1943

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Di solito ricordiamo le date che sono a noi più care: compleanni, anniversari o festività varie. Ma quel giorno, non potrò mai dimenticarlo. Nessuno potrà mai più dimenticarlo.

Piacere. Il mio nome è Domenico, ma potete pure chiamarmi Mimmo o Mimí, come piaceva a Rosalia, la mia ragazza. All'epoca dei fatti eravamo già ziti seppur non ufficialmente e proprio quel giorno, dopo la messa, mi sarei recato insieme con mio padre, Giacomino, a chiedere la mano della mia bella al padre di lei. Un tipo alquanto burbero e fascista della prima ora. Di contro, la mia famiglia, d'umilissime origini, non aveva mai voluto accettare del tutto quell'ideologia... in effetti, i suoi sviluppi successivi, avrebbero portato la mia città ad essere quasi del tutto rasa al suolo.

Me lo ricordo bene quel giorno, molto bene...

Era il 18 Aprile del 1943 ed in Cattedrale,  festeggiavamo l' arrivo di Cristo a Gerusalemme: in pratica la Domenica delle palme; noi fedeli eravamo riuniti all'interno del cortile, che da sua via Vittorio Emanuele. Insomma, per farla in breve, era un giorno di festa, dopo le incessanti scorrerie e bombardamenti che in quei tempi devastavano la mia Palermo.

Un giorno come tanti, dove regnava il silenzio che, attonito, dimorava tra la folla e le macerie di una città devastata dalla guerra... una guerra non voluta da noi, ma da quello scellerato, che dall'alto del suo potere, credeva realmente di portare l'Italia al tavolo dei vincitori. Qualcuno oggi direbbe che era completamente folle e, di certo, non avrebbe torto.

Proprio quando l'arcivescovo stava per benedire la folla, mentre alzavamo le palme e i rami d'ulivo,sentimmo quel suono che ormai conoscevamo fin troppo bene. Posso assicurarvi che non eravamo affatto pochi e molti di noi erano in attesa di poter tornare nelle proprie case a pranzare... per chi aveva ancora un tetto sopra la testa.

Una sirena, che riempiva col suo suono allarmato, come un fortissimo eco, l'intero quartiere. L'intera città.
I bombardieri stavano arrivando e puntavano verso il cuore di Palermo.

La prima cosa che sentí, furono le urla delle donne, che in preda al terrore, presero i propri pargoli tra le braccia, stringendoli stretti stretti al petto. Quest'ultimi, consci di ciò che da lì a poco sarebbe accaduto, cominciarono a piangere all'unisono, come se l'intera città piangesse con loro. Dopo le urla... la corsa folle, vi era chi scappava di qua e chi di là. Una moltitudine di corpi che s'accavallavano l'uno con l'altro, spingendo, trascinandosi, senza alcuna meta, ma diretti verso l'unico posto sicuro che conoscevamo: il rifugio di piazzetta Sett'Angeli, così chiamata perché sette angeli vegliavano quel luogo.

Riuscimmo a farci strada tra la folla quasi a stento, mentre le prime esplosioni, miste al suono degli aerei, aumentavano il terrore che ci attanagliava le membra, dandoci una spinta in più nel correre verso quel luogo "sicuro" ... eravamo certi di salvarci. Riuscimmo ad entrare poco prima che una bomba centrasse in pieno una delle torri della Cattedrale, cadendo rovinosamente al suolo, in fiamme.

Eravamo salvi. Ma nonostante ciò le urla incessanti dei presenti non terminavano.
Stipati come topi, stretti l'uno con l'altro, cercavano di farci coraggio. Gli adulti, quelli più grandi di noi, ci rassicuravano che presto sarebbe finita, altri invece, inginocchiati, pregavano  affinché tutto quel dolore cessasse. Donne e bambini, al centro della struttura sotterranea, cercavano maggiormente riparo.

Invece...

La bomba caddè con un suono lugubre, come il fischio di in treno in corsa, sprofondando dal tetto e penetrando all'interno del rifugio.
Poi il silenzio, assordante, invase la struttura. Tutti gli sguardi erano rivolti verso l'involucro di metallo.
Ricordo che piansi, in silenzio, mentre il freddo alito della morte riempiva la stanza.

Infine.. l'esplosione avvolse tutti.

Il mio nome era Domenico ed ancora oggi, piango sotto le vostre strade, mentre sette angeli vegliano sulla mia tomba.

       

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 29, 2019 ⏰

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