rigida mattina

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Quando la suola della sua scarpa toccò terra per un attimo, quel poco che gli serviva, lo stidio della gomma consumata si fece sentire fastidioso mentre il ragazzo continuava con la sua andatura.
Quella spinta gli diete maggiore stabilità sulla tavola, da poco lustrata, con cui sfrecciava sul tristo marciapiede verso la sua solita meta. Era in ritardo.
Era in ritardo per un appuntamento tra amici.
Ma a quanto pare se la stava prendendo comoda.
Con un brano ritmato di Drake in cuffia, rivolse lo sguardo verso il prossimo semaforo che sarebbe diventato a breve rosso per le automobili.
Si strinse la bretella dello zaino, di un bel rosso scuro, in spalla e attraversò le strisce con disinvoltura.
Superata una serie di negozi dalle vetrine anonime, e ancora spente data l'ora, svoltò a destra imboccando la strada principale.
Al suo passaggio, la poca gente che camminava, girava lo sguardo per osservarlo con curiosità per poi tornare sui propri passi.
Il ragazzo non si curava delle ciocche color carbone che gli svolazzavano davanti al viso; era abituato sia i suoi perenni capelli disordinati sia al leggero vento che ogni mattina gli arrivava direttamente in faccia.

Dopo altri veloci cambi di direzione e molti cartelli stradali più avanti il ragazzo, svoltando agilmente, entrò dal grande cancello principale del parco pubblico.
Lasciatosi alle spalle l'imponente ferro scricchiolante - qualcuno avrebbe davvero dovuto dargli un'oliata - s'inoltrò sul sentiero liscio ciclabile verso l'interno del parco.
Sì fermò finalmente quando arrivò a un grande spiazzo circondato da diverse panchine e siepi, dal loro solito colore verde scuro pastello.

Rampe, ringhiere, ostacoli, paraboliche. L'allestimento del grande parco da skate alle prime luci dell'alba di un venerdì mattina cupo e umido era sempre stata una piacevole vista rilassante.
Il ragazzo dai capelli carbone, che rispondeva al nome di Tetsuro Kuroo, si avviò verso uno dei tanti soppalchi lì vicino, dove qualcuno aveva già appoggiato la propria roba.
Kuroo scese dalla tavola e nel mentre si sfilò lo zaino per poggiarlo a terra.

Il rumore di altre due paia di ruote si poteva sentire rimbombare mentre una certa figura familiare si esercitava nei trick.
Kuroo, già sapendo di chi si trattasse, si affacciò giù per il rialzo che dava direttamente sul dislivello a mezza sfera da dove in seguito provenì uno sbuffo seccato sonoro.

"Bella caduta Bokuto, hai proprio stile!"

Se la sghignazzava il moro.
A quel punto, inevitabilmente, il certo Bokuto, dai capelli di tre colori diversi - certo che di gente strana ne esiste in giro - e con una evidente quantità assurda di gel sulle punte, lo notò e gli rivolge a sua volta un mezzo sorrisetto complice.

"Beh, sempre meglio della tua la scorsa volta!"

Gli gridò dietro.
Kuroo, per sua sfortuna, per un attimo si ricordò della sua rovinosa caduta fatta l'ultima volta al parco su una ringhiera... non descriveremo la corsa all'ospedale nei dettagli.

"Sì sì, ammettilo, sono stato un grande!"

Kuroo risalì sullo skate per scendere dall'amico, che intanto si era rialzato e si stava spolverando i pantaloni.

"Ovvio bro ma mi hai fatto preoccupare mentre salivi sulla barella ridendo..."

"Ti assicuro, è stata la cosa più divertente della mia vita... ovviamente dopo quella volta che abbiamo provato a mangiare spaghetti dal naso!"

Si mire a ridacchiare mentre fermava la tavola a metà strada.

"Ah sì, quella volta Daichi ha perso addirittura la voce da quanto ci aveva strillato!"

E anche lui si mise a ridere al ricordo del bel pomeriggio passato a ripulire la cucina dell'amico.
Kuroo, completamente sceso giù, diede il cinque a Bokuto, il batti pugno, la spallata... bè il solito saluto tra migliori amici.

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