Sweet Surreder

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I robot possono anche fumare, tanto non si intossicano i polmoni.
A questo pensava mentre osservava i fili d'erba mossi dal vento. Sedeva con espressione assente sopra il basso muretto che separava la casa dal giardino retrostante, proprietà della città. Non si poteva neanche definire giardino, in effetti si trattava di un piccolo lotto di terra che separava la casa dal vialetto che le passava dietro. Era immersa nei suoi pensieri e una sigaretta le pendeva pigramente dalle labbra, mentre lievi sbuffi di fumo uscivano dalla sua bocca. Il vento iniziò a soffiare forte, portandole i corti capelli biondi davanti al viso. Con un gesto aggressivo la giovane cyborg sistemò nuovamente quella cascata di capelli dorati dietro le orecchie, nella vana speranza di non diventare la versione umana di un barboncino. Un lieve rumore attirò la sua attenzione e la ragazza scorse la porticina del retro aprirsi e Marion fare capolino con espressione addolorata. C18 voltò bruscamente la testa dall'altra parte, osservando le carrozze che veloci sfrecciavano sul vialetto, sembrava quasi di fare un tuffo nel passato. Non aveva nessuna intenzione di parlare con quella donna, non in quel momento, almeno. Più probabilmente mai. Con la coda dell'occhio continuava a tenerla d'occhio e si accorse in breve che aveva intenzione di dire qualcosa, così preferì precederla.
"Senti, finisco la sigaretta, poi faccio le valigie e me ne vado, tanto non ho voglia di perdere tempo con te"
In fondo che senso poteva avere restare lì? Le piaceva vivere in quella casa, era elegante, spaziosa, con la piscina, il campo da tennis e persino i cavalli per fare equitazione -o per cadere rovinosamente a terra- e le piaceva vivere con lei, ma ormai tutto questo non aveva più senso. Voltò leggermente lo sguardo per osservare l'amica che teneva lo sguardo fisso a terra.
Amica...
Le faceva male considerarla così, dopo quei baci...eppure ormai era indiscutibilmente solo un'amica.
"...mi dispiace..."
La voce della ragazza dai capelli blu la svegliò da quello strano stadio di torpore depresso. C18 la osservò, quindi in silenzio premette la sigaretta contro il muretto, per spegnerla e lasciò che la cicca cadesse dalla parte del terreno governativo, tanto non era compito suo pulirlo.
"Di cosa?"
chiese osservando la ragazza. La giovane dai lunghi capelli blu si avvicinò al muretto, sedendosi vicino a lei, ma C18 voltò la testa, iniziando ad osservare l'erba del loro giardino, e decise di non darle il tempo di rispondere, preferendo continuare a parlare.
"Di avermi chiesto gentilmente di andarmene e sparire per sempre dalla tua vita...o di avermi detto, altrettanto gentilmente, che sono solo -cito testualmente- un pezzo di ferro incapace di provare qualsiasi sentimento umano, un stupida macchina costruita solo per uccidere e distruggere e incapace di provare qualsiasi cosa che non sia l'odio? Per cosa, ti dispiace?"
Continuava a fissare l'erba, rifiutandosi di guardarla in volto, anche se si rendeva conto di apparire debole, in questo modo. Ma in verità sarebbe apparsa debole anche guardandola, l'unica cosa che avrebbe salvato la sua autostima sarebbe stato fare le valigie e andarsene prima ancora che l'altra ragazza avesse il tempo di pentirsi. Ma non ce l'aveva fatta.
"...entrambe..."
C18 non rispose, continuando a fissare il terreno e con un'incredibile voglia di fumare un'altra sigaretta. Tanto a quanto pareva era solo una macchina, una macchina non può intossicarsi i polmoni, no?
"...Diciotto, io...non volevo...lo sai, ero arrabbiata"
La ragazza bionda continuò a non rispondere, fissando il terreno con incredibile interesse, come se fosse una studiosa della fauna del giardino...formiche, cavallette e grilli.
"E' che...sei sempre...così fredda...io...sembra...sembra che..."
Si mosse lentamente sul muretto, a disagio, e in questo modo scivolò all'indietro, rischiando di finire a gambe all'aria, se C18 grazie ai suoi riflessi da guerriera non l'avesse prontamente afferrata per i fianchi, trattenendola per impedirle quella rovinosa caduta.
"Stai attenta, diamine, ti fai male!"
