Quello che era appena successo era del tutto assurdo. Mi sistemai nervosamente una ciocca dietro l'orecchio, guardando in basso. Riuscii a vedere la folla di ragazze che urlavano, e riuscii anche a sentirle distintamente. Presi il cellulare e digitai un numero veloce.
«Sof?»
«Sarah! Qui c'è un casino! Dove sei?» disse urlando
«Sono sul lato...» guardai un cartello «est dello stadio.».
«Est...est... Perfetto, io sono a ovest.»
«Ma la nostra entrata è ad est.»
«Est? Ok, aspetta. Ti raggiungo. Un punto di riferimento?».
Mi guardai attorno e inquadrai un negozietto di abbigliamento, con un'insegna luminosa che diceva "Samantha's". Lo descrissi a Sofia.
«Perfetto, ci vediamo lì davanti.». Chiusi la chiamata. Mi sedetti su una panchina li davanti, con le mani che reggevano il viso, guardando le mattonelle malmesse che formavano il pavimento.
Potevo sentire in lontananza una fisarmonica che cantava melodie orecchiabili.
Stavo per realizzare il mio sogno.
E sono stata assunta come collaboratrice nella troupe dei ragazzi.
Porca puttana. Non ci potevo credere. Alzai lo sguardo e vidi una vecchia signora appoggiata allo stipite del negozio, con le mani che coprivano la fiamma dell'accendino e la sigaretta tra le labbra secche. Strofinò le mani e mi guardò.
«Sei una di quelle?» disse con un cenno verso la folla
«Si.» dissi «Perché?»
«Sembrate così felici...». Tenne lo sguardo verso la folla , con un pizzico di malinconia.
«E lei invece» dissi «Non lo è?»
«Tesoro>> sospirò «Lo vedi questo negozio? Ti sembra che vada alla grande? Vedi qualcuno dentro a guardare i miei vestiti?». Gettai un'occhiata veloce all'interno: non c'era nessuno per davvero.
«Voi avete qualcuno per cui piangere di gioia.» sospirò con la sigaretta tra le labbra «Io no.». Non sapevo nulla di quella signora, non potevo dire se era vero o no. Infilai la mano nella borsa e tirai fuori un blocchetto e una penna. Lo porsi e lei mi guardò stranita. I rossi capelli spettinati, in uno chignon colpito da chissà quale catastrofe, gli occhi cerchiati con la matita nera leggera e la pelle che andava invecchiando, la maglietta grigia sgualcita, col colletto appeso e la gonna nera, lunga sino alle caviglie, mi davano l'impressione di una donna arresa.
«Scriva una cosa che le piace per davvero.»
«Come?»
«Provi.». Ci pensò, guardandosi le scarpe nere e scribacchiò una parola sul blocchetto. Me lo porse, con un mezzo sorriso sulle labbra.
«Un giardino?»
«Si, mi è sempre piaciuto il giardinaggio.»
«Bene, ha un giardino?»
«Si, certo.»
«Si è mai proposta di curare i giardini di qualche parco del comune? O di progettarne di nuovi?»
«Eh no, ragazzina non ho molto tempo.» disse soffiando l'ultimo tiro di sigaretta.
«Ci provi.» staccai il foglietto e glielo porsi «Avrà qualcosa per cui essere felice.». Sorrise appena e mi ringraziò. Prima ti tornare dietro la cassa, si voltò
«Tieniti stretta questa felicità.» disse con un cenno verso lo stadio «Ti servirà, fidati.». La seguii con lo sguardo, sino a quando sparì.
Sentii dei passetti battere sul pavimento malmesso. Girai la testa e vidi Sofia in tutto il suo splendore. Aveva un maglione blu con un paio di jeans neri, delle all star basse in tinta con il maglione e una bandana che incorniciava il suo viso e il cucù spettinato.
«Sarah! Hai visto i ragazzi?» disse eccitata
«Si li ho visti!» dissi sorridendo, piena di vita. Si mise le mani davanti la bocca e iniziò a saltare eccitata.
«Oh mamma mia, com'erano? Stupendi? Fantastici? Unici? Merav...»
«Si Sofi! Si! Erano...irreali.»
«Wow! No...ok, devo mantenere la calma. Ok. Ahhh!!»
