Beatrice continuava a guardare le vie illuminate e luccicanti del paese. Un passo dopo l'altro e si ritrovava ad osservare alcune vetrine di negozi, colme e fastose, contenenti degli articoli natalizi affascinanti. Carillon enormi e stravaganti, alberi piccoli e morbidi, elfi verdi e rossi con un ruvido cappello a punta.Se solo avesse provato a concentrarsi di più su questa miriade di oggetti magici, quasi avrebbe potuto vederli muoversi. Magari quei cavallucci avrebbero preso a girare in tondo, accompagnati da una dolce e nostalgica melodia, mentre le luci di quel pino avrebbero potuto creare delle ombre davvero accoglienti nell'ambiente scuro del negozio.
Osservò ancora un attimo quegli oggetti, fotografandone mentalmente la bellezza, e poi continuò per la sua strada. Il lungo cappotto nero la copriva fino ai piedi, permettendole di ripararsi dal freddo pungente. Camminava con le mani in tasca e il volto affondato per metà nella sciarpa di lana, compiendo dei piccoli passi. Guardava il pavimento coperto di rugiada gelata, ma la sua mente era da tutt'altra parte.
Cosa avrebbe regalato ad Anna? Era una bambina splendida, paffuta e dolcissima. Aveva sempre le guanciotte arrossate, indifferentemente dalla temperatura, e la sua pelle era così morbida da sembrare una pesca al tatto. Ogni volta che Beatrice andava a trovarla, la piccola le correva incontro per abbracciarla e la stringeva così forte da strapparle un sorriso.
La bambina le chiedeva: "Dove sei stata questi giorni? Mi sei mancata tanto!". Cercava di rispondere, tentando di trattenere le lacrime prepotenti che minacciavano di sgorgare. Non riusciva a guardare quei suoi occhioni teneri, dolci come il miele, senza commuoversi. Beatrice non poteva fare altro che sorridere e pensare di essere stata proprio una stupida a dare la priorità a qualcosa diverso da questo angioletto affettuoso. Come aveva potuto scegliere di abbandonarla pur di stare lontana da lui? Non le andava proprio di rimanere per tutta la vita con quell'apatico senza cuore del marito, Alfred. Ma non sapeva che le cose non sarebbero andate come desiderava.
Voleva ripartire da zero. Sarebbero state solamente lei, Beatrice, e la sua bambolina, Anna. Tutto sarebbe andato per il meglio, se non fosse che la legge non giudica in base all'amore che si prova. Il suo lavoro le permetteva a mala a pena di mantenere se stessa, figuriamoci di far crescere una bambina che ha bisogno di più cure possibili. Sua figlia non era stata affidata a lei, alla madre che l'aveva data alla luce e amata dal primo istante, bensì alla persona meno indicata, ovvero all'uomo che disprezzava come quando si prova ribrezzo vedendo un insetto.
Inizialmente Beatrice non credette che ciò fosse possibile. Era contronatura togliere un figlio alla madre, strappare violentemente una parte della tua anima, essere derubata del bene più prezioso in assoluto. Non era vero, non poteva esserlo. Cercò di mobilitarsi, di trovare il modo per farsi affidare Anna, ma non ci riuscì. Ne rimase distrutta, avvilita. Sentiva di aver commesso il più gran errore della sua vita. Cos'era sopportare gli sguardi di superbia e di superiorità di quell'uomo contro l'ammirare le due gemme celesti della sua splendida pargola? Non si sarebbe più svegliata con lei accanto; non avrebbe più sentito il suo odorino agrodolce che le rimaneva impresso dopo averla allattata; non l'avrebbe più osservata ogni mattina, illuminata dai timidi raggi di un sole nascente; non avrebbe più gioito vedendo il suo sorriso contagioso da appena sveglia. Il legame innato e perfetto che avevano creato si sarebbe dissolto così, nel nulla. Un soffio. E a lei non sarebbe rimasto nient'altro che un vuoto incolmabile. Per sempre.
Senza neanche accorgersene, era arrivata alla fermata dell'autobus. Le sarebbe bastato svoltare a destra e percorrere una quindicina di metri per arrivare nel suo monolocale arido e sterile, privo di alcun ricordo affettivo. Ma decise di non prendere quella via e di continuare dritto verso la piazza del paese. Durante il tragitto, una folata di vento si era alzata improvvisamente, scuotendola dai suoi pensieri come se le fosse arrivata un'improvvisa scarica elettrica. Volse lo sguardo verso l'altro e notò che il cielo già cupo si stava chiudendo ancora di più. Una microscopica gocciolina d'acqua le cadde dentro l'occhio, portandola a strizzarlo subito dopo. Stava iniziando a piovere e lei si stava dirigendo nella direzione opposta al suo appartamento, ma non le importava nulla di bagnarsi. Un bel getto d'acqua le avrebbe fatto solo bene, schiarendole le idee.
STAI LEGGENDO
Non ho sonno...raccontami una storia!
Short StoryIl Natale si sta avvicinando e siamo tutti in trepidazione, non riusciamo a prendere sonno dall'euforia. Ormai manca davvero poco. Perché non attendere la festività più dolce leggendo qualche racconto insieme a voi ed a @enola_pfau_1991? Ci saranno...