Nella Foresta

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***AVVISO CAPITOLO FORTE***

Inciampai nell'ennesima radice finendo a terra tra fango e muschio.
Avevo freddo e i piedi mi sanguinavano, erano ore che camminavo in quel fitto bosco senza trovare la strada per il ritorno, anzi, dopo un po' la strada era completamente scomparsa assorbita dalle rocce, gli alberi e il muschio, eppure ricordavo di essere andata in quella direzione quando il giorno prima Thomas mi aveva scortato alla villa.
La leggera camicia da notte era ormai lacera, sporca di fango e strappata e ormai non serviva più a nulla contro il freddo della notte.
Le ombre dominavano quel luogo tetro ed inquietante e mi sentivo costantemente seguita, spiata, come se il bosco stesso avesse mille occhi che mi fissavano arrancare tra gli alberi ed io avevo dannatamente paura.
Sapevo che la mia era una paura irrazionale, per la miseria avevo ventitre anni, non potevo avere ancora paura del buio! Una volta mio padre mi disse che era più sicuro stare in un bosco da soli che in una piazza piena di gente, perché l'unica cosa che potevo temere in un bosco era la mia lugubre fantasia, mentre non si poteva mai sapere cosa mi sarebbe successo in mezzo a centinaia di sconosciuti.
Per questa volta, però, mio padre aveva torto.
Quel luogo era davvero spaventoso e non solo perché la mia soggezione portava la mia fantasia a fare brutti pensieri come quando guardi un film horror e ti aspetti che da un momento all'altro possa spuntare fuori una bambina indemoniata o un serial killer pazzo.
Ma io sentivo che c'era qualcosa di strano in quel bosco, qualcosa di irreale e pericoloso.
Sentii un fruscio alle mie spalle e mi irrigidii.
"È solo uno scoiattolo. È solo uno scoiattolo."
Cercai di convincermi, ma la poca sicurezza che avevo acquistato morì quando sentii la risata acuta e un po' stridula di un ... di un qualcosa.
Era lontana, come un eco, ma abbastanza chiara da farmi accapponare la pelle.
C'era qualcuno in quel bosco, qualcuno che ridava in maniera a dir poco innaturale.
Il cuore mi batteva a mille nel petto e mi pulsava la testa, cominciai a sudare.
Combattendo contro le gambe che mi cedevano mi costrinsi a girarmi lentamente in direzione della risata. Inizialmente non distinsi nulla di anormale tra le inquietanti ombre del bosco, poi, lentamente, un'esile bambina uscì dal folto del bosco e quando un raggio di luna illuminò la sua figura la vidi: era completamente nuda e talmente magra che le si vedevano le costole e le ossa spigolose dei fianchi, lunghi capelli castani completamente sporchi ed unti e le braccia ossute lasciate pendere lungo i fianchi.
Non riuscivo a vederla bene per via della cortina di capelli che come liane ammuffite le coprivano il volto.
Le piccole e magrissime spalle continuavano ad essere scosse da singulti mentre continuava a ridere della sua stridula risata folle.
Poi, lentamente, voltò la testa verso di me, ed infine mi guardò.
Due enormi pozzi neri al posto degli occhi mi fissarono e un ghigno di pazzia le deformò il volto sporco di terra e sangue.
Si raddrizzò e pino, piano si diresse nella mia direzione, senza fretta, lasciandomi assaporare il momento della mia morte.
Indietreggiai lentamente di un passo senza riuscire a staccare gli occhi dalle sue orbite vuote.
Dovevo scappare, dovevo andarmene, dovevo salvarmi.
O almeno avrei voluto salvarmi, ma il mio corpo non rispondeva, si rifiutava di obbedire lasciandomi lì, ferma e in balia di quel mostro.
Fu un istante: una carica di adrenalina mi invase il corpo e io ringraziai il cielo per quel aiuto divino.
Mi voltai e cominciai a correre come non avevo mai fatto prima, senza neanche sapere dove stavo andando, saltando radici e pestando i sassi incurante dei miei piedi sanguinanti.
Sentivo la sua risata rimbombarmi nelle orecchie ed echeggiare tra gli alberi.
Quando non ebbi più fiato mi fermai appoggiando la mano ad un tronco e l'altra sul torace come per aiutarlo a prendere più aria possibile, ma il fiato mi si bloccò in gola quando sentii ancora quella risata, ancora più vicina di prima.
