Cap 20
Un silenzio improvviso cade in cucina. Gelo.
Restiamo immobili in attesa dello scatenarsi della tempesta.
Il primo a riprendersi è mio figlio.
- Cosa sei venuto a fare qui? - alza la voce aggredendo il padre.
Paolo si avvicina al nostro tavolo e noi istintivamente ci ritraiamo. Lui si ferma.
- Cosa vuoi? - chiedo io risoluta.
- Piano, tranquilli – risponde rivolgendosi a tutti – sono qui in pace. Voglio solo parlare. Lo so di aver fatto una grande cazzata. Lo so. Non serve che me lo diciate.-
poi si rivolge a me – Ti chiedo scusa, ho perso la testa. Quando sono arrabbiato perdo il controllo. Non volevo farti male, credimi. Mi perdoni?
- Non puoi parlare solo di perdono – rispondo risentita – io ti posso perdonare. Ma ... non si torna indietro. E' vero, non è la prima volta che alzi le mani né che mi tradisci. Ora però dico basta. Io voglio la separazione, voglio riprendermi la mia vita e la mia libertà.
- Ci ho pensato molto su questa tua richiesta. So di aver superato molte volte il limite, ma devi credermi che sono pentito e ti chiedo, qui davanti ai nostri figli, di darmi una seconda possibilità. Farò tutto ciò che vorrai, ma salviamo il nostro matrimonio.
- Cosa c'è da salvare? Dimmelo tu.
- Io sono malato di sesso. Non resisto davanti ad una donna che si offre. Questo è un dato di fatto. Posso dirti che l'unica donna che ho amato sei tu, solo tu. Ho messo a rischio la mia famiglia per un vizio che ti giuro mi impegno a superare. - si rivolge ai figli- Voi tutti siete troppo importanti per me. Non voglio perdervi. - infine rivolto a me - Sono pronto a tutto. Tutto quello che vuoi. Chiedi ciò che desideri e io lo esaudirò.
Resto senza parole avvolta tra le spire della speranza e dell'incredulità. Non ho mai visto Paolo così disponibile e umile. Arrogante e deciso sì, umile no. E la mia reazione? Mi metto a piangere come una stupida davanti a tutti, senza ritegno singhiozzo rumorosamente.
- Non devi rispondermi subito – aggiunge – saprò aspettare. Dammi il tempo di dimostrarti che sono cambiato. Ti chiedo solo di tornare a casa con me, questa sera o se preferisci domani mattina. Ti prego. - anche la voce si affievolisce.
Non ho la forza di guardare Paolo e tanto meno i miei figli. Annuisco.
Ecco servita la mia resa.
Riesco solo a sussurrare: – Domani mattina –
Mi alzo e vado in camera da letto. Sento il loro concitato dialogare o, forse sarebbe meglio dire, litigare. Più acuta la voce di Veronica, più bassa quella di Marco, pacata e tranquilla quella di Paolo.Anche questa non sarà una notte di riposo, ma le emozioni vissute oggi hanno il sopravvento sul mio corpo esausto e mi addormento. Il sonno è certamente agitato per tutto il tempo. Mi sveglio alle tre e mi accorgo che sono ancora vestita, Paolo è disteso accanto a me, una mano sul mio fianco come a segnare un possesso. Cerco di alzarmi per bere un bicchiere d'acqua e come mi muovo Paolo mi stringe a sé.
- Vado solo a bere – sussurro per non svegliare gli altri.
- Tmtrtsgnmm – risponde con un borbottio incomprensibile, ma evidentemente dovuto al sonno.
Cerco ancora di divincolarmi e la stretta si fa ancora più forte. Decido di restare ferma anche se sveglia. Mi libererò appena si sveglia.
La sensazione che mi procura questo abbraccio incosciente è del resto inattesa. Mi sento protetta, sicura tra le braccia di mio marito. Tutto è un controsenso. Lo stesso marito che mi ha picchiata può essere ora la mia difesa? Sono forse vittima della sindrome di Stoccolma? Come si può amare chi ti fa del male?
La stretta si allenta e io cerco di sgattaiolare quando sento – Non andare via, ti supplico, ho bisogno di te.
Paolo si è svegliato e mi appare davvero impaurito. La mia determinazione deve averlo sconvolto. Lo rassicuro di nuovo.
- Vado solo a bere.
- Ok, ti aspetto.
Mi alzo finalmente e raggiungo la cucina. Uno sguardo in salotto e distinguo due sagome dormienti. I miei figli sono tutti qui.
Mio dio, qual è la migliore decisione? Per me. Per loro.
Bevo un sorso d'acqua e non ho più sete. Paolo arriva piano, mi prende la mano e gentilmente mi tira verso di sé.
- Vieni a letto. Domani parleremo ancora anche con i ragazzi. Ora vieni con me.Mi risveglio che sono le sette. Ora di colazione e infatti è l'odore del caffè che mi ha svegliato.
- Pronta per il primo caffè? - mormora amorevolmente Paolo.
