I dreamed a dream

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< Lo voglio.> sentii dire alla mia voce, ma la realtà era un'altra: io non lo volevo per nulla al mondo!
Cosa accidenti stava succedendo? Quello era un incubo terribile!
Appena pronunciai quelle parole vidi lo sconosciuto di fronte a me sorridere, un sorriso strano, obliquo e maligno.
Allungò una mano posandomela sulla guancia e poi si avvicinò lentamente fino a quando posò le sue labbra sulle mie in un lento e casto bacio.
Volevo vomitare, non volevo quel contatto così intimo e romantico con quell'uomo sconosciuto, perché quello era davvero un bacio intimo e romantico e contro ogni logica mi piaceva. Appena si staccò da me una forza risucchiarmi all'interno della terra stessa, come un buco nero dal quale era impossibile uscirne.
Provai a lottare, cercai di ribellarmi a quella forza mostruosa che mi teneva immobile ed inerte, ma non ottenni alcun risultato.
Chiusi gli occhi mentre venivo risucchiata dal buio.
Quando riaprii gli occhi mi aspettavo di trovarmi in camera mia, affianco del mio Joe e che la giornata si prospettava lunga ed entusiasmante.
Ma non fu così.
Mi trovai improvvisamente in mezzo ad una strada completamente deserta che si inoltrava in un fitto bosco. Indossavo ancora il mio pomposo abito da sposa, ed ero lì, sola, sperduta e confusa.
Sentii il rumore di un auto che si avvicinava e mi guardai attorno flebilmente: forse chi si stava avvicinando avrebbe potuto aiutarmi.
Dal bosco ne uscì un'elegante auto nera con i finestrini oscurati, quel genere di auto che puoi vedere in qualche foto di una star famosa o di un politico.
L'auto si fermò di fronte a me e ne fui sorpresa - anche se in effetti non c'era nulla da stupirsi considerato che una ragazza vestita con un abito da sposa principesco in mezzo ad una strada desolata in mezzo al bosco non si vedeva tutti i giorni. Ne uscì un ragazzo di bell'aspetto, alto e mingherlino con un cespuglio di capelli ricci tirati indietro alla meno peggio ed un sorriso amichevole.
Fece un rapido inchino di fronte a me.
< Mia Signora, sono Thomas, l'autista della sua nuova dimora.> si presentò.
< Oh! Ehm ... sa- salve!> balbettai imbarazzata.
Lui si fece da parte e mi aprì la portiera.
< Prego, Mia Signora.>
< N- non chiamarmi "mia signora"> dissi montando in macchina. Normalmente quello di montare in macchina con uno sconosciuto era un gesto sconsiderato, ma in fondo quello non poteva essere che un sogno ... un sogno stranamente realistico - se così si poteva definire, trascurando tutte le cose insolite che erano capitate dal momento che avevo messo piede in chiesa -, ma pur sempre un sogno.
< È mio dovere, Mia Signora.>
< O- okay.> infondo se tutto ciò era un sogno - un sogno terribilmente realistico - potevo stare al gioco.
Thomas chiuse la portiera e montò al posto del guidatore e ripartì in direzione del bosco inoltrandosi sempre più in profondità, fino a che non vidi che la strada portava ad una casa.
E che casa! L'auto si fermò qualche istante di fronte ad un imponente cancello in ferro battuto, oltre ad esso potevo scorgere un enorme ed incantevole giardino, quel genere di giardino che forse puoi trovare alla Casa Bianca, con aiuole di fiori di ogni genere, l'erba verdissima e tagliata alla perfezione, siepi, fontane, ruscelli e alberi secolari.
A fare da sfondo a tutto questo c'era una meravigliosa villa bianca, la più grande che avessi mai visto, con almeno quattro piani e talmente bella che avrebbe fatto diventare verdi d'invidia la Regina d'Inghilterra, il presidente Americano e qualsiasi star famosa con una villa stratosferica.
Questa le batteva tutte, era capace di far sentire un novellino persino Palladio tanto era bella.
C'era solo un problema in tutto ciò: perché diamine mi trovavo lì? Fino a qualche istante fa mi trovavo in chiesa a dire il fatidico sì ad uno sconosciuto con l'aspetto di un angelo e ora mi trovavo di fronte ad una villa meravigliosa, indossavo ancora l'abito da sposa!
No, tutto questo non poteva che essere un sogno.
