Capitolo 4

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Mi sento debole, impotente, incapace, inutile. Forse ha davvero ragione la sorella di mio padre (che non riuscirò mai più a chiamare "zia"), forse è davvero colpa mia se è morto. Sono sempre stata una delusione per tutti, anche per lui. 

Avevo 12 anni quando smisi di fare equitazione, non proprio per mia scelta. Con mio padre facevamo spesso gite e piccole vacanze, e così decidemmo di passare un fine settimana solo noi due in un agriturismo. Era settembre, le belle giornate ancora non avevano lasciato il posto alla pioggia e alla nebbia, così decidemmo di fare un'escursione a cavallo. Lui non si sentiva molto bene quel giorno, così andai solo con l'istruttore. Quella mattina ricordo che mio padre mi acconciò i capelli con una treccia, e anche se non era mai stato abile a farlo, era venuta proprio bene. Così per non rovinarla, gli dissi che non avrei messo il casco. Ovviamente mi convinse a sciogliere i capelli e adesso, otto anni dopo, posso soltanto ringraziarlo.

Si ruppe, infatti, una delle mie staffe. Non ho altri ricordi di quel momento: cadendo avevo battuto la testa con violenza a terra e persi conoscenza. Mi risvegliai in ospedale, con gli occhi di mia madre e mia sorella puntati addosso. Mio padre era rimasto fuori, era troppo spaventato per entrare. 

Quella caduta mi provocò un trauma cranico con emorragia interna, ma per fortuna l'ematoma si assorbì presto e non ci fu bisogno nessun intervento. Però portò anche altre due cose: la paura di cadere di nuovo da cavallo, e per questo non andai più, e una frase che mio padre mi ripeté per anni

<<Con questa caduta mi hai tolto 10 anni di vita, ho avuto troppa paura>>.

 E' ironico pensare come lui mi "riuscì a salvare" convincendomi semplicemente a mettere un casco mentre io non sono stata capace di salvare lui, consapevole di quello a cui andava incontro. 

E' per questo che mi sento in colpa, da quel momento il rapporto con lui andò solo a peggiorare. I pomeriggi insieme erano sempre meno, lui beveva sempre di più e di conseguenza avevo paura a stare in casa sola con lui. Era diventato un circolo vizioso. Dai 13 anni in poi non andai più, nemmeno una volta, a dormire da lui. Mai più. 

L'ultima volta rimasi quasi tutta la notte sveglia, pensando a cosa avrebbe potuto fare. Lui semplicemente dormì ininterrottamente. Ma io avevo solo PAURA.

Sua sorella dice tante cose su di me. Dice che lo cercavo solo per i soldi, che non l'ho mai voluto bene, che non l'ho mai cercato, che lei è stata l'unica che c'è sempre stata per lui, che adesso che non c'è più io e la mia famiglia ci siamo arricchite con i suoi soldi. Forse è vero che è anche colpa mia se è finita così, ma non metterò mai in discussione il fatto che gli volessi bene. Non è stato presente per me, negli ultimi anni nemmeno mi conosceva più, non sapeva cosa mi piacesse e cosa volessi fare in futuro, ma per me è stato importante, fin troppo. E probabilmente è per questo che rispondevo alla sua assenza chiudendomi ancora di più a riccio, proprio per non fare capire quanto in realtà io fossi debole. Soltanto io so quanto lo abbia potuto insultare, nella mia testa e non, ma adesso credo che fosse solo una sorta di difesa, un modo per non sentirmi legata a lui, ma non ha funzionato. Ogni volta che la sorella di mio padre getta veleno su di me, mi sento sempre più colpevole. Cerco di non dare adito a questi pettegolezzi, ma so bene quante volte ho sbagliato nei confronti di mio padre, ma risulterei prolissa a parlarne ancora.

Sono proprio stanca di questo ambiente, di queste persone, di questa vita. Ho bisogno di uno sfogo e le sigarette di questi giorni aiutano anche se poco. Forse ho solo bisogno di cambiare aria, di andare via per un po', di cambiare città e non sapere chi incontrerò o cosa farò domani. Per ora resta solo un'utopico pensiero in mezzo agli altri.


L'altra faccia di CliziaWhere stories live. Discover now