Sacrifice. || Calum Hood. (OS)

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"Sai, piccola Chloe, è davvero sbagliato ciò che stai facendo".

Una voce risvegliò dai propri pensieri Chloe, che la riconobbe a primo impatto. Mille brividi le attraversarono la schiena, tutto quello che le stava succedendo era davvero assurdo.

"Piccola Chloe, perchè non rispondi?".

Odiava e amava quella voce, tanto armoniosa quanto oscura, l'unica voce capace di farla tremare. Troppe volte le era successo, troppe volte aveva frenato l'istinto di dirgli quanto quella voce fosse bella, ma le cose andavano così nel giro infernale di Calum Hood, o tutto andava bene o tutto andava male. A lei andava male, sicuramente.

"Oh, piccola Chloe, sei così tenera quanto bastarda".

Si girò lentamente e i suoi occhi neri chiarissimi incontrarono quelli del ragazzo, scuri come la pece. Improvvisamente sentì le gambe molli. Aveva sbagliato, non doveva ribellarsi, non doveva parlare male di lui, non doveva rispondergli rudemente, perciò non parlava mai. Quelle erano le sue regole e lei le rispettava.

"Parla!" e lei non lo fece.

Il ragazzo le strinse il braccio, le stava quasi bloccando la circolazione. Ormai ci era abituata, ogni giorno subiva violenza fisica e morale da parte di Calum, ma a lei non importava. Stava in silenzio e subiva. Se lo meritava, dopotutto.

"Piccola, tenera, innocente, bastarda Chloe".

Disse ogni singola parola accompagnata da delle spinte che la facevano scontrare contro la porta legnosa del bagno femminile. Aveva la strana abitudine di chiamarla con aggettivi che precedevano il suo nome, a lei non dava fastidio, anzi, le piaceva. In verità, a lei piaceva Calum.

A lei piaceva tutto di quel ragazzo. I capelli mori e scuri che pettinava accuratamente, gli occhi grandi e profondi che, nonostante le infondessero timore, lei amava, il corpo asciutto e snello, le guance piene e adorabili e, infine, il suo comportamento rude, che quando non veniva osservato da nessuno si trasformava in dolcezza al massimo. Lei lo amava, ne era sicura. La pecca era che lui evidentemente non ricambiava, lui era preso dalle solite ragazze dai facili costumi che gli andavano dietro.

"Sei orrenda, ma ti guardi? E poi, quelle felpe così larghe...sei ridicola!"

Chiuse gli occhi, riflettendo sulle parole che il ragazzo le aveva appena urlato. Lui aveva ragione, come sempre.

"Poi sei una secchiona! Quegli occhiali fanno schifo, come te!".

Le diede uno schiaffo forte, facendo arrossare tutta l'area della guancia destra. Il respiro di entrambi era irregolare, entrambi avevano una ragione per essere in quello stato. Chloe non ce la faceva più, Chloe non sopportava più ciò che le stava succedendo. Aveva preso una decisione, ci stava pensando già da tanto tempo: dopo la scuola avrebbe posto fine a tutto, alla violenza di Calum, alla sua sofferenza, alla sua vita.

"Lei era una ragazza così dolce...".

Un singhiozzo eccheggiò nella chiesa, riempita da numerose persone.

Chloe era morta, si era uccisa.

Chloe non esisteva più, la piccola, tenera e innocente Chloe se ne era andata.

Il suo corpo pallido era presente, ma la sua anima no. La sua anima era volata su da Dio, per fargli compagnia, magari poteva sentirsi solo tra i tanti spiriti. La povera Ashlyn, la sua migliore amica, si andò a sedere, dando fine alla messa, che continuava già da tanto tempo. Si sentiva così vuota, la sua amica storica, la sua sorella per la vita, la sua metà, il suo tutto se ne era andata. Stentava a crederci.

Ma lei sapeva il motivo, lei sapeva il fulcro della storia.

Calum Hood, il diavolo punk.