Il tono era brusco e freddo e questo non fece altro che aumentare il dolore che filtrava attraverso i grandi occhi azzurri da bambina di Marion. Il dolore e il dispiacere erano così forti che la giovane non fece caso a un piccolo dettaglio: adesso era di nuovo in posizione stabile sul muretto, eppure la bionda cyborg continuava a cingerle i fianchi e a tenerla vicina.
"Lo vedi...sembra...sembra che tu...che tu non mi voglia bene..."
C18 inarcò un sopracciglio a quelle parole, lasciandole bruscamente i fianchi ma accertandosi che fosse in equilibrio e non rischiasse di finire a terra.
"Infatti io non ti voglio bene, stupida!"
Il tono era sempre più brusco, e Marion tornò ad abbassare lo sguardo. C18 sospirò appena, adesso quella che si sentiva a disagio era lei. Era un anno che viveva in quella casa con Marion, da quando lei l'aveva ospitata dopo la morte di Cell. Ed erano circa tre mesi che sapeva perfettamente quello che provava. Solo che un conto era saperlo, un conto era dirlo. Non era mai stata brava con le parole e le manifestazioni d'affetto, sin da piccola era cresciuta con uno scienziato pazzo -Gero- che l'aveva rapita e tenuta segregata dentro una stanzetta con il fratello in attesa di trasformarla in una macchina da guerra...non il massimo per imparare a gestire le relazioni sociali.
Senza una parola tornò a cingere i fianchi della ragazza, che alzò gli occhi per osservarla con una luce di stupore in quello sguardo cristallino.
C18 si sporse in avanti per baciarla, ma con sua grande sorpresa si ritrovò bloccata dalle mani di Marion che premevano contro le sue spalle per allontanarla. Adesso toccava a lei avere un'espressione stupita.
Marion la guardò con determinazione.
"No! Visto il modo in cui mi hai trattato non te la cavi così a buon mercato!"
C18 sbuffò seccata, tornando ad allontanare lo sguardo. A quanto pareva quella testolina bluastra aveva deciso di complicarle la vita, totalmente incurante della sua scarsa propensione a perdere tempo in parole inutili. Lei era una persona fisica, non si perdeva in divagazioni filosofiche, le veniva molto più naturale baciarla e finirla lì che non imbastire un discorso.
"Veramente sei tu che mi hai insultato!"
replicò, per prendere tempo. Forse riusciva a scamparla, almeno per questa volta.
Niente da fare, Marion inarcò un sopracciglio osservandola con aria scettica, e la bionda capì di essere in trappola.
Sbuffò nuovamente come una vecchia vaporiera e tornò a sporgersi verso Marion, fermandosi a circa cinque centimetri dalle sue labbra.
"Ti amo"
disse infine, osservando poi la bocca della sua fidanzata -dopo quello che era stata costretta a dire era un suo diritto ritenerla tale- generare un piccolo sorrisetto di trionfo.
Non sarebbero mai diventate una di quelle coppiette gne-gne sempre pronte a tubare e a scambiarsi frasi prese dai baci Perugina. L'avrebbe impedito con tutte le sue forze! Però, doveva ammettere che era stato piacevole dargliela vinta, almeno una volta.
Senza attendere oltre varcò la distanza tra le loro labbra e fu contenta di sentire la bocca della sua ragazza schiudersi e accogliere il suo bacio.
Si separò dopo pochi istanti e continuò ad osservarla con un leggero sorriso di scherno.
"Quindi non le devo più fare, le valigie?"
Avvertì distintamente la mano della giovane colpirla dritta sul collo, facendole abbassare di scatto la testa. Hey, non valeva colpirla quando aveva le difese abbassate!
"Direi di no. Sei la mia donna, ora"
"Non più un robot?"
"Scema"
Dopo questo appellativo ironico Marion saltò giù dal muretto, dirigendosi verso casa.
"Vieni dentro?" chiese fermandosi sulla soglia.
C18 scosse il capo negativamente.
"No, resto qualche minuto qui"
Marion scomparve all'interno della casa, lasciando C18 nuovamente sola nel giardino, seduta su quello stesso muretto, con una nuova sigaretta stretta tra le dita. La osservò per qualche istante, poi un sorriso si dipinse sulle sue labbra e la giovane rimise quella sigaretta nel pacchetto, riponendo poi l'oggetto nella tasca dei jeans.
Le donne non possono fumare, fa male ai polmoni.

Io. Te. Noi.Where stories live. Discover now