrime e ho smesso di guardare una terra che purtroppo condividevo con lui. Non riuscivo neppure a camminare,quando sentii urlare dall' altra stanza: "Marta sei vuoi fare colazione,adesso è il momento più adatto",mia madre;dopo tutti i miei problemi,ci mancava solo lei: avrebbe capito quello che stavo passando. Secondo me è giusto spendere due parole su questa donna che ha significato molto per me. Mia madre,siciliana ma nata in Polonia;donna nata tra il freddo e cresciuta con i 30° ad Agosto;molto rivoluzionaria e molto ambiziosa;piena di sarcasmo e sagacia;nonostante la sua terra natia,fedele,nonostante tutto,al regime fascista,mia madre era una "sinistroide estrema"(come le sue amiche fasciste la definivano);in realtà quello che le è sempre importato era il suo parere: lei si definiva "comunista",e questo era. Torniamo al nostro racconto,quel giorno non feci colazione né parlai con mia madre dei miei problemi,mi riaddormentai soltanto. Un'altra mattina arrivò con i suoi,percepiti,35°;alla radio passava Venditti,'la Matematica non sarà mai il mio mestiere',il muro reggeva ancora,i jeans erano a vita alta (levi's 501);avevo 16 anni e andavo al liceo classico,perlomeno ero in vacanza e mi preparavo per il terzo anno;sotto la doccia cantavo "O bella ciao" e qualsiasi persona avesse contraddetto i miei ideali era morta. Erano le 11:30 del mattino e quel pomeriggio avrei avuto la festa di una di quelle che sarebbero diventate le mie nemiche: Camilla. Ci sarebbero stati tutti i miei amici e,li,pensai : "Avrò sbagliato a chiedere  a Camilla di non invitarlo?";facendo scomparire dalla mia testa questi pensieri da sottona e cercai di pensare ad altro. Dopo un pomeriggio trascorso a rimediare un abbinamento decente,uscì di casa prima del dovuto,per stare un po' di tempo con me stessa e i miei pensieri. Piccola digressione,a quei tempi e anche adesso non me ne fregava niente dei vestiti né delle mode;Ho sempre pensato che non esistesse un " dress code" né per le feste né per la scuola;Non ricordo perché quel giorno persi così tanto tempo per trovare dei vestiti adatti,forse,per riprendermi me stessa.                 Quel pomeriggio lo ricordo particolarmente perché ,in primis un venticello fresco a settembre e a Catania non l'ho più sentito; in secundis perché vidi un ragazzo uguale a quello di cui sto raccontando e mi ricordo che piansi ,per la prima volta,per un ragazzo. Dopo una bella passeggiata,arrivai a casa di Camilla; era un'amica storica,che, come leggerete,ne ha fatte di infamate. Camilla,viziata e falsa come poche,apparteneva ad una famiglia possedente di una vasta serie di appartamenti storici a Catania.In quella casa,costruita sulla borghesia e sul capitalismo ,non mi sono mai sentita a mio agio;da fuori sarebbe sembrata soltanto una casa al mare di gente con i soldi umile che dava lavoro a giovani disoccupati di colore;non appena entravi cambiavi subito idea,da datrice diventava dittatrice. Camilla in quel giorno,che sarebbe dovuta essere euforica,era triste;inizialmente pensai che fosse  per qualche cazzata che i suoi non le avevano comprato,magari il nuovo "Macintosh",appena uscito,che lei tanto desiderava,poi mi spiegò che era stata appena lasciata dal suo ragazzo,Gabriele. Io,spiazzata da questa notizia,le dissi,ipocrita come poche:"Sappi che se manchi a qualcuno,questo ti cercherà. Ti troverà o te lo dirà. E se non lo fa,non gli manchi davvero."rido ancora a pensarci. Bipolare com'era,le tornò subito il sorriso e la festa iniziò. Arrivarono i primi inviati,le giacche erano di pelle,i capelli cotonati,la musica si alzò e si suonava da Eros e Venditti ai Duran Duran e i Queen;non so per quale motivo ma mi ero occupata personalmente che in quella festa tutto andasse