Epilogo

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Il giorno successivo arrivò anche il momento della presentazione dei gruppi scolastici, e tutti i ragazzi erano agitati.
Parlare davanti a una massa di persone che non ti ascoltano veramente potrebbe sembrare facile, ma non lo è davvero.
Il preside, come ogni anno, aveva parlato di quella presentazione nel suo discorso, pochi giorni prima, ma tutti avevano iniziato a preoccuparsene all'ultimo.
Il gruppo di musica, come ogni anno, aveva preparato un brano. "Stephanie, tra poco tocca a voi," Il preside avvisò l'autonominata direttrice d'orchestra, facendo agitare ancora di più gli altri membri. "Dylan, smettila. Il rumore dei tuoi passi mi deconcentra." La ragazza guardò male il violinista, che stava camminando avanti e indietro per le quinte del piccolo palco. Lui ricambiò quello sguardo, e si allontanò, cercando di calmarsi.
Una ragazza gli si avvicinò. "Ansia da palcoscenico?" Chiese, comprensiva. Dylan annuì. "Ti do un consiglio: prova a immaginare l'idea che hai del brano originale. Questo ti aiuterà a non avere un aspettativa troppo alta e a concentrarti. Almeno, per me è così." Gli sorrise, osservandolo mentre Dylan chiudeva gli occhi e provava a immaginare.
Immaginare Debussy al pianoforte era più difficile di immaginare Rihanna sul palco, ma Dylan aveva una chiara idea del brano suonato alla perfezione dalle orchestre che aveva sentito negli anni, quindi riuscì ad afferrare quei ricordi e lasciò andare l'ansia.
"Grazie," Disse, pochi secondi dopo, riaprendo gli occhi. Lei rispose con un lieve movimento della testa. "Da musicista a musicista, rivelami un segreto," Fece poi, a bassa voce. "Quanto è odiosa Stephanie da uno a dieci?" Entrambi risero piano, guardando con la coda dell'occhio la ragazza seduta con il suo spartito davanti. "Ha anche dei pregi quando vuole," La ragazza alzò le spalle. "Tutti ne hanno, il problema è volerlo." Dylan concordò con lei.
"Chi è di scena, ragazzi." Chiamò il preside, facendo capolino dal palco. Dylan ringraziò la ragazza per un'ultima volta, accorgendosi solo in quel momento che non si erano presentati. "Comunque, piacere, Dylan." Le disse, allungando una mano, che lei non strinse. "Piacere mio, Emily." Rispose lei, allungandosi per dare al ragazzo un bacio sulla guancia, che lo fece arrossire. "Ci... ci vediamo dopo?" Emily annuì. "A dopo." E si congedò, sorridendo. Aveva un bel sorriso.
Dylan tornò dai compagni, preparandosi e prendendo il suo strumento e i suoi spartiti.
"Ragazzi, questo è il nostro ultimo anno. Suoniamo per noi, non per chi ci ascolta, okay?" Li incoraggiò Mark, il pianista. Lui meritava più di Stephanie il posto di direttore d'orchestra, ma non era riuscito ad averlo.
Il ragazzo che aveva presentato il gruppo precedente scese dal palco per sedersi con i compagni. Era arrivato il loro turno.
"In bocca al lupo." Si dissero i ragazzi all'unisono, prima di uscire dalle quinte.