Mi voltai di scatto e lei era ancora lì, a una ventina di metri da me a fissarmi con i suoi buchi neri e quel suo ghigno orribile.
Un'altra risata acuta e stridula si aggiunse alla sua, stavolta alla mia destra e voltandomi vidi un ragazzo di circa quindici anni.
I capelli scuri logori, totalmente nudo e magrissimo, e anche lui con lo stesso ghigno folle e le orbite vuote che mi fissavano.
Cominciai ad andare in iperventilazione, mentre l'aria che ispiravo graffiava la mia gola secca.
Da dietro il ragazzo arrivò un'altra figura, anch'essa ridente ed angosciante. Una donna dai capelli biondi, i seni cadenti e orrendamente magra, con il volto trasfigurato dal suo sorriso e sempre quegli angoscianti pozzi neri.
Si avvicinavano tutti lentamente pregustandosi la mia atroce fine, per un istante mi chiesi se una volta morta sarei diventata un mostro come loro. Un conato di vomito mi salì in gola all'immagine del mio corpo denutrito e pallidissimo, sporca e senza occhi mentre cacciavo un povero essere umano sperduto in questo bosco.
" No, no, ti prego, no!"
Sentivo l'irrefrenabile bisogno di piangere, eppure i miei occhi erano completamente asciutti, neppure una lacrima li riempivano. Intanto i mostri si avvicinavano studiandomi con i loro occhi inesistenti.
Chiusi gli occhi.
Non avevo via di scampo: stavo per morire.
Un forte tonfo e un acuto guaito da parte di uno dei mostri mi costrinse ad aprire gli occhi.
I rami dell'albero al quale mi ero appoggiata poco prima si muovevano, veloci ma letali, scagliandosi contro i mostri che cercavano di scansarli.
Un ramo più sottile degli altri si avvolse attorno alla caviglia del mostro/ragazzo e lo alzò da terra mentre lui continuava a lanciare gridi acuti e laceranti. Venne sbattuto a terra più e più volte dall'albero, mentre le sue membra prendevano angolazioni sempre più improbabili e le sue ossa si frantumarono e anche il suo cranio divenne un bozzo informe.
L'albero lasciò andare il ragazzo che rimase a terra, definitivamente morto.
La donna e la bambina provarono a fuggire ma i rami le raggiunsero.
La donna venne afferrata per la vita da una radice che era uscita dal terreno; la strinse sempre di più fin quando la donna non si spezzò letteralmente in due schizzando sangue nero da tutte le parti e ricadendo a terra in due parti separate.
Un ramo immobilizzava la bambina che emetteva suoni orrendi e si dibatteva mentre un grosso ramo la colpiva ripetutamente fino a schiacciarla.
I mostri erano morti.
Io ero salva.
Lentamente mi voltai verso l'albero e schiarendomi la voce mormorai un fioco < Grazie.> Quell'albero mi aveva salvata.
Una radice serpeggiò verso di me ed io capii: non mi aveva salvata da un bel niente!
Cercai di allontanarmi ma una radice mi si avvolse attorno a una caviglia facendomi cadere a terra e ad ogni mio tentativo di sfuggirgli la radice stringeva di più la sua presa sulla mia gamba fino a diventare doloroso.
L'albero cominciò a trascinarmi verso di se, sempre più vicina al suo tronco che solo in quel momento avevo notato che pulsava, come se al suo interno ci fosse un cuore e poi si aprì, mostrandomi cosa celava.
Come una ferita slabbrata il tronco dell'albero si aprì mostrandomi il suo interno verde fosforescente e più mi avvicinavo e meglio riuscivo a vedere cosa conteneva: pezzi di corpi umani. Nella pereti pulsanti del tronco si potevano scorgere delle dita, dei lembi di pelle, ciocche di capelli e persino dei denti, come se l'albero li assorbisse. E ora quell'albero demoniaco voleva assorbire me.
Cercai di fare resistenza aggrappandomi a qualsiasi cosa trovassi, ma fu tutto inutile perché venivo inesorabilmente trascinata verso la bocca dell'albero. Urlai e scalciai come quei mostri prima di me e come loro non ottenni alcun risultato.
Più mi avvicinavo più il tronco cominciava a secernere una sostanza verdastra e dall'odore insopportabile e quando con la punta dell'alluce ne entrai in contatto urlai di dolore, come scottata.
Quella sostanza era un acido corrosivo.
Non avevo speranze sarei morta e in un modo lento e atroce.