Il cancello si aprì automaticamente e ripartimmo verso l'enorme villa fino a quando ci fermammo davanti all'entrata e mi lasciò sola di fronte al grande portone d'entrata.
Mi sentivo a disagio.
E ora? Cosa dovevo fare?
La porta si aprì e ne uscì un uomo sulla sessantina, magro e alto, ma soprattutto pallidissimo.
Era davvero bianco come un lenzuolo e poi con quegli occhi grigi e spenti che sembravano privi di vita. L'uomo era pelato ed indossava un frak da maggiordomo.
< Salve Mia Signora, io sono Christopher, primo maggiordomo di questa casa. La prego di seguirmi Madame.>
< Si ... ed io sono Jane ... cioè, Jane Swan.> ma il maggiordomo rimase impassibile e appena finii di parlare si voltò facendomi strada ed io non potei far altro che seguirlo attraverso i lunghi corridoi tappezzati di antichi quadri, affreschi barocchi e arazzi.
Sembrava di essere entrati in una specie di museo d'arte o direttamente in un'epoca passata.
< Questa è la vostra camera Madame.> disse Christopher fermandosi ad una grande porta di pesante legno scuro.
La camera era immensa: il soffitto era alto con un lampadario di cristallo al centro, le pareti decorate con carta da parati dorata e finemente decorata, un grandissimo camino in pietra elegantemente scolpita stava di fronte ad un altrettanto grande letto alto a baldacchino, in tendaggi di velluto rosso come le coperte e i cuscini, le colonnine di mogano erano intagliate in graziosi decori a spirale.
< Kristen.> chiamò Christopher alle mie spalle e in un attimo al mio fianco arrivò una ragazza. Doveva avere all'incirca diciassette anni, era più bassa di me e aveva un grazioso volto tondo dai tratti dolci e incorniciato da capelli biondi lunghi fino alle spalle e i suoi occhi erano grigi, spenti, come quelli di Christopher.
Lei si inchinò tenendo lo sguardo basso e mormorò timidamente: < Madame, io sono Kristen, la sua domestica personale.>
< P- piacere ... senti, Christopher, mi puoi spiegare cosa ...> ma quando mi voltai lui non c'era più.
Tornai a guardare allibita Kristen che era rimasta silenziosa e composta al mio fianco.
< Qualsiasi cosa ha da chiedere, Mia Signora, può dire a me.>
< Mi puoi spiegare che cosa sta succedendo?> chiesi trattenendo una nota esasperata.
< Lei è la signora di questa casa, è la moglie del padrone.>
Questa era bella! Questo sogno era davvero fantasioso ... e terribilmente realistico.
< M- moglie? Joe?>
< No Mia Signora, lei è la sposa di Sir Dunkan.>
DI CHI?!
< Com'è possibile?!>
< Lei si è donata al Mio Signore sette anni fa, è da allora che Sir Dunkan suo marito si prepara ad accoglierla in casa sua come sua consorte.>
< Mi sono donata.> ripetei come in trans.
Cosa significava che mi ero donata? Cosa voleva dire?
< Il padrone le ha lasciato la giornata libera per riposare e ambientarsi nella vostra nuova casa Mia Signora. La notte la passerà con Sir Dunkan e deve essere preparata. Domani verrà tenuto qui alla villa il ricevimento per i festeggiamenti della vostra unione e lo Scambio dei Cuori e la vostra immortalità.> snocciolò, ma io mi ero bloccata sull'ultima parola.
< La mia che?>
< La sua immortalità, My Lady.>
< Cosa intendi?>
< Intendo dire che sua signoria scambierà metà del propri cuore con quella del suo consorte così da rendere la vostra unione totale ed eterna, lei rinuncerà alla sua mortalità per accedere al mondo di suo marito.>
Avrei voluto dire centinaia di cosa tra cui anche qualche parolaccia ma l'unica cosa che uscì dalle mie labbra fu un piatto ed austero < Ah.>
Che altro si poteva dire in un momento del genere? Avevo la testa vuota, mentre una convinzione si faceva sempre più strada in me: tutto questo non era altro che un fottutissimo sogno da cui mi sarei svegliata molto presto ... o così speravo.
< Madame ha freddo? Desidera che accenda il camino?>
< Io ... io ... si, grazie.> sospirai esausta.
Mi buttai pesantemente sul letto prendendomi la testa tra le mani, ma trovai quel gesto davvero scomodo.