«Sofi...» dissi sorridente
«Eh? Cosa cosa cosa?» disse saltando
«Ti hanno fatto un autografo?»
«No.» dissi ridendo
«Ehm...una foto?»
«Eh, no.»
«Uhm...un abbraccio di gruppo!»
«Magari, ma no.». Rimase in silenzio a pensare, seria in volto e concentrata.
«Mi hanno assunto nella troupe dei tecnici dei concerti dei ragazzi.» dissi con un sorriso largo come l'intera Cina. Sofia si mise la mando davanti alla bocca, strabuzzando gli occhi dallo stupore. Non ci poteva credere. Glielo leggevo negli occhi. Non ci credevo ancora io, figurarsi lei.
«Cosa?!»
«Non ci credo neanche io...» dissi sorridendo così tanto che non riuscii più ad acquistare un'espressione normale.
«Cosa?! Stai scherzando?»
«No, non lo farei mai...» dissi ridendo
«Ok, ok. Fammi capire.» abbassò la testa e tacque per qualche secondo «Tu...e la scuola? Tua madre? Cosa ne pensa? E tuo padre? Gli hai detto che è un'occasione irrinunciabile?E?». Formulò una domanda dopo l'altra con una velocità impressionante.
«Aspetta, i miei genitori ne sono a conoscenza ma...». Squillò il telefono. Non ci potevo credere. Guardai il display: Mamma. Ora le cose si complicavano. Alzai l'indice e dissi con il labiale "Un secondo". Mi alzai dalla panchina e riposi tremante.
«Ehi Ma'...»
«Sarah...». Ok, sapevo già di cosa voleva parlare. Me lo immaginavo. Era per l'ingaggio, ne ero certa.
«Ehm...hai bisogno? Cioè, qui tutto bene e io...» ma mi interruppe seria
«Cos'è questa storia?». Deglutii appena.
«Di cosa parli?»
«Tesoro, non giochiamo al gatto e il topo, dimmi la verità.». Sospirai e guardai altrove per trattenere le lacrime.
«Mamma io...io ci tengo...»
«Sarah, qui non è questione di tenerci. Non stiamo parlando di adottare un gattino, ok?». Acconsentii in silenzio.
«Ma mi sembra giusto chiederti comunque quanto sia importante questo per te...». Tormentai la cerniera della giacca per distrarmi, mi morsi le labbra.
«Sarah?» disse mia mamma con tono dolce.
«Tanto. È molto importante per me. Lo so, magari non mi crederai ma...» mi fermai «Mi sembra di vivere in un sogno...». Sentii sospirare mia mamma.
«Gli studi?» chiese lei cauta
«Studierò comunque anche mentre lavoro. Non andrò a scuola, ma studierò per conto mio e poi vedrò. Non posso farmi sfuggire un'occasione simile...». Silenzio. Sentivo solo il ticchettio della penna che forse mia mamma stava tormentando dall'altra parte del telefono. Dopo cinque interminabili minuti, sentii un sospiro.
«Ok Sarah. Ti darò una possibilità.»
«Grazie mamma! Grazie grazie grazie! Grazie!»
«Nulla. Divertiti. E stai attenta.»
«Ok ok, grazie!»
«Ti voglio bene.» disse lei con tono dolce
«Anche io mamma. Tanto.». Chiusi la chiamata. Mi girai verso Sofia. Non potevo neanche immaginarmi la mia espressione.
«Ed è un 'si'! Si!» dissi urlando
«Oh merda!» disse lei saltando in aria. Mi corse in contro e mi stritolò in un abbraccio da soffocare. Ero la persona più felce della terra. Ne ero sicura.
«Allora, abbiamo un concerto giusto?» disse Sofia ridendo
«Mm...la mia agenda dice così...» scherzai
«Ottimo. Ma prima...ti devi cambiare, no?». Entrammo in un bagno di un bar e mi cambiai i vestiti che avevo messo nello zaino. Ero pronta. Pronta a mettermi in fila per correre sotto il palco.
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Another Game
FanfictionSapete cosa vuol dire ballare con i demoni? Cercare la sfortuna? Be', Sarah lo sa bene. Una ragazza di 16 anni che si è innamorata della persona sbagliata. Perché sbagliata? Ha scelto un amore che la terrà sotto i riflettori, che non le lascerà aria...