Parli del diavolo e spuntano le corna. Fece la sua entrata il ragazzo in vestiti scuri, avvicinandosi tempestosamente ad Ashlyn. "Chloe, Chloe, dov'è?".

Un'espressione sofferente era dipinta alla perfezione sul viso del ragazzo, così credibile che ad Ashlyn fece venire i brividi. Abbassò leggermente lo sguardo, lei, sospirando.

"È lì".

Alluse alla lapide aperta, dove la piccola Chloe risposava, facendo girare completamente il volto a Calum. E così lui crollò. Pianse, pianse tantissimo, fino ad esaurire le lacrime.

"Hai ucciso la mia amica, capisci?".

Anche Ashlyn piangeva, ormai stremata da tutto ciò che stava succedendo. Aveva la rabbia a fior di pelle, e se non fosse stato per il luogo sacro in cui si trovava, non si sarebbe risparmiata un pugno in faccia.

"Io...".

Per la prima volta in vita sua, Calum, si ritrovò senza parole, senza la forza di fare niente, nemmeno di piangere. Si sedette sulla panca di legno e fissò per minuti e minuti il vuoto. Ashlyn sapeva di doverglielo dire, ma era così difficile. Non sapeva quale sarebbe stata la sua reazione, e lei aveva paura di Calum e la sua famosa rabbia. Chloe le riferiva tutto e lei si sentiva in colpa a non aver detto niente a nessuno, si sentiva in colpa ad averla ascoltata. Certo, era la sua migliore amica, ma se fosse stato per il suo bene sarebbe andata anche sull'Everest a piedi. Si sedette piano al fianco del moro, abbassando il suo volto spigoloso verso le sue scarpe scure.
"Lei ti ama".

Tre parole, tre dannatissime parole, fecero cessare il battito cardiaco al cuore di Calum, che sorrise amaro.

Era morta la piccola Chloe, non poteva amarlo.

"Mi amava, caso mai".

Ashlyn scosse la testa, conosceva benissimo Chloe e sapeva come stavano veramente le cose.

"Calum, si è suicidata perchè ti ama, ma non vuole soffire. A te non import-".

Cominciò a spiegare le ultime parole che la ragazza le aveva detto, ma lui la interruppe bruscamente, alzandosi di scatto. Un velo di sicurezza e decisione trapelava dagli occhi del giovane, che ormai aveva preso la sua decisione.

Anche lui la amava, e quale modo migliore per dimostrarglielo poteva essere, se non dirglielo?

Corse via dal suo corpo immobile, la piccola Chloe sarebbe diventata sua.

Guardava il coltello affilato che aveva tra le mani.

Una fugace occhiata si assicurò che tra quei piccoli vicoli cechi non c'era nessuno.

Il cuore batteva a ritmo irregolare, il respiro pesante, la sua decisione era ormai messa in atto quando il coltello affondò nel suo petto profondamente.

Voleva farsi tutto il male che aveva fatto a lei, la sua piccola Chloe.

Lo estrasse e si sentì mancare l'aria alla vista di tutto quel sangue rosso scuro, ma non si arrese.

Lo piantò di nuovo in un punto non molto distante, ridendo al ricordo della risata della ragazza: era così strana. Parecchie volte aveva creduto fosse un attacco d'asma, quando Chloe si stava solo divertendo.

Indietreggiò un pò e notò un piccolo specchietto dove riflessi c'erano i suoi occhi scuri, in quel momento contornati da tante venature rosse. Quelli di Chloe erano simili ai suoi, ma così espressivi che a volte sembrava ti scavassero dentro. Parecchie volte aveva invidiato quelle iridi.

Un'altra coltellata e gli si annebbiò la vista, ci stava riuscendo, stava morendo.

Rideva tanto, tantissimo, gli ultimi momenti della sua vita li voleva passare pensando a lei, al suo volto, ai suoi occhi, al suo sorriso, tutto.

L'ultimo colpo e un urlo disumano abbandonò la sua bocca, tra cui potevano essere chiare le parole:
"Sto arrivando, piccola!".

Sacrifice. // Calum Hood.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora