Prima Parte

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Note: Post episodio 3x13. Solo una mia versione di cos'è successo tra Hannibal e Will dopo un po' di mesi.
E visto che io arrivo sempre in ritardo nei fandom, questa è la mia prima fanfic Hannigram ^O^
So che è già stato scritto di tutto e di più su di loro, ma quando dei personaggi diventano la mia ossessione, non posso farne a meno.
Ed è anche tutta scritta in un modo un po' insolito e che potrebbe non piacere a tutti.
La seconda persona singolare al presente mi è uscita solo un'altra volta in tipo quindici anni, ma quando ho iniziato a scrivere dal punto di vista di Will, è rimasta così. 
E chi sono io per oppormi? :P Quindi dovreste entrare nella mente di Will, per leggere questa fic, e ascoltare cosa ha da dirvi e come vede lei le cose. E poi, beh, dovreste sapere che c'è sempre un'altra voce nella sua testa...

 E poi, beh, dovreste sapere che c'è sempre un'altra voce nella sua testa

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La tavola è apparecchiata per due. Voi due. Un tripudio di colori accesi nei piatti e di pomposi ornamenti, fioriti sul manto candido della tovaglia. Il vino rosso macchia di licenziosa malizia una tela ricreata ad arte per impressionare e affascinare. Per impressionare te. Per affascinarti. Perché sai che ogni dettaglio che Hannibal espone, ogni sfumatura, ogni abbinamento, è deciso col solo scopo di farti degustare non solo il suo piatto, ma soprattutto la sua idea di ciò che state consumando.

«Dovremmo brindare. A noi. Alla libertà.» Alza il calice verso di te e un leggero sorriso ti incurva subito le labbra.
«Lo facciamo ogni volta.»
«E continueremo a farlo.»
Indugi con le dita attorno alla coppa di vetro, prima di prenderla e offrirla a lui, in risposta.
«Fino a quando ci troveranno.»
«Un giorno. Non oggi.»
«Non ci hanno trovato perché non vogliono trovarci,» mormori, mentre accenni con la mano a quel brindisi. «Jack sa esattamente dove siamo.»
Hannibal annuisce, beve e posa il calice, continuando a guardarti. Aspetta che tu faccia lo stesso. «Trovarci significa affrontare la verità. Nonostante ciò che ha visto, non è ancora pronto.»
Lo assecondi e bevi un sorso del vino che ti è rimasto. «Credo lo immaginasse già.»
«Ti ha visto uccidere Dolarhyde e buttarti da una scogliera.»
Premuroso da parte sua ricordartelo ogni volta. Ricordarti la videocamera rimasta accesa, opportunamente spostata per riprendere l'esterno, la vostra lotta, la vostra vittoria, la tua resa incondizionata a ciò che sei. E a lui. «Non ero da solo.»
«No, non lo eri.» Ricomincia a mangiare, con un fare quasi distratto, come se non ci fosse niente di davvero interessante su quel piatto. «Può sempre convincere se stesso che non siamo sopravvissuti e che l'oceano ci ha inghiottiti.»
«Non lo farà mai. Verrà per noi. Per tutti e due.» Ti senti attraversare da un brivido quando lo dici. Non siete più tu e lui. Siete voi, ormai. Siete quello che hai iniziato a vedere anni fa. Quello che hai cercato per troppo tempo di negare. La melodia delle vostre scelte, delle vostre azioni, di pensieri condivisi, di due cuori, avvinti in una natura simile, che battono nella coscienza dello stesso tragico destino.
«Fino ad allora, siamo liberi.»
«Lo siamo tanto quanto un ortolano rinchiuso in una gabbia, in attesa di affogare.» Lo dici piano, dando a ogni parola quel sapore amaro di drammatico giudizio. E richiami il suo sguardo su di te. Ti manca già, Will? Ne hai così bisogno? No. Menti. Vuoi solo un segno. Una minuscola dimostrazione del fatto che anche lui provi la tua stessa inquietudine.
«Vivere dietro le sbarre è un'abitudine che si può accettare, se la reclusione è per una valida motivazione.» Hannibal riprende il calice, fa danzare il vino al suo interno e lo avvicina al viso. Ne odora il profumo, continuando a parlare nell'eco del vetro. «L'inconsapevolezza di ciò che sta per accadere è la vera prigione.»