< Senti Kristen, puoi aiutarmi a togliere questo vestito, non respiro.>
< Sono spiacente, Mia Signora, ma il padrone ha dato ordine di non togliervi l'abito da sposa fino a stanotte.>
Con uno scatto di reni balzai a sedere sgranando gli occhi a quelle parole < CHE COSA?>
< Sir Dunkan ha esplicitamente detto che deve essere solo lui a poterle togliere quel vestito.>
< C- cosa? Ma che ...? Tutto ciò non è possibile! È un incubo! Deve essere un cazzo di maledetto fottuto incubo.>
< Mia Signora la prego di moderare i termini, Sir Dunkan non li gradisce.>
< MA CHI CAZZO È QUESTO "SIR DUNKAN"?!> urlai e probabilmente le mie urla si sentivano dalle cucine alla soffitta della villa.
< Sir Dunkan è il padrone della villa. Noi tutti qui dentro dobbiamo sottostare ai sui ordini e anche lei, Madame, essendo inferiore a suo marito deve portargli rispetto ed essergli grata per averla accettata come sua consorte.> disse pacata.
< Io ... COSA?! Inferiore a quel ... quel ... vigliacco! Quell'obbrobrioso coso senza palle neanche capace di chiedermi come mi chiamo prima di decidere di sposarmi!>
< Madame ...>
< Credo che se la stia prendendo con me.> disse una voce alle mie spalle.
Mi voltai infuriata, sul piede di guerra, pronta ad attaccare chiunque < E tu chi cazzo sei?>
L'uomo era appoggiato allo stipite della porta, le braccia incrociate e un sorrisetto divertito sulle labbra perfette e, come al nostro matrimonio, bellissimo.
I capelli erano tirati malamente all'indietro - probabilmente nel vago tentativo di metterli in ordine - e tutti scompigliati nero corvino, alto e dal fisico atletico, i tratti del volto perfetti e magnifici e infine due occhi di un verde talmente intenso da stordirti e soggiogarti.
< Ma che domande? Sono tu marito, e come Kristen ti stava dicendo, mia Dolce Metà, il padrone di questa casa, di tutti i suoi abitanti e delle terre circostanti.>
< Sei tu ... sei tu il pezzo di merda!>
< Mh, speravo in parole un po' più dolci e accorate dalla mia mogliettina.>
< Mogliettina un cazzo! Meglio morta che sposata con te.>
< Uh, così mi ferisci.> disse portandosi teatralmente una mano al petto sogghignando < Ma siccome nel nostro patto tu dovevi essere mia viva, non potrai morire.>
< Io non sarò mai tua!>
Fece spallucce < Troppo tardi.> e così dicendo aprì la mano e improvvisamente, come un mago che estrae il coniglio dal cappello, ecco apparirvi sopra un rotolo di pergamena.
La prese e l'aprì mostrandomela.
Era scritta con inchiostro nero, la scrittura corsiva elegante ed impeccabile, neanche uno schizzo d'inchiostro sul foglio e infondo, dove c'era recata la scritta "firma" c'era una macchiolina di sangue secco.
< Visto? questo è il contratto per cui tu risulti mia, o meglio, questo è il nostro accordo per cui, se noi avessimo fatto qualcosa per te, tu in cambio avresti dato tutta te stessa, viva. Noi abbiamo deciso che saresti stata mia, essendo tra i pochi non-necrofili a cui piacciono le biondine.>
Una risatina isterica mi nacque del profondo di me, senza una reale ragione per esserci. Non c'era nulla da ridere, questo era un autentico disastro! Ma che dicevo? Quello non era altro che un sogno. Un sogno. Un sogno. Un sogno. Non poteva essere reale tutto ciò, era un fottutis simo sogno.
< Perché ridi?>
< T- tutto ciò è così ... così ... ESILARANTE! Io non ci posso credere! Tutto ciò non è semplicemente possibile! Oh mio Dio non è reale tutto questo! È solo un cazzo di sogno! Un'allucinazione! Che so, mi hanno drogata!>
Lui rimase impassibile mentre continuavo a ridere come una folle, facendo a pezzi la pergamena davanti ai suoi occhi così da dimostrargli che questo non era altro che fantasia.
Quando finalmente riuscii a calmarmi mi si avvicinò, si piegò su di me sfiorandomi l'orecchio con le labbra e sussurrò soffiando sulla mia pelle: < Capirai che non è un sogno quando stanotte ti scoperò fino a farti svenire.>
Mi pietrificai.
Non poteva averlo detto davvero.
Non era possibile.