Una terribile scossa fece tremare l'albero, come scosso da un terremoto.
Mi guardai attorno terrorizzata.
E adesso che c'era?
Le radici cominciarono a staccarsi dal terreno mentre l'albero si inclinava pericolosamente di lato, il suo tronco smise di pulsare e il suo interno verde fluorescente si spense mentre cadeva a terra con un terribile boato. La radice era immobile e morta, ma continuava a stringermi dolorosamente la caviglia ed io ero bloccata, in balia del nuovo mostro venuto ad uccidermi.
Nel buio del bosco e dalla polvere sollevata dall'albero caduto si stagliò una figura maschile che da subito non riconobbi, era alto ed imponente, con un fisico muscoloso e forte e sebbene non riuscissi a distinguere che la sua ombra potei vedere i suoi muscoli scolpiti, le sue spalle larghe e i fianchi stretti, ma soprattutto due grandi corna a spirale, come quelle dei mufloni si stagliavano sulla sua testa, un paio di lunghe orecchie a punta, le sue mani erano dotate di terribili artigli e nell'oscurità potevo distinguere la sagoma di due grandi ali ripiegate sulla schiena.
Mi misi ad urlare scalciando la radice che non voleva lasciarmi andare.
Non ne potevo più, ormai volevo solo morire il più velocemente possibile.
La creatura in un lampo fu su di me, mentre io urlavo e agitavo le braccia nel vano tentativo di tenerlo a distanza.
< Zitta, non è il caso di attirare l'attenzione.> mormorò al mio orecchio la creatura con una voce che sembrava un ringhio, ma al tempo stesso familiare.
Mi voltai e mi trovai di fronte il volto di Dunkan.
Era Dunkan ... eppure non era lui.
Dai folti capelli neri spuntavano quelle enormi corna di muflone, e le sue orecchie erano lunghe e a punta, i suoi occhi erano terrificanti, con quel verde intenso che si era espanto su tutto il bulbo oculare lasciando solo un taglio a fessura al posto della pupilla, e poi dalla bocca spuntavano due spaventose zanne da fiera e due grandi ali nere ossute e coperte da una sottile membrana come quelle dei pipistrelli si stagliavano sulla sua schiena muscolosa.
In quel momento era proprio un demone uscito direttamente dall'Inferno.
Urlai ancora in preda alla disperazione.
< Zitta ho detto!> sbraitò tranciando con gli artigli la radice che mi lasciò libera la caviglia ed io provai ad indietreggiare strisciando sul fango.
< S- stammi lontano.> biascicai col cuore in gola.
Lo sentii ridacchiare con quella sua voce più profonda e "ringhiata".
< Sono così brutto?> disse rialzandosi in piedi e scrutandomi dall'alto < Sei proprio ridotta male.> constatò freddamente e in una mossa fulminea mi prese in braccio sollevandosi e si incamminò a passo sicure nel bosco.
Mi ritrovai schiacciata contro il suo petto nudo ad ascoltare il battito regolare del suo cuore e beandomi inconsciamente del calore esagerato che emanava il suo corpo.
< Tu ... tu sei morto.> riuscii a biascicare dopo un tempo che mi parve infinito.
Lui rise a squarcia gola facendo vibrare il petto < Che stupida che sei! Sono un essere immortale e ho combattuto nelle più grandi battaglie del tuo e del mio mondo nell'ultimo millennio, dubito che un cuscino possa uccidermi.>
< Ma io ... io ...>
< Tu sei solo una stupida umana. Davvero pensi che io sia così stupido da credere che tu possa innamorarti di me in un attimo? Sono solo stato al gioco per vedere cosa avevi in mente ... beh, non mi aspettavo che tu tentassi di uccidermi nel sonno!>
< Perciò tu ...>
< Ho finto di morire soffocato? Si. E poi ti ho lasciata andare un po' per la tua strada e, guarda caso, sei riuscita anche a prendere la porta sbagliata.>
< In che senso porta sbagliata?> mormorai ormai senza voce.
< Hai preso la porta per il Mondo Demoniaco e non per quella del Mondo umano, stupida.>
< Mondo Demoniaco ...> ripetei, come in trans.
Ormai l'adrenalina aveva abbandonato il mio corpo lasciandomi stanca, dolorante e spaventata.
Non mi resi neanche conto che le lacrime scorrevano come un fiume in piena sul mio volto.
