Arriva per tutti, credo, nella vita, il momento in cui senti il mondo che ti crolla addosso. Non sai spiegarti il perché, non sai a chi affidarti, a cosa aggrapparti per non precipitare nel baratro più oscuro. Ho 20 anni e il mio mondo è crollato proprio quest'anno, 2019. In realtà, hanno semplicemente trovato compimento situazioni che andavano avanti da mesi o anche più. Però tutto ad un tratto, nel silenzio più totale, si è disintegrato tutto e ne sento tutte le conseguenze.
Il 24 marzo è morto mio padre. Sarebbe facile dare tutta la colpa a questa improvvisa dipartita, ma non è così. Il mio carattere sempre più gelido cominciava a delinearsi già da tempo e sarebbe ridicolo affermare il contrario. Il rapporto con lui non era dei migliori; non perché litigassimo o avessimo punti di vista differenti, ma perché lui beveva. Tanto. E io mi chiudevo sempre più in me stessa, tenendolo fuori dalla mia vita. Non che a lui dispiacesse, dato che non si interessava più di tanto. Ma era fatto così, una persona debole che riusciva a farsi modellare ad arte da persone e situazioni. Però ci volevamo bene nel nostro freddo e atipico modo. O almeno credo. Il nostro rapporto era basato su chiamate brevi e messaggi di buongiorno e buonanotte. Ma prima non era così.
Quando avevo 8 anni i miei genitori stavano ancora insieme e un giorno decisero di farmi felice iscrivendomi a equitazione, immensa passione della mia vita condivisa proprio con mio padre. Ricordo ancora il primo giorno di lezione. Fu un sabato pomeriggio, il cuore mi fremeva in gola e non vedevo l'ora di far avverare quell'unico sogno che mi portavo dietro da sempre. Mio padre rimase sempre lì a guardarmi, fumava una sigaretta e mi dava consigli, sentendosi come sempre più competente degli altri. Io ero felice, troppo felice. A ogni giro di campo cercavo il suo sguardo in cerca di approvazione. Lui mi sorrideva ed io sentivo di poter andare avanti più forte di prima, come se la mia forza risiedesse in lui, l'unico che riusciva a comprendere appieno quello che facevo e che amavo.
Ogni sabato per me era un appuntamento fisso. Tornavo da scuola, mangiavo in fretta (come se il tempo passasse più velocemente) e alle 15.00 salivo in macchina con mio padre, fiero di vedermi sempre così emozionata. E come ogni settimana si sedeva nelle panchine di legno che stavano davanti l'ingresso del campo e mi guardava, senza distogliere mai lo sguardo dalla sua bambina.
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L'altra faccia di Clizia
General FictionNella mitologia, Clizia era una ninfa che amava così tanto Eros da volgere lo sguardo sempre verso di lui, fino a trasformarsi in girasole dopo che la rifiutò. Mi sono sempre identificata in lei, non tanto per l'amore non ricambiato in se, ma per il...