E' davvero irriconoscibile. Perfino il caffè a letto. Grandioso. Potrei proprio approfittarne. Cosa dice il detto popolare? "Le corna sono come i denti. Fanno male quando crescono, ma poi ci si mangia sopra." Vengo subito distolta dai miei pensieri.
- Ho pensato – propone – che potremmo fare i turisti insieme oggi. Ci saranno tante maschere in giro. Perché non goderci una giornata tranquilla insieme?- vede che sono perplessa e aggiunge - Non ti piace la folla? Andiamo a passeggiare sulla spiaggia del Lido? Ti porto a mangiare gli scampi crudi alla Favorita e ci rilassiamo. Potremo parlare, se vuoi. Sono pronto a cambiare vita, credimi. Ho capito che tu e i ragazzi siete tutto per me.
- Mi stai prendendo per la gola? - ridacchio io, anche se c'è poco da ridacchiare.
- No, sto solo cercando di ricostruire momenti sereni tra di noi. Credimi, quello che desidero è compiacerti. Solo quello.
- Va bene visto che sembra una bella giornata soleggiata potremmo andare a piedi fino a piazza san Marco e da lì prendere in vaporetto per il Lido. - propongo io in modalità tour operator – potremmo attraversare il ghetto ed evitare la via dei turisti.Come previsto le calli sono sommerse da una quantità incredibile di gente che è arrivata a Venezia mascherata per festeggiare, mirare ed essere mirata. Dopo un po' divento insofferente e, per fortuna, il primo tratto è stato alternativo a quello turistico.
- Speriamo che oggi non ci sia acqua alta – dico per spezzare il silenzio che è sceso tra noi dopo l'uscita che non ha trovato l'approvazione dei figli.
- Non ti preoccupare – si avvicina per parlarmi e non perdermi tra la folla. - se anche fosse ti prenderei in braccio come l'altra volta, ricordi?
- Oh sì, come dimenticarmi. Ti sei lamentato per mesi dicendo che per salvare le mie scarpe nuove mi avevi preso in braccio e ti eri procurato due ernie. Non sei stato affatto un gentiluomo a far supporre che il mio peso fosse eccessivo – rievoco io sorridendo.
- Ce la farei anche adesso all'occorrenza. - risponde fissando intensamente i miei occhi.
Un brivido mi attraversa la schiena. Sono proprio fuori di testa.Il tragitto in vaporetto mi mette ansia perché non sapendo nuotare mi sento incerta, insicura e in pericolo. Mezz'ora dopo attracchiamo al Lido e dopo aver visto e ascoltato il mare ci avviamo verso la Favorita, una rinomata trattoria. Il proprietario quando ci riconosce ci viene incontro e ci accompagna al nostro tavolo.
Pranzo divino con antipasti della tradizione: baccalà mantecato e pesce marinato seguito da tagliolini alla busara. Alcune frittelle ripiene appena cotte per noi sono il degno finale.
Ben sazi decidiamo di rientrare verso piazzale Roma dove Paolo ha parcheggiato. Il Canal Grande è uno spettacolo con le facciate dei palazzi illuminati e il movimento delle imbarcazioni.
La giornata appena trascorsa ha avuto un esito ben diverso da quello che mi ripromettevo solo ieri. Ventiquattro ore e tutto si è ribaltato. Salgo in macchina pensando che ritorno a casa con un marito che mi vuole accanto a sé perché ha bisogno di me, mi apprezza, mi vuole bene. Sono quasi orgogliosa del suo impegno a cambiare per me e salvare il nostro matrimonio.In autostrada ci fermiamo per fare il pieno. Paolo esce per andare a pagare. In quel momento arriva sul display un messaggio. Proviene da suo padre " Allora ci vediamo domani con tua moglie. Se non la riporti in famiglia considerati fuori dall'azienda".
Sto ancora fissando sbalordita il cellulare quando Paolo rientra in auto. Scorre veloce il messaggio e poi il mio viso.
- No, non è come credi. Non è solo perché lo vuole mio padre che ti ho sono venuto a prendere. - mi anticipa.
- Mi dispiace, ma non ti credo.
- Aspetta, io ti voglio bene sul serio.
- Tutte le tue promesse sono falsità per annebbiare la mia capacità di giudizio. Tu non desideri cambiare. Tutte bugie le tue.
- No, mi devi credere. - intanto rimette in marcia e si immette sulla corsia. - ora te lo dimostro. Non mi interessa niente dell'azienda o di me.
- Non correre così veloce. Mi fai paura.
- Non andrai da nessuna parte senza di me. Resterai per sempre con me. Vedrai ora.- E si mette a ridere accelerando al massimo nella corsia di sorpasso.
- Fermati. Sei pazzo. Non andare contro il camion. NooUno schianto ed è tutto nero.
Silenzio e il nulla.
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Adele. I conti con il passato
ChickLitAdele scopre i tradimenti del marito e prende coscienza del fallimento della sua famiglia. Con l'aiuto di due sue amiche trova la forza di contrastare l'arroganza e la violenza del consorte. Riconquistati i buoni rapporti con i figli prova a chiuder...