Jeremy ed Emily erano rimasti dietro le quinte con William per incoraggiarlo. Il ragazzo odiava parlare in pubblico, e non si sentiva del tutto pronto. "Andrà bene, vedrai." Gli disse Emily, con il suo tono convincente. Tutti i suoi amici gliel'avevano detto quella mattina, ma quella frase non aveva ottenuto l'effetto sperato.
Vedendo che stava ancora esitando, Jeremy si mise davanti a lui e, mettendogli una mano sul petto, gli diede un leggero bacio. "Ricorda quello di cui abbiamo parlato ieri," Sussurrò, a un respiro dalle sue labbra. William annuì, arrossendo leggermente. Chiuse gli occhi e diede un altro bacio a Jeremy, poi lo prese per mano, andando a sedersi. Emily non aveva detto niente su di loro, si era limitata a guardarli sorridente.
"William, tra poco tocca a te." Lo avvisò il preside, a pochi minuti dalla fine del brano del gruppo di musica. Lui annuì all'uomo, mentre Emily e Jeremy lo abbracciarono. "Andrà tutto bene, vedrai." Disse Jeremy. "E dopo ci troverai seduti con gli altri, e sarà tutto finito." Aggiunse Emily. William sorrise nervoso, e li lasciò andare, preparandosi per andare sul palco.
Quando si trovò davanti a tutti i compagni, William si sentì esattamente come si era sentito pochi giorni prima, impaurito e insicuro. Guardò in fondo all'aula, cercando con lo sguardo suo fratello. Non trovarlo lo fece sentire in colpa, nonostante lui non avesse fatto nulla. Cercò anche i suoi amici, trovandoli poco dopo, tutti vicini. Sorrise loro, Thomas sollevò una mano in segno di saluto. Iniziò a parlare.
"Quello che ho proposto pochi giorni fa era un esperimento, un tuffo nell'acqua aperta, e anche se avevo delle idee di come doveva essere, c'erano così tanti se e così tanti ma che necessitavano di una risposta." Prese fiato, fermandosi per qualche istante. "La verità è che avevo in mente questo progetto da più di un anno." Ammise, guardando verso il basso. "Ho provato sulla mia pelle cosa significa essere solo, così tanto solo da toccare il fondo e non riuscire a rialzarmi."
"Ci sono voluti anni per raccogliere il coraggio, ma non avrei neanche pensato di poter essere tanto coraggioso come lo sono stato qualche giorno fa se non avessi avuto un amico vicino a me." Guardò verso Jeremy, che lo guardava sorridente. "Ed era questo il punto. Volevo che chiunque ne avesse bisogno trovasse un rifugio, anche per pochi giorni. Che fossi io stesso quel rifugio o un gruppo riunito non era importante. L'importante era che, chiunque si presentasse perchè aveva bisogno di compagnia, trovasse compagnia, chi aveva bisogno di comprensione, trovasse comprensione." Sorrise. "Sapete cosa? Ha funzionato meglio del previsto. Tra noi ci siamo capiti subito, e abbiamo formato un gruppo talmente solido da poterlo considerare un gruppo di amici. Saremo anche sfigati o emarginati, o qualsiasi cosa ci abbia spinto a necessitare un posto in questo gruppo, ma ci siamo trovati, quindi l'esperimento è stato un grande successo." Un applauso partì appena lui pronunciò quelle parole, e per poco William non si mise a piangere. Mantenne il sorriso. "Sono dell'idea che nessuno debba sentirsi dimenticato o escluso, quindi sarò ancora disponibile se qualcuno vorrà venire da me a parlare o unirsi al gruppo e conoscere gli altri." Detto questo, guardò per un'ultima volta tutti i compagni seduti e scese dal palco, raggiungendo gli altri. Gli tremavano le gambe, ma era felice di quello che aveva detto tanto quanto lo era di quello che aveva fatto. I suoi amici si alzarono tutti insieme per abbracciarlo appena lui si avvicinò, e quello fu uno dei momenti migliori della sua vita.

Non tutte le cose sono destinate a durare, lo sapevano bene quei ragazzi.
Nonostante questo, durante la piccola festa di fine anno che seguiva l'assemblea, Emily raggiunse Dylan, fermandosi a parlare con lui.
William, che era con Jeremy, venne contornato da altri ragazzi, che erano stati troppo timidi per unirsi al gruppo a momento debito, ma fu gentile con tutti loro.
Thomas e Felix conobbero altri ragazzi, e ebbero modo di consolidare la loro nascente amicizia. Anche Tom si avvicinò a loro, e chiese a Felix qualche minuto per parlare. Il ragazzo gli disse che l'avrebbe ascoltato solo in presenza del suo nuovo amico.
Clarissa ne approfittò per chiacchierare con una ragazza che indossava la sua stessa maglietta, e scoprì con gioia che c'era qualcuno che parlava anche più di lei.