bene,forse per sentirmi meglio. La festa si era fatta più movimentata: obblighi estremi,verità inconfessabili,la Roma che perde ai rigori della Coppa dei Campioni ... Stavo tranquillamente passeggiando tra i viali di quella che mi sembrava la reggia di Versailles,per controllare che nulla fosse danneggiato;Ad un tratto sentì suonare il campanello e pensai:"Tutti gli inviati in lista sono già arrivati,chi sarà mai?",confusa risposi :"Chi è?",dall'altro capo del citofono sentì una voce troppo familiare :"Io";lui aveva riconosciuto me ed io avevo riconosciuto lui,era Luca. La testa mi diceva di non aprire quel maledetto cancello,il cuore mi diceva di farlo:alla fine aprì il cancello. Non se ne accorse nessuno,erano tutti impegnati in quel gioco della bottiglia;mentre mi avviavo verso il portone principale,pensavo a cosa avrei potuto dire,a cosa avrei potuto fare ... ho sempre controllato le mie emozioni ma non appena lo vidi,'caddi come corpo morto cade'.Entrò in casa e mi disse:" Ciao,come stai?",pensai alla faccia tosta che aveva avuto nel presentarsi,quel giorno."Ciao!? te ne esci con un "ciao"? Perché sei qua?Nessuno ti ha invitato. Le feste organizzate dalle tue amichette del cazzo ti hanno già stancato?Da quando ci siamo lasciati stiamo meglio,io sto meglio e la tua presenza non era necessaria per rendere divertente questa festa."ai tempi gli dissi questo. Dopo aver finito di parlare,voltai le spalle,libera e felice di ciò che avevo detto,e vidi lui che,al contrario di quello che speravo,non stava tornando a casa ma si stava avvicinando al resto degli invitati. Si unì al gruppo dei ragazzi che stavano parlando a cerchio su uno dei tanti spiazzali;Tutti e tutte lo guardavano,nonostante tutto provavo un tantino di gelosia,nessuno lo aspettava,nessuno sapeva che sarebbe venuto e tutti conoscevano la nostra storia. Ricordo che mi si avvicinò il mio amico Andrea , per me era un fratello anche se gli sono sempre piaciuta(forse ho sbagliato a non avergli mai dato una possibilità),sapeva tutta la mia vita ed io la sua. Mi disse,con un tono di voce molto alto a causa del volume della musica altissimo:"Non pensavo che Camilla avesse inviato Luca dopo tutto quello che è successo",ed io,facendo un sorriso nervoso, risposi:"Infatti non era stato invitato,è venuto solo per farmela pesare di più".Nemmeno il tempo di due chiacchere,sentii la voce di Luca gridare:"Ragazzi facciamo una bella partita ad Obbligo & Verità?", erano tutti entusiasti ,forse incoscienti della mia crudeltà in quel gioco. Ci sedemmo in cerchio e il gioco iniziò proprio da me; fu Camilla a farmi l'obbligo di baciare Andrea ed io lo feci senza nessun problema,era già stato tutto programmato. Luca divenne paonazzo di rabbia e si allontanò;io avrei potuto continuare quel gioco e divertirmi ma alla fine mi alzai e lo andai a cercare. Sapeva benissimo che io sarei andata da lui,che avremmo discusso e che avremmo chiarito. Mi stava per raggiunse e lo guardavo camminare in quel modo così simile al mio,quel fottuto ragazzo di cui mi ero innamorata per la prima volta;Per noi era stato tutto un gioco,era un continuo guardarsi,sorridersi,chiamarsi,abbracciarsi,aspettarsi,volersi,mancarsi e ancora volersi. Fino a quando,tutto questo, era finito per una cazzata,una mia cazzata. Ci ritrovammo a venti centimetri di distanza,guardai i suoi occhi freddi ma di una freddezza familiare. Senza dire una parola ci guardammo,lui mi afferrò la vita,mi avvicinò al suo corpo snello e pallido,mi guardò le labbra ed io feci lo stesso,si morse le sue,mi riguardò negli occhi,mi afferrò il viso e mi baciò. Gli chiesi scusa e lui mi perdonò tutti gli errori che avevo fatto e che presto avrei rifatto.

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