Il dubbio cominciò ad insinuarsi in me come il veleno di un serpente, strisciava e bruciava tutto ciò che di sano c'era in me. Stavo per impazzire, non capivo più niente, ogni senso logico era stato stravolto.
Oh. Mio. Dio.
< OH MIO DIO!> mi allontanai da quel ... quel coso, qualsiasi cosa fosse, e corsi dall'altra parte della stanza, terrorizzata.
Cosa stava succedendo? Non potevo crederci!
Questa era solo una bugia. Un imbroglio della mia mente. Si, un sogno, solo un sogno.
< Cosa ... com'è possibile?> urlai afferrando la prima cosa che trovai a portata di mano - un antico vaso di cristallo - mentre le lacrime di disperazione e follia cominciavano a rigarmi il volto.
Il Coso strinse i pugni e contrasse la mascella alla vista delle mie lacrime < Ti prego, non piangere. Capisco che la situazione può sembrarti molto confusa, ma ti prego di non fare così.>
< Cosa sta succedendo?> sbraitai brandendo il vaso.
Lui alzò le mani per proteggersi e fece un passo avanti parlando con tono dolce e delicato < Ora ti spiego tutto ma, per favore, calm ...>
< STAMMI LONTANO!> urlai caricando il braccio, pronta a lanciare.
< Okay, okay. Non farò nulla, va bene? Ora ti spiego tutto.> disse e lentamente si sedette a gambe incrociate sul tappeto.
Restò ad osservarmi con calma circospetta, in attesa che mettessi giù la mia arma e che facessi anch'io qualcosa per andargli incontro, ma non mi mossi.
< Parla.> gli ordinai.
Sorrise divertito < Ti comporti già come una regina!>
< Ho detto parla, lurido Coso!>
< Prima di tutto io non mi chiamo "Coso" ma Dunkan e dovrei essere rispettato da te che sei mia moglie ...>
< Non lo ha chiesto nessuno di esserlo!>
< Invece si, propri tu, sette anni fa. Hai chiesto a noi di avere il cuore di un certo Joe Simpson, se non ricordo male, e noi te lo abbiamo dato, ma la regola del patto consiste in "un cuore per un cuore" e noi ti abbiamo dato quello del tuo caro Simpson e poi ci siamo presi il tuo che da ora in poi batterà per me, come quello di Joe ha battuto per te.>
< Questa ... questa ... questa è un ingiustizia!>
< Ingiustizia? Sarebbe un ingiustizia se tu non pagassi il tuo debito, o sai cos'è un ingiustizia ancora peggiore? Avere costretto con l'inganno e la Magia Nera un uomo ad amarti. Sai che vita avrebbe potuto fare senza di te? Avrebbe potuto girare il mondo, realizzare i suoi sogni e diventare un uomo di successo. Invece è rimasto accollato a te, anche se avesse voluto non poteva lasciarti perché la Magia Nera lo legava a te, la lurida egoista che lo ha privato del suo futuro.>
Quelle parole mi fecero male, davvero tanto male, quasi insopportabile e non volevo crederci.
Lasciai cadere il vaso che si infranse in mille pezzi sul pavimento e mi accasciai a terra coprendomi la faccia con le mani mentre venivo scossa dai singhiozzi e le lacrime m'inondavano il viso.
Lo sentii improvvisamente vicino a me, mi accarezzò i capelli con una mano, scendendo lungo la schiena, poi afferrò saldamente la mia spalla e mi attirò a se.
< Perdonami, mi devo ancora abituare al fatto che devo essere un po' più gentile con te anche se sei solo un'umana. Però devi ammettere che è la verità.> mormorò al mio orecchio in un mal riuscito tentativo di consolarmi.
< Non è vero! Non è vero!> riuscivo solo a dire tra le lacrime < Lui mi amava. Lui ha imparato ad amarmi sebbene tutto.>
< Non è vero, mia dolce Jane, non raccontarti bugie. Tu sai qual è la verità, solo che non hai il coraggio di guardarla in faccia. Ti facevo più coraggiosa, sai?> disse con voce dolce.
< Vattene! Vattene! Sei un bugiardo! Sei crudele!> urlai tentando di divincolarmi da lui che al contrario mi stringeva in un caldo abbraccio che non mi faceva atro che ribrezzo.
Volevo svegliarmi, volevo aprire gli occhi e ritrovarmi accanto al mio Joe, sapere che stesse bene, che fosse felice e che mi ami.