Alice e Brendon invece uscirono dall'aula. Il ragazzo aveva ricevuto una lettera dall'università alla quale aveva fatto richiesta di ammissione, e voleva un po' di tranquillità per aprirla. Si sedettero in un'aula vuota, e Alice attese. Brendon aprì la busta e lesse in silenzio per qualche istante. Fu il suo sorriso a tradirlo. "Sei stato ammesso!" Esclamò Alice, alzandosi e tirando su Brendon per abbracciarlo. "Vuoi essere la mia ragazza?" Fu quello che disse lui invece, preso dalla foga del momento. Alice si allontanò. "Perchè ora?" Chiese, confusa. "Come 'perchè ora'? Se non ora, quando?" Le sorrise, guardandola negli occhi. Alice arrossì, ma abbassò lo sguardo. "Metterti con me significa incertezza. Potrei trasferirmi un giorno, e saremo lontani..." Brendon non cambiò espressione. "Non mi interessa, non mi hai risposto." Lei gli sorrise, timida. "Ne sei sicuro?" Lui le alzò la testa. "Smettila Alice, rispondimi." Ridacchiò, accarezzandole una guancia. E allora lei si fece avanti, unendo le sue labbra a quelle di Brendon. Quel bacio fu il primo momento veramente stabile della sua vita. Significava ti amo, ma anche ci siamo trovati, e questa era l'unica cosa che Alice avesse mai desiderato. Trovare qualcuno che la facesse sentire veramente amata, veramente parte di qualcosa destinato a durare. Lo strinse a sè, cercando di prolungare quel momento il più possibile.

Intanto nell'aula accanto anche Felix, Thomas e Tom si erano isolati per parlare. "Volevo chiederti scusa." Fu la prima cosa che disse il ragazzo, non ottenendo neanche una minima risposta. "Quello che ti ho fatto è stato imperdonabile, lo so, ma non mi ero mai accorto di cosa avesse significato per te." Felix lo guardò, sentendosi di nuovo impotente e spaventato, come se non fosse passato un solo istante da quel momento. "Mi ero convinto che quello che diceva Michael fosse sempre giusto, ma così facendo ho perso te, che eri una parte importante della mia vita." Vedendo che Felix non diceva nulla, Thomas si fece avanti. Non sapeva nulla di quello che era successo tra loro, ma sapeva che quelle di Tom erano le scuse di un vigliacco. "Cosa hai intenzione di ottenere ora?" Entrambi i ragazzi si girarono verso di lui, e Tom lo guardò male. "Voglio solo scusarmi per quello che è successo tra noi, tu non centri niente, sei qui solo per assicurarti che io non faccia niente al tuo amico. Per chiarezza, non farei mai niente a Felix, ma non importa." Felix se la prese. "Smettila!" Esclamò, stringendo i pugni così forte da farsi male. "Non è una cosa fa poco quella che mi hai fatto. Mi hai ricattato per mesi, e anche se tenevi tanto a me come sostieni, hai detto tutto a Michael, che ha iniziato a prendersela con me!" Poi indicò Thomas, con una rabbia nuova in corpo. "E lui non è qui per badare a me! Lui è qui perchè è una delle poche persone che mi sono state vicino in questi giorni, e vale molto più di te sotto tantissimi aspetti." Arrossì, ma mantenne l'espressione furiosa. Tom li guardò per qualche istante. "Bene allora." Fu l'unica cosa che disse, poi girò i tacchi e se ne andò.

Alla fine i ragazzi si riunirono fuori dalla scuola, e non erano più otto, ma dodici. C'erano nuovi ragazzi che si sicuro sarebbero stati integrati con piacere nel loro gruppo, e un futuro tutto da costruire davanti a loro.
Una cosa era certa: nessuno di loro era più solo.

Fine

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