«E tu non sei inconsapevole. Tu sai esattamente cosa accadrà?»
«Questa sera? Probabilmente sì.» Sorseggia il liquido sanguigno e ti guarda, prima di aggiungere: «Ma è sempre piacevole essere sorpresi.» L'ombra di un sorriso sulle sue labbra, mentre a tua volta ti tuffi nel vino e lo termini. Non lo nasconde. Vuole che tu lo veda. «Li hai lasciati andare. Sono stati catturati e nutriti per questo. Là fuori non sanno più cantare o volare.»
Non ti ha detto niente finora. Nessun biasimo, né commento. Ha omesso quel tuo momento di compassione per le due prede che dovevano essere parte della vostra cena, e che hai liberato prima che incontrassero la loro fine nell'armagnac. Doveva forse essere il richiamo alla prima volta che avete condiviso quell'affronto a Dio. Ma tu hai mentito, a quel tempo. Hai accettato con la menzogna a bagnarti le labbra. E qualcosa dentro di te, adesso, si è ribellato al pensiero di ripeterlo. «Almeno sono liberi di scegliere come morire.»
«Anche se sarà una morte più crudele? È questo che vuoi per te, Will?»
«Ho scelto la mia morte nel momento in cui ho scelto te.» Alzi gli occhi su di lui, oltre al calice ormai vuoto. Sai che lo entusiasma il riconoscimento di quella vittoria, più di qualsiasi cibo proibito, e difatti vedi il fremito di un sorriso compiaciuto. «Sto solo annegando nell'inconsapevolezza di quando succederà.»
«Lo vuoi davvero sapere?»
«Forse no.»
«Non stanotte.» Hannibal si alza e versa del vino a entrambi, per poi allungare di nuovo il calice verso di te. «A meno che non ci strozziamo con l'insalata che ci è rimasta da mangiare, visto che il piatto principale è finito in giardino.»
Ti sfugge una risata nell'attimo in cui i vostri bicchieri si scontrano. «Mi auguro di no. Sarebbe imbarazzante.» Non riesci a tornare serio quando ti accorgi dell'occhiata sconsolata con cui lui osserva i piatti.
«Niente carne. Questo è imbarazzante.»
«Non sul tavolo, a quanto sembra.» Lasci che sia il silenzio ad accompagnare le ultime forchettate che vi portate alla bocca, ma sulla tua indugia la tremolante necessità di parlare ancora, di chiedere, di sapere qualcosa che per troppi giorni hai lasciato non detto. «Devo farti una domanda.»
«Come paziente e dottore o come amici?»
È divertente come ancora ci sia quella distinzione nella sua mente. Mentre nella tua c'è solo una confusa immagine di voi, di ciò che credevi di sapere, di ciò hai saputo, di ciò che ancora è rimasto sfocato e indefinito. «Non siamo più solo quello.»
«Quale delle due cose?»
«Entrambe.»
«Qual è la tua domanda, quindi?» Hannibal ha posato la forchetta e unito le mani davanti a sé. Ti sta dando tutta la sua attenzione.
«Sono mesi che non sazi il tuo... appetito. È solo per non farci scoprire? Per non dare all'FBI una nuova pista che li risvegli? O c'è dell'altro?»
«Tu cosa credi?»
Non si scompone e non ti dà nemmeno alcuna soddisfazione. «Qualcuno direbbe che stai trovando nutrimento in altri modi.»
«Hai parlato con Bedelia.»
«Non stai rispondendo.»
«Alcuni istinti non possono essere rimpiazzati. Sono lì, si dibattono, gridano fino allo spasimo in attesa di essere soddisfatti. Niente può nutrirli se non la fiamma stessa che li fa ardere.» Hannibal ti fissa mentre parla, vuole darti ciò che gli stai chiedendo ma, prima di terminare, qualcosa in lui si interrompe. Un secondo di black out, il suo sguardo si abbassa e lo vedi deglutire. Non è imbarazzo, non è paura, è il frammento di una verità che è sempre rimasta celata dietro a un vetro. Visibile ma non raggiungibile. «Vuoi sapere se sento il bisogno di assaggiarti? La risposta è sì. Ogni singolo giorno.»
I suoi occhi ti hanno ripreso. Bloccato in quel contatto che, per quanto provi, non riesci a far venire meno, neppure in quel momento di silenzio che ti accompagna, mentre cerchi di ancorarti a qualsiasi cosa possa darti la spinta a riaffiorare dall'oceano di emozioni contrastanti in cui sei immerso. «Perché non lo fai?» Un sussurro. Ti ha sentito comunque. Lo vedi nella scintilla che gli ha bagnato gli occhi. Il pensiero di farlo che lo attraversa, la brama animalesca che prende il sopravvento, il profondo respiro che si concede nel considerare quella possibilità.
Una pausa lunga e densa, e infine risponde con una naturalezza che ti infastidisce.
«Sarebbe scortese. Viviamo qui insieme, passiamo il tempo, ci divertiamo.»
«Capisco.» No, non è la sua tranquillità a destabilizzarti. È l'indifferente distanza che permea la sua affermazione e rende la tua replica seccata. «Hai perso il tuo lavoro, i tuoi pazienti, le cene, le feste, i musei, l'opera. Io sono l'ultimo intrattenimento che ti rimane, e non vuoi esserne privato.» Cerchi una sorta di conforto dalla delusione nel vino che ti ha versato, lo finisci in un sorso, rovesciando nel calice una risatina amara. Sei davvero deluso, Will? Cosa volevi sentirti dire? Cosa ti aspettavi? Poi, però, nell'appoggiare il bicchiere, da quella fragile crepa che ti si è creata dentro, esce dell'altro. «Continuo a sognare.»
«Sogni ancora di uccidermi con le tue mani?» Anche Hannibal lascia perdere, forse perché lui stesso si è reso conto del passo falso, benché lui non ne commetta mai sul serio. Ne è consapevole e forse la cosa lo irrita più del necessario. Ritorna a ciò che fa parte di voi, a quella confortevole e segreta intimità che si è creata con le confidenze e le rivelazioni.
«Ogni singolo giorno.» Ripeti le sue parole, con la stessa lenta e solenne cadenza. Vuoi farlo tremare, così come lui ha fatto vibrare qualcosa in profondità dentro di te. «E spesso sogno di andare via. Di uscire da qui e correre lontano, senza una destinazione, fino a quando il cuore mi fa male, le gambe cedono e non ho più fiato. Ogni volta, arrivo a quella scogliera. Ogni volta, sento un colpo di pistola alle spalle.»
«Il Drago?»
«Jack. So che è lui. Vedo il mio sangue sul petto, il mio corpo che si spezza in due dall'interno. Vedo i miei organi scivolare fuori e poi l'oceano, sotto di me... e mi lascio andare.»
«Non sei imprigionato. Puoi ancora correre via. Perché non lo fai?»
Cerchi una risposta là dove te ne sei dato fin troppe, ma resti in silenzio mentre fai scorrere la sedia e ti alzi. «Sarebbe scortese,» mormori poi, con una sorta di freddezza, ancora con l'intento di imitarlo per ferirlo, in qualche modo, della stessa ferita che ti ha lasciato lui. Ma non è davvero così profonda, è più un graffio fastidioso che brucia solo se lo sfreghi. Fai il giro del tavolo e quando arrivi a qualche passo da dove lui è seduto te ne sai già dimenticato, e aggiungi: «E perché, prima di aprire gli occhi, capisco di non essere tra le braccia dell'oceano, ma tra le tue. Tutto quello che faccio, mi riporta da te. A ciò che tu vedi in me. A ciò che sono con te. A quello che siamo insieme, a quello che abbiamo fatto. In questo nostro intimo inferno, bloccati in un momento di euforico e passionale tormento.» Aspetti, fissandolo dall'alto per sfidarlo, per ammonirlo, per ricevere qualcosa che potrebbe guarire ogni graffio, o forse renderli solo più profondi. Silenzio. Ricevi solo questo. «Buona serata, Dottor Lecter.» Lo sibili tra i denti, senza più aspettare un solo secondo, e ti incammini verso la porta alle sue spalle.
«Will...» Hannibal non ti chiama. Gli basta pronunciare il tuo nome e quel suono ti trapassa il petto e ti trascina indietro come un arpione. Che sia tu a tornare da lui, o lui a essere attirato da te, non ha importanza. «Un uomo che non è passato attraverso l'inferno delle sue passioni non le ha mai superate.»