< Non scacciarmi così, sono pur sempre tuo marito.>
< Non l'ho mai voluto! Mai! Era solo un gioco! Un stupido gioco tra amiche!>
Lui sospirò stancamente < Mai giocare con la Magia Nera Jane.>
< Ti ho detto di andartene.> piagnucolai distrutta < Ti odio.>
Lui sospirò ancora una volta, sembrò quasi rimanerci male. Mi lasciò andare e si diresse verso la porta, ma prima di uscire si voltò e disse: < Un giorno imparerai ad amarmi, che ti piaccia o no, è la scelta più conveniente... devi prenderti la responsabilità delle tue azioni, sei una Regina ora.>

Rimasi lì inginocchiata per terra, l'abito da spossa ancora addosso, tra i cocci di vetro infranto.
Ormai avevo anche finito di piangere, eppure stavo lì, ferma ed immobile ad osservare le mie mani, inerti sulla stoffa candida della vaporosa gonna, non sapevo neppure quanto tempo fosse passato, né mi interessava.
E se Dunkan, quel ... mostro, aveva detto la verità?
Se davvero ero stata così stupida ed egoista da aver fatto una cosa del genere a Joe? Lo avevo costretto ad amarmi? Ed io stupida ad aver creduto a quel suo amore inesistente, fatto di Magia Nera.
Ma che stavo dicendo? Mi sentivo? Davvero parlavo di incantesimi e Magia Nera?
Oddio, stavo impazzendo! Stavo blaterando cose a caso, ma presto mi sarei svegliata da quell'incubo e sarei tornata a casa, da un Joe che mi amava davvero.
Però ... se anche solo per un attimo consideravo vere le parole di Edward, chi sarebbe stato il vero mostro tra i due, io o lui?
< Mia signora?>
Alzai di scatto la testa al sentire quella flebile voce chiamarmi dalla porta: c'era Kristen che attendeva silenziosa e composta.
< Si?>
< Il padrone chiede se lei desidera visitare la casa, dice che, visto che passera qui il resto della sua vita dovrà cominciare ad ambientarsi.>
< Ah ... beh, credo ... credo che abbia ragione.>
Ricordati Jane: si tratta solo di un sogno, stai al gioco.
< Vuole che l'aiuti?>
< Oh, si ... grazie.> balbettai imbarazzata mentre tentavo goffamente di tirarmi su, inciampando nella gonna.
Kristen mi venne in soccorso e mi aiutò a rimettermi in piedi e scrollarmi i pezzi di vetro di dosso.
< Kristen?>
< Si Mia Signora?>
< Puoi parlarmi del padrone?>
< Per lei non è un padrone, è suo marito.>
Onestamente, in quella situazione, non ci vedevo molta differenza
< Allora, mi puoi parlare di mio marito?>
< Lui è un buon padrone.> disse laconica.
< E ... poi?>
< Ed è anche un buon signore. Governa bene le sue terre e i suoi sudditi gli sono fedeli. Lui fa parte dei Sette ed è molto rispettato non ché molto potente. I nemici del padrone lo temono e i suoi amici ... gli sono grati per essere ritenuti abbastanza in confidenza con lui da poter essere considerati suoi amici ... lei deve essere estremamente felice e onorata di essere la sua sposa, molte donne hanno aspirato a diventare la consorte del padrone, ma lui ha sempre rifiutato tutte, anche se un matrimonio poteva essere conveniente per la sua casata o per affari.> disse mentre toglieva uno ad un i frammenti di vetro dalla gonna.
< Allora perché è stato disposto a sposare me? Infondo sono qui solo per risarcire il mio debito.>
< Non lo so Mia Signora.> si fermò e tenendo lo sguardo basso e mordendosi il labbro indecisa.
Poi mormorò flebilmente < Però posso dirle che ci fu una profezia sulla sposa del padrone ... credo che sia per questo che lui non ha mai accettato nessun'altra donna, forse stava aspettando quella di cui la profezia parlava.>
< E dici ... e dici che la donna della profezia ... sia io?>
< Non so diglielo, Madame, la profezia è sconosciuta a tutti tranne che al padrone e a chi la formulò, trecento anni fa. Ma io credo ...> si bloccò e si morse ancora il labbro.
< Tu credi cosa?>
< Perdonatemi Mia Signora, io non mi dovrei permettere tanto.>
< No, ti prego, parla.>
< Io credo che ci dev'essere un motivo se ha scelto lei ... che riguardi la profezia o no, il padrone non l'ha scelta a caso.>

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