< Sei stata davvero stupida a disobbedirmi! Conosco voi umani, siete stupidi, orgogliosi e testardi e disubbidite sempre. Mai fidarsi di un umano! Ti sei cacciata in grossi guai Jane, sarai fortunata se non ti chiudo a chiave in camera da letto per il resto della nostra esistenza.> continuava a parlare, rabbioso, mentre io rimanevo rannicchiata e inerme sul suo petto.
< Cos'erano quelli?> biascicai tra le lacrime.
< Quelli cosa?> ringhiò stizzito.
< Quei mostri ... magri e senza occhi.>
< Degli esseri umani?>
< No, non potevano essere umani ... avevano l'aspetto di umani, ma non lo erano.>
Edward si bloccò e mi guardò con quei sui occhi inquietanti e disumani carichi di preoccupazione. Emise un ruvido sospiro scuotendo stancamente il capo. < Li hai dovuti vedere, speravo di potertelo risparmiare.>
< Cos'erano?>
< Erano demoni vendicativi, corpi di esseri umani morti in questa foresta di cui degli spiriti maligni ne hanno preso possesso.>
< Volevano uccidermi.> singhiozzai.
< In realtà volevano succhiarti l'anima e staccarti gli occhi così da farti diventare come loro.> rispose semplicemente riprendendo a camminare a passo spedito.
< E l'albero?>
< Quella era una pianta carnivora fatata, sei stata fortunata che io ti abbia trovata in tempo. Miseria! Quanto sei stata stupida a scappare! Ti avevo detto che nel mio mondo i giuramenti sono sacri e non possono essere infranti, tu hai giurato di essere mia, ma sei scappata ... meriteresti la morte!>
< Allora perché non mi uccidi?> mormorai flebilmente.
Lui strinse le labbra e non rispose, quasi stesse riflettendo su cosa dire.
< Perché non mi va.> rispose infine.
Ormai avevo smesso di piangere, ma tremavo ancora per il freddo e lo shock. Edward mi strinse un po' più forte e così io potei bearmi del suo calore e del suo profumo. Era così piacevole e rassicurante.
Per la prima volta ero genuinamente contenta che mi stesse accanto.
Stavo per lasciarmi andare al torpore della stanchezza quando una domanda mi riportò al presente.
< Perché sei così?> chiesi sfiorandogli timidamente un dito artigliato.
< Questo è il mio vero aspetto. Io sono un Demone Reale, non dimenticarlo mai.> disse abbassando la testa per guardarmi.
< Allora perché finora hai mantenuto ... l'altro aspetto?>
< Non ho problemi ad assumere una forma oppure l'altra, diciamo che stando così sono al pieno delle mie forze, ma con l'altro aspetto sono più bello, non credi?>
Annuii piano, poi incuriosita alzai la mano ed esitante accarezzai una delle sue grandi corna ricurve sfiorandone delicatamente la superficie ruvida e dura, della consistenza dell'osso.
Dunkan chiuse gli occhi porgendomi il capo così che potessi accarezzarlo meglio e dal suo petto ne uscì una specie di ringhio basso e attutito, come ... come se stesse facendo le fusa.
Chiusi gli occhi lasciandomi cullare da quel suono piacevole e rassicurante.
Sentii il fiato caldo di Dunkan estremamente vicino al mio volto e le sue zanne sfiorarmi la guancia, quasi fosse una carezza ed io non mi ritrassi.
< Ora dormi mia piccola e stupida umana.>

La mattina dopo mi svegliai nella mia camera nella villa. Tutto mi sembrava così surreale e vacuo che non riuscivo a distinguere il sogno dalla realtà.
Che quello della notte prima fosse stato solo un incubo? Non c'erano più tracce di quello che era accaduto nel bosco, io stavo bene, ero illesa e pulita, persino la mia camicia da notte era candida ed immacolata.
Ma quando mi guardai i piedi compresi che tutto quello che era accaduto nella foresta era stato vero: avevo i piedi fasciati e le garze bianche erano sporche di una strana sostanza verdognola e punteggiate del rosso del mio sangue.
Nella foresta avevo corso a piedi scalzi per fuggire a quei mostri ed i miei piedi si erano riempiti di tagli, calli e vesciche.
Perciò i miei piedi martoriati e doloranti di quella mattina non erano che la prova che quello che era successo nella foresta era stato tutto vero. E per la prima volta presi in considerazione che forse al 70% tutto quello non era solo un sogno.

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