Sono le nove di sera e trascino la mia carcassa verso il mio appartamento: all'undicesimo piano di un grattacielo nell'immediata periferia londinese. Le mie gambe ardono, sembrano fiammiferi infuocati mentre percorro la diciottesima rampa di scale.L'ascensore è rotto.
Infilo la chiave nella serratura e faccio tre giri nel verso della luce. La lampadina mi illumina il viso, le guance arrossate per il freddo dell'inverno.
È venerdì sera ed è il giorno del mio ventunesimo compleanno.
Mi sfilo gli stivali dai piedi e mi accomodo sul divano esalando un respiro. Sento le labbra bruciare, il sapore acre del mio sangue.
Odo il mio cellulare squillare e lo porto all'orecchio. «Buon compleanno principessa,» sfrigola, mia sorella, dall'altra parte della cornetta.
«Grazie» mi affretto a dire, senza enfasi.
«Per che ora arrivi?» domanda.
Guardo l'orologio a muro: le avevo promesso che sarei passata per le nove e mezzo. Non ho molta voglia, ma so quanto lei ci tiene a festeggiare i compleanni in compagnia della sua famiglia.
«Mi cambio e arrivo» aggiungo prontamente, per non farla rattristare.
⋅•⋅⊰∙∘☽༓☾∘∙⊱⋅•⋅
Madison ha invitato poca gente alla rimpatriata: Owen, suo marito, Astrid, la vicina di casa e Timothéè, un mio compagno di liceo. Vengo accolta da tante braccia e tutti mi lasciano un piccolo dono tra le mani. Ringrazio, imbarazzata.
Hanno preso una torta cioccolato e caramello: la mia preferita. Mia sorella mi dice di soffiare sulle candeline. Lo faccio con poco entusiasmo.
«Spero tu abbia desiderato con cura» intercala il marito, dandomi una pacca sulla spalla in maniera affettuosa.
Non ho desiderato nulla.
Da anni odio i compleanni. Mamma è venuta a mancare proprio il giorno del mio quindicesimo giro intorno alla Terra e da allora non vi ho trovato più motivo di festeggiare. È un giorno di lutto.
Madison ha sempre cercato di non farmelo pesare, provava a farmi dimenticare quel tragico momento traviandomi verso uno più bello. Ma credo sia impossibile non pensarci. Non ho ricordi di istanti felici in questo giorno.
Timothée mi prende la mano e mi guarda negli occhi. «Ti è piaciuto il mio regalo?» domanda.
Faccio cenno di sì con il capo. Mi ha preso una borsa di qualche marca famosa. Non serviva.
«Hai qualche programma per questa sera?»
Premo le dita nel palmo. «No, a dire il vero credo che andrò a dormire.»
«Se ti serve compagnia io non ho niente da fare.»
Declino l'offerta.
Noto un velo di tristezza nel suo sguardo e mi dispiaccio. Gli butto le braccia al collo e lo abbraccio, lui rimane sorpreso. «Sono felice che tu sia qui.»
Timothée ed io siamo diventati amici troppi tardi. Ci siamo cercati tutta la vita e ci siamo trovati nel momento meno consono. Ogni giorno lo penso e lo ringrazio, ogni sera aspetto il suo messaggio. Mi fa splendere.
«Il mio desiderio più grande è che tu non esca dalla mia vita.»
In quattro anni non avevo mai ammesso i miei sentimenti: non gli avevo mai detto quanto fosse importante e fondamentale. Come la mia casa: lui è una costante, le fondamenta per la mia persona, il tetto che protegge il mio cuore. Mi accoccolo alla sua spalla, inalo il dolce profumo di gelsomino in fiore. È sempre lo stesso, ma non riesco a detestarlo.