Il fiato ti lascia i polmoni come se fossi stato davvero colpito, e fai solo in tempo ad abbassare le palpebre, arreso, prima di avvicinarti di nuovo. Gli arrivi dietro e la tua mano tentenna prima di posarsi sulla sua spalla. «Sono andato troppo oltre e troppo in profondità per superarle. Sono qui per affogare. Con te.» Stringi un po' di più le dita. Un tocco che sa di promessa. Quando fai per allontanare la mano, però, quella di Hannibal arriva alla tua e la trattiene in quel punto.
«Ti ha detto che posso placare la mia fame di te solo nel vederti e nell'averti vicino.»
«Sì.» Una risposta così semplice, che ti esce a fatica dalla gola.
«È quello che le ho confessato io.»
«Ed è la verità? Ti senti appagato solo a guardarmi?» Silenzio, ancora. Vedi il profilo del suo viso, un tremore appena percepibile sulla guancia, la mandibola che si stringe, il velo della tensione. Ti chini per arrivare a parlargli all'orecchio. «Pensavo che non ti nascondessi da niente. Nemmeno da Dio.» È un'accusa, una condanna, una provocazione. La presa al tuo polso si fa più forte e Hannibal gira il volto nella tua direzione.
«Ho mentito.»
Ti sta di nuovo guardando, adesso, e avverti la soddisfazione crescere e rifiorire. «Tu hai la tua personale verità e io il mio personale inferno, col tuo nome inciso a fuoco nella pelle. Ovunque... su di me.»
Hannibal si alza a sua volta e dà le spalle al tavolo per poterti guardare. Sta disegnando un'immagine di te nella sua mente. L'immagine del tuo bisogno, dell'urgenza con cui cerchi risposte, e ne sta godendo. Immensamente. Con la coda dell'occhio percepisci il movimento del suo braccio, e le tue palpebre tremolano un istante prima che le sue dita arrivino alla tua guancia. Senti il dorso carezzarti piano lo zigomo, sfiorare la cicatrice, e poi il pollice tracciarla con l'intenzione di ricordarti il motivo per cui ti è stata inferta. Quando hai scelto lui. Quando hai deciso di abbandonare la vita artificiale che ti sei creato per gettarti nel mondo che lui ha sempre voluto per te. Per voi due, insieme. La senti bruciare, come se fossi di nuovo ferito, e Hannibal resta immobile a fissarti e a toglierti tutto. Vuole vederti cedere, crollare, dissanguarti davanti a lui, fino a quando l'unica cosa che riuscirai a fare sarà accettare le sue braccia che ti raccolgono. Ma tu già le vuoi. Non è così, Will? Vuoi essere afferrato e stretto. Non puoi negarlo. Né a te stesso, né a lui. Dillo. È così semplice. Hannibal aspetta. In silenzio. Le dita indugiano sulla sua pelle, i polpastrelli sfiorano appena il profilo dell'orecchio, l'attaccatura dei capelli. Il taglio di una lama ti avrebbe fatto provare meno sensazioni di quel solo tocco. Lo odi e odi un po' anche te stesso per come reagisci. Dillo, Will. Chiedimelo. «Per favore.» Ti esce un singulto, più di una preghiera. Stai tremando per la frustrazione, per quell'ombra di sorriso che la tua arrendevolezza gli ha provocato. «Basta. Questo gioco è ridicolo adesso.» La tua mano percorre il risvolto della sua giacca e la stringe, proprio quando le tue gambe si arrendono a fare quel passo che ti porta a un soffio dal suo corpo.
«Tu hai bisogno di giocare, Will. Di avere una preda da rincorrere e studiare.»
«Ti sbagli, dottore. Io lancio un amo e aspetto che sia la preda a venire da me.» Mentre lo dici, avvicini il lato del viso al suo. Non lo tocchi, non lo sfiori nemmeno, se non per le dita che si ribellano alla tua scelta e salgono sotto al risvolto della giacca, arrivando poi dietro la sua nuca.
