Una serata diversa

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I lampioni si erano accesi da ore, illuminavano i marciapiedi bui, i ragazzi ben vestiti che camminavano verso il centro nascondendo le camicie bianche e i vestitini corti sotto grossi giubbotti. Quella mattina aveva nevicato con insistenza, ma aveva smesso dopo pranzo e i cumuli di neve si erano ridotti a poltiglia scura che rendeva la zona ancor più triste. Era sera inoltrata, ma l'imponente grattacielo dal quale uscì Min Yoongi era ancora illuminato dalle luci artificiali. Il trentenne dai capelli neri scuro uscì dalla porta principale, aspettando che questa si aprisse e lasciasse che il freddo entrasse al posto suo.

L'impiegato chiuse meglio la propria giacca, si legò intorno al collo la sciarpa che teneva nella grossa tasca, fece un profondo respiro, il suo fiato si trasformò in una nube grigiastra, congelata nel freddo.

Sollevò il braccio destro, che teneva la ventiquattro ore; con la mano opposta si spostò le maniche per osservare il proprio orologio da polso, sospirò nel notare quanto fosse in ritardo: «Mi terrà il muso tutta sera.» commentò leggermente agitato tra sé e sé. Prese il proprio pacchetto di sigarette, ne estrasse una e la intrappolò tra le labbra, accendendola e dando il primo tiro con tutto il fiato che aveva in corpo, sperando che l'agitazione e la tensione che provava sia per la giornata lavorativa burrascosa appena finita che per la serata che doveva ancora venire venissero calmate.

Prese il telefono, lesse gli ultimi messaggi e sbuffò istintivamente: «È già incazzato.» commentò bruscamente facendo scossare la lingua al palato.

Rimise il telefono in tasca e si incamminò verso l'ingresso della metro dove venne investito dalla caotica ora di punta: lavoratori che rientravano a casa, giovani studenti che volevano raggiungere qualche locale per fare aperitivo, anziani che non avevano niente da fare, mendicanti, suonatori. Min Yoongi si mise gli auricolari, ascoltò qualche minuto musica jazz, ma la interruppe presto per rispondere all'ennesima chiamata di lavoro, parlando con la mano davanti alla bocca, allontanando con un gesto infastidito il clochard di turno che chiedeva qualche spicciolo.

Quando arrivò alla sua fermata quasi non se ne rese conto e dovette alzarsi di scatto dalla propria seggiola per scendere prima che le porte si chiudessero: «Senti, ti devo lasciare, domani ne parliamo meglio insieme al direttore Kim, così decidiamo direttamente come suddividere le fasi.» aveva voglia di mandarlo a fanculo, ma sorrise senza volerlo, abituato a fingere di persona «Buona serata anche a te.» interruppe la telefonata «Questo coglione».

Salì le scale, raggiunse l'esterno, di nuovo fu investito dal freddo ma, questa volta, venne inondato anche dal rumore del centro, dal vociare, dalle risate, dagli odori dei profumi e del cibo, dalla musica dei locali, dall'immensa folla che sembrava volerlo spintonare a tutti i costi: «Odio questa zona».

E Jimin lo sapeva che il suo ragazzo non la sopportava, ma aveva comunque mandato un messaggio in cui lo invitava – sebbene sembrasse più un'imposizione – ad uscire con lui, quella sera, in uno dei locali che frequentavano quando avevano cominciato ad uscire assieme, dieci anni prima. Probabilmente la gestione non sarebbe stata nemmeno la stessa, probabilmente non si mangiava più così bene o era rimasto il solito bar con cocktail scadenti e cibo a buffet decente pieno di ragazzini. Probabilmente avrebbe stonato, ancora vestito con abiti da ufficio, tra tutti gli studenti universitari intenti a cominciare serata, mentre per loro sarebbe stato il primo e ultimo locale della serata, prima di andare verso casa morti di sonno.

Si fece spazio tra la folla, usando la valigetta come scudo portandola al petto, finché non raggiunse la strada e, aspettando che uno dei tanti taxi lo lasciasse passare, oltrepassò raggiungendo la parte opposta; camminò una decina di minuti finché non raggiunse il posto. L'insegna al neon illuminava la fila non ancora chilometrica – dato che non erano neanche le nove di sera – di ragazzi, in fondo, sotto la lettera elle di Milk and Cereal – il nome del locale -, c'era una chioma bionda che riconobbe immediatamente.

Are you cereal? {BTS - OS Smut}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora