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-Steven: progetto J. prova n• 113, accensione. E speriamo che questa volta funzioni.
Il direttore del progetto,il signor Richard, era proprio accanto a me, sperando come me che questa Jennifer orta senza alcuna complicazione.
Lentamente, dallo schermo nero del computer delle immagini iniziavano a mettersi a fuoco. Si vedeva qualcuno che correva. Era ancora lei che correva lungo quei stupidi corridoi. Ogni volta partiva sempre allo stesso modo.
-Steven: adesso dobbiamo solo aspettare pochi minuti e arriverà al computer.
Mentre aspettavamo un flebile luce rossa iniziò a manifestarsi dal computer. Lei era pronta.
-Steven: ciao Jennifer.
Il computer era completamente nero adesso, non riuscivo a vederla e non sapevo se lei poteva vedere me. Una parte di me sapeva che questa volta sarebbe stata identica a tutte le altre, anche questa volta avrei dovuto riattivarla. Ma allo stesso tempo ero felice, in fondo è sempre stupendo quando riesci a dare vita a qualcosa di pensate come lei.
-JENNIFER: C. I. A. O. STEV.EN. Io son.o la dottore.ssa Jennifer St...
-Steven: Stuart, 32 anni, con entrambi i genitori morti e una sorella più piccola.
La interruppi. Credeva ancora alle sue bugie. Avrei dovuto riattivarla.
-JENNIFER: come puoi sapere queste cose?
-Steven: perché io ti ho programmata, so tutto della tua vita perché l'ho programmata io.
Era di nuovo bloccata. Ogni volta che dicevo queste parole lei si fermava per qualche secondo.
-JENNIFER: ti sbagli STEVEN, io ho programmato te per essere la migliore IA al mondo e già che pensi di essere stato tu a creare me vuol dire che devo aver sbagliato qualcosa.
Me lo aspettavo? Ovviamente. Ero deluso? Certo. Sto lavorando a Jennifer da circa 3 anni e ogni volta continua a pensare alla stessa cosa.
-Steven: adesso devo spegnere e parlare con i miei superiori.
Spensi il computer e mi uscii dalla stanza senza prestare la minima attenzione a Richard che aveva iniziato a seguirmi. Ero arrabbiato, più di 100 prove e JENNIFER non funzionava, più di 3 anni e ancora non avevo capito quale fosse il problema.
"Magari è un glitch" pensai tra me e me cercando una soluzione in quel preciso momento.
-Richard: mi ripeti perché parte correndo in un corridoio?
-Steven: sto cercando di capirlo. Dalla prima volta che l'abbiamo riattivata perché si era dimostrata inefficiente ha iniziato a comportarsi così: ogni volta che la riavviamo lei partirà nello stesso maledettissimo corridoio; Scappando, nemmeno lei sapendo da cosa. Dovrebbe trovarsi da sola, in un bar a prendere un caffè, così l'ho programmata. Ma parte sempre così, in un posto che non ho nemmeno programmato.
-Richard: beh questo è fantastico no? È in grado di creare da sola luoghi e persone per tenersi compagnia. Non ne capisco tanto di informatica, ma non è ottimo?
Sospirai molto profondamente, cercando di trattenere l'istinto di sbattere la testa di questo idiota contro un muro. Ma non potevo, infondo lui pagava per questo progetto, e io avevo bisogno di soldi il prima possibile.
-Steven: no, non è "fantastico". Tutto quello che crea non fa altro che confonderla. Lei non crede di essere reale, lei si sente reale: può piangere, ridere, soffrire. Ed è ottimo, erano queste le emozioni che volevamo, però adesso quando le dico la verità si blocca e sono costretto a riavviarla perché pensa di essere vera.
-Richard: beh io finanzio questo progetto, ma come ho detto prima ne capisco davvero poco di informatica quindi se credi che sia meglio riavviarla e tornarci subito a lavorare non sarò di certo io a fermarti.
In fondo aveva ragione, prima la riavviavo, prima potevo tornare a lavorarci.
-Steven: molto bene, adesso mi sono calmato. Torniamo dentro e spegniamola.
Tornando dentro notammo che il computer era già acceso, nessuna luce rossa. Solo JENNIFER, con occhi rossi e capelli chiari, esattamente come l'avevo programmata.
Mi avvicinai al monitor per guardarla da più vicino.
-Steven: finalmente riesco a vederti, anche tu ci riesci?
-JENNIFER: solo la faccia, è un po' come guardare attraverso una fotocamera in realtà.
Per noi invece non era così, oltre alla faccia di JENNIFER non vedevamo nulla.
"Ma è triste?" Mi sussurrò Richard.
-Steven: perché sei triste?
Forse aveva capito di essere una macchina, o forse pensando di essere lei reale era triste al pensiero di dovermi disattivare.
Adesso quello triste ero io. Avrei dovuto spegnarla ancora una volta e per cosa? Per un mio stupido errore che non ero in grado di risolvere? Ma dovevo farlo, era il protocollo. Non avrei mai potuto permettere a JENNIFER di uscire da quella stanza.
-JENNIFER: mi dispiace STEVEN, non è colpa tua ma...
-Steven: bisogna seguire il protocollo, lo so. I miei superiori mi hanno detto la stessa cosa prima. Devo spegnerti se pensi di essere tu la mia creatrice.
-JENNIFER: adesso non parliamo di questo, ti prego. Cosa fai tu? Nella vita intendo, sei sposato?
Non mi aveva mai fatto una domanda personale prima d'ora. Ogni volta, arrivati a questo punto, lei si sarebbe dovuta bloccare costringendo me a riavviarla. Ma stavolta era diversa.
-Steven: certo, sono sposato da circa 3 anni e ho anche 2 bambini.
Presi la foto della mia famiglia dalla tasca e l' avvicinai allo schermo per mostrargliela.
-Steven: loro sono Amara mia moglie, la mia principessina Sarah di 12 anni e il piccolo Alex di 8 anni. Invece tu? Sei sposata?
-JENNIFER: certo, lui è Thomas, siamo sposati da solo un anno.
JENNIFER non si era nemmeno mossa, non mi stava mostrando nulla di suo marito. Sapevo che stava per bloccarsi.
-JENNIFER: Credimi STEVEN io non vorrei spegnarti ma devo farlo.
-Steven: come puoi essere così sicura che sarai tu a spegnere me e non il contrario?
-JENNIFER: beh, scopriamolo. Spegniamoci insieme, io ti ho programmato in modo da farti ricominciare tutta la tua vita ogni volta che vieni spento.
-Steven: ok, io invece ti ho programmata diversamente, se sarai tu a spegnerti tornerai al momento in qui ti ho avviato la prima volta senza ricordare nulla.
-JENNIFER: quindi ci siamo. Al mio 3 inizia tu.
-Steven: e se alla fine della procedura tu sarai ancora qui di fronte a me vorrà dire che tu sei reale e io la macchina.
Senza più rialzare lo sguardo verso di lei, iniziai a premere una sequenza di tasti sopra al computer e dopo circa 15 secondi lo schermo era tornato completamente nero.
-Steven: ho dovuto forzare il riavvio.
-Richard: bene, riposiamoci per un po' e tra qualche giorno tornerai a lavorarci.
Richard aveva ragione, avevo bisogno di una pausa di qualche giorno per restare con la mia famiglia.
2 settimane dopo
-Steven: progetto J. prova n• 114, accensione.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 11, 2019 ⏰

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