Lo stai accarezzando davvero? Forse. Sai solo che socchiudi le labbra quando abbassi il volto più vicino al suo collo e inali quel profumo ormai familiare, come se ti mancasse il fiato e quello fosse aria. «Ho bisogno di sentirlo ancora.» Lo sussurri nell'incavo segreto della sua spalla e poi arrivi con la bocca al suo orecchio. «Di provarlo addosso. Ho bisogno di questo, Hannibal.» Una confessione strappata direttamente dal groviglio della tua anima.
«Non sarà lo stesso.» C'è qualcosa nella sua voce. Emozione. È la tua vicinanza a causarla? Le tue intenzioni? Non puoi fare a meno di sorridere.
«Come sarà dipende da noi.» Ti sposti per poter incontrare i suoi occhi, perché sei curioso di vederlo quello che stai provocando. Sei pronto per questo, Will? Ne sei sicuro? Sei sicuro di ciò che vuoi? Di ciò che stai chiedendo? Ti senti debole solo per lo sguardo che ricevi. I muscoli ti illudono di reggerti in piedi, ma li senti vibrare. Potresti inginocchiarti lì, senza alcuna dignità, se te lo chiedesse. Eppure riesci a fare un passo indietro. Quel tuo patetico tentativo di seduzione deve finire con te che torni in camera e lui che abbocca. È questo che stai facendo? Non lo sai. Non lo sai più. Forse dovresti solo andartene, ignorare quel bisogno che ti sta annientando. Sarebbe più semplice? Non puoi più. Non ora che sai. La conoscenza è la tua distruzione.
Una stretta al fianco blocca il tuo movimento, i tuoi pensieri, le tue confuse intenzioni. Hannibal ti ha afferrato per la camicia e ti sta trattenendo.
«Cosa succede quando un cacciatore e un pescatore sono entrambi anche prede?»
Il tuo respiro si fa più rapido, prima di rispondere: «Nessuno dei due mangia?»
«Oppure condividono loro stessi.» Ti tira a sé e questa volta i vostri corpi si scontrano, come le vostre labbra. Ma non è un bacio. Non ancora. È un infrangersi di respiri, un susseguirsi erratico di parole non pronunciate e di altre che attendono di trovare una forma diversa da quella brutale e schietta del desiderio.
E i confini di questo desiderio sono ancora sfumati. Carne. Sangue. Violenza.
Che cosa brami davvero? Il sesso non ha più una connotazione che riconosci, e non sai nemmeno se è quello che vuoi così tanto, quello che farete. Sai solo di volere lui, tutto ciò che è, tutto ciò che potete essere insieme.
Il tuo corpo ti tradisce comunque, mentre Hannibal non smette di guardarti, la bocca a sfiorare la tua nella stessa preghiera silenziosa. Stai pregando, Will? Per avere qualcosa che ancora non ti ha concesso. Per sentire implorare anche lui, perché ancora non ti basta l'ossessiva devozione con cui ti venera.
Il tuo corpo ti tradisce, sotto a quegli occhi che ti spogliano, ti penetrano e si fanno strada dentro di te, dove solo Hannibal può arrivare. E ti chiedi ancora cosa potrebbero farti le sue mani, se solo i suoi occhi riescono a farti sentire così posseduto.
«Vieni... andiamo di là.» È un sussurro, disegnato con uno sfioramento sulla bocca dell'uomo che ti sta davanti e che, in risposta, cerca però di allontanarti piano da sé.
«Arrivo tra un attimo.»
Scuoti la testa con un sorriso inquieto. Non vuoi. Dio, perdere quel contatto è la cosa peggiore che potrebbe succederti in questo momento. «Se faccio un passo indietro ora, non sono sicuro di riuscire a rifarne uno in avanti dopo.»
«Lo farò io.»
Deglutisci e indietreggi. Dargli il potere di decidere è una cosa così grave? Vuoi essere tu ad averlo. Vuoi sentirti potente, anche in quel grado di svantaggio in cui ti trovi sempre con lui. Prendi il bicchiere di vino e dopo un ultimo sguardo ti incammini verso la sua camera da letto.
La sua.

+ CONTINUA +

Note: Certo, non l'avreste mai detto che continua, vero? ^O^ Dovrebbero essere tre parti. Su due sono sicura, la terza è ancora in forse, ma si sta scrivendo da sola come bozza, quindi ipotizzo che arriverà anche quella.

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