1. Alexandra Elizabeth Watson

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Mi guardo allo specchio.
Sono orrenda.
I capelli castani sono in parte bagnati, gli occhi verdi sono rossi e il mascara calato è sparso sul viso.
<Che schifo di tempo>dico avvicinandomi alla finestra, la chiudo.
Questo schifo di paese non ha neanche un bel clima. Mounthwhas è uno di quei posti dove le famiglie vanno durante il weekend per fare escursioni nella natura, vicino al lago Jackson per dei pic nic. Però poi scappano via e tornano nelle loro bellissime residenze al centro città.
La mia famiglia è l'unica che ci è cascata.
Vedevano Mounthwhas come un nuovo inizio e così è stato.

Tolgo gli stivali e mi butto a peso morto sul letto. Il cielo è grigio, a breve farà sera.
Ha iniziato a piovere mentre tornavo a casa dall'università e ovviamente non avevo un ombrello a portata di mano.
È come se io e la sfiga caminassimo sulle stesse rotaie, andiamo sempre insieme senza mai dividerci.
Faccio un grande sospiro, ho i muscoli tesi e la testa dolorante.

Abito nella dependance della casa di famiglia, è tutta mia, o meglio, dovrebbe esserlo. Mia sorella, Riley, vive puntualmente qui da me nonostante abbia una stanza nel dormitorio della scuola e una camera enorme solo per lei a casa.

Prendo i fogli bianchi poggiati sul mobiletto e la matita appuntita.
Chiudo gli occhi e lo vedo.
La figura, il volto è nitido nei miei pensieri.
Inizio a disegnare.
La mano striscia delicatamente sul foglio e le prime linee iniziano a comparire. I zigomi alti e ben delineati, gli occhi grandi e affilati con un luccichio particolare.
Lascio dei segni sul volto, dei nei o forse delle cicatrici. E poi accade.

Rimango ferma a disegnare ma il mondo intorno a me cambia, sono in pub, c'è un'odore salato misto alla birra. Ci sono degli uomini che bevono, si divertono, donne che ballano al centro della sala. Io sono qui. Il ragazzo che poco prima era seduto al tavolo si accorge di me. Si alza.
Smetto di disegnare.
Mi è già successo ma mai è sembrato così reale.
Lui sorride e agli angoli delle labbra spuntano due fossette. È un bel ragazzo, alto, magro e con un'espressione magnetica.
<Riesci a vedermi?>chiedo, lui annuisce e si avvicina maggiormente a me.
Perché riesce a vedermi?
All'improvviso il locale si annebbia e rimaniamo solo io e lui.
<Cosa sta accadendo?>domando. Non sono spaventata ma non riesco a capire, è frustrante.
Vorrei tornare nella mi stanza ma sono come legata alla situazione, deve avvenire qualcosa.
<Alexandra Elizabeth Watson> sa il mio nome. Faccio un lieve sorriso. Lui è davanti a me, splendido e io sono orribile.
<Ti devo un favore>si avvicina frettolosamente a me, i suoi occhi sono color Hazel, alza un braccio e con un tocco leggero sulla mia spalla sparisce.

Sono nuovamente nella mia stanza. Il volto del ragazzo è definito sul foglio ma niente sembra essere cambiato.
Questa situazione mi ha lasciata offuscata. Dovrei parlare con qualcuno ma non mi sembra il caso. Posso gestirlo da sola.

La ragazza che disegnava volti Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora