Terza Parte

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Non è un sogno, né un incubo. Non ti costringi a svegliarti per sfuggire da qualcosa che non vuoi accettare, e nemmeno avverti il bisogno di farlo perché ti rimproveri di goderne.
I tuoi sensi stanno solo tornando alla realtà perché, in qualche modo, sentono lui.
Senti la sua presenza accanto a te, nel letto. Senti il peso sul materasso e il calore del suo corpo. Senti il suo sguardo su di te, che arriva così in profondità, come sempre, da ghermirti e attirarti. Ti strappa via da qualsiasi regno onirico e ti riporta a sé, senza chiedere, senza darti scelta.
Gli occhi di Hannibal ti stanno già toccando, quando anche la sua mano inizia a sfiorarti il lato del viso in una carezza che ha qualcosa di familiare e qualcosa di insolito. È una sensazione a cui potresti abituarti fin troppo facilmente. Una sensazione che potresti iniziare a desiderare.
«Hannibal,» sospiri piano, prima di inumidirti le labbra. La tua mente ricomincia a mandarti segnali di ritorno dall'eco delle memorie di quanto è accaduto qualche ora fa, ma nel confuso entusiasmo si fa strada il sibilo del pericolo. Apri gli occhi e ti trovi a guardare lui, sorpreso e impensierito. «Cos'è successo?»
Niente, Will. Volevo solo toccarti. Volevo riaverti. È una colpa? Lo vedi accennare un sorriso e scuotere leggermente la testa per tranquillizzarti. Il velo di angoscia che ti ha avvolto al pensiero di essere stati trovati e di dover fuggire si scioglie all'istante. Sul tuo viso restano solo i tratti sfumati del sonno a cui sei stato rubato. Ti giri sulla schiena e ti stiracchi, mugugnando tra te, sovrappensiero: «Ho sete.» Ti rialzi un poco per cercare qualcosa da bere sul comodino dal tuo lato, e poi ti lasci ricadere nel letto con un lamento sconsolato.
Avete lasciato tutto vicino alla porta e il tuo corpo non ha la minima intenzione di arrivarci, visto che ciò significherebbe perdere i piacevoli strascichi del riposo che ti stavi concedendo.
Non fai in tempo a protestare, però, che Hannibal sta già scivolando fuori dal letto. E nemmeno fai in tempo a mettere a fuoco l'immagine del suo corpo nudo, quando ti dà le spalle, perché subito prende uno degli asciugamani, piegati ordinatamente accanto alla finestra, e se lo lega in vita.
Volevi guardarmi? Ci hai pensato, o meglio, ti è venuto così naturale farlo da provare una scarica di eccitazione tra le cosce.
Hannibal prende il tuo bicchiere e la bottiglia, dimenticati sul ripiano, e torna da te. Versa del vino nel calice e poi, sorridendoti, ti passa però la bottiglia.
«Grazie,» mormori con una risatina, mentre ti rialzi un po' con la schiena contro i cuscini. Bevi qualche sorso e distrattamente muovi il bordo del collo della bottiglia sulle labbra, quando la riabbassi. Ti accorgi che Hannibal ti sta fissando dall'alto, mentre sorseggia il proprio vino.
Non sai se esiste un tacito accordo di non parlare di quanto è accaduto, o se semplicemente state entrambi evitando di fare accenni a quell'argomento, sebbene tutto di voi, dell'aria che state respirando, della visione che entrambi avete davanti, parla del momento carnale che avete condiviso.
«Stavi sognando di correre via?» ti chiede dal nulla, come se ancora quella vostra intimità di pensieri sia la sola cosa che vi permette di tornare in un terreno sicuro. Lascia il calice sul comodino e ritorna a sedersi nel letto, infilando le gambe sotto le lenzuola. Non si è tolto l'asciugamano dalla vita. Tu sei ancora nudo e lui no. Per un secondo, appena recepisci quell'informazione, provi una sorta di disagio.
«No.» Gli rispondi solo quando Hannibal riprende a guardarti. Ti allunghi verso di lui con l'intento di appoggiare anche la bottiglia sul suo comodino, e ti rendi conto che avresti potuto benissimo metterla sul tuo. Ma non avresti mantenuto il contatto coi suoi occhi, se l'avessi fatto; non avresti potuto continuare a fissarlo, nell'avvicinarti così tanto a lui, tanto da sfiorarlo col tuo corpo nel movimento.
Ti stai usando come esca, Will. Hai imparato fin troppo bene come catturarmi. Hannibal alza ancora la mano sulla tua guancia, te la accarezza e fa scivolare le dita tra i tuoi capelli scompigliati, fin dietro sulla nuca. Tu abbassi il viso a quel tocco, lo muovi contro il suo avambraccio, e scorgi la cicatrice verticale lungo il suo polso. Percepisci un brivido lungo la schiena, un tremolio nello stomaco e nella testa.
"Voglio che tu uccida Hannibal Lecter." Ricordi quell'ordine. Ricordi il piacere che ti ha dato pronunciarlo. Ricordi il terrore che hai provato subito dopo. Ricordi il battito del cuore che imperversava con la furia di una tempesta sulle tue emozioni, quando stava avvenendo. E quel senso di potere che ti ha pervaso quando hai pensato che fosse successo.
«Queste sono mie.» Muovi le labbra sulla cicatrice quando lo pronunci, la percorri dal basso fino al palmo.
«L'intenzione era la tua, non la mano che le ha provocate.»
Rialzi lo sguardo su di lui, bisbigliando le sue stesse parole: «Le intenzioni sono motivate dai sentimenti.»
Hannibal le riconosce, l'angolo della sua bocca che si incurva te ne dà la prova. «Che sentimenti stavi provando quando hai deciso la mia condanna?»
«Rabbia, frustrazione, tristezza, delusione, vergogna, solitudine, invidia.» Non fai fatica a ricordare nemmeno quelle.
«Vuoi ferirmi ancora? Vuoi marchiarmi con le tue mani?»
Deglutisci e premi un poco la bocca contro quel segno nella pelle che ti sta parlando di voi, nonostante tutto. «Sì.» Sospiri su quel punto, chiudi gli occhi e senti qualcosa dentro di te dibattersi ancora per uscire. Qualcosa che non riesci a dominare e che si sta cibando delle tue emozioni. E ne vuole sempre di più. Il tuo respiro si fa più veloce e una parte di te si stupisce quando sussurri contro il suo polso: «Credo di voler fare sesso con te.»
Perché? Perché adesso? Hai davvero bisogno di una risposta? Non lo sai nemmeno tu, davvero. Ma l'altra parte di te, invece, quella curiosa di sapere come può essere, non può più aspettare.
«Will...» Il sospiro di Hannibal ti richiama a lui.
È un'esortazione, o forse un avvertimento? C'è qualcosa nei suoi occhi che non riesci a decifrare, ma fai scorrere comunque la mano sul suo ventre, fino a incontrare l'asciugamano. Ti sorprendi della tua stessa sfacciataggine quando premi il palmo tra le sue cosce, spingendoti più vicino. Basta poco per risvegliare il suo corpo. Non se lo aspettava, o forse ha aspettato per tanto questa tua intraprendenza, da non riuscire a controllare l'entusiasmo.
Fai scorrere le dita sotto il lembo di stoffa sovrapposta e tiri quel poco che serve per discostarla del tutto. Chiudi il pugno sul sesso che si sta indurendo e pieghi il volto contro il collo di Hannibal, lo sguardo basso sul movimento lento che stai compiendo su di lui.
Ascolti il suo respiro che aumenta di intensità, e intravvedi la sua mano che si stringe sulle lenzuola, in cerca di un controllo che tu vuoi solo fargli perdere. Ancora. Strusci la guancia sul suo petto, all'inizio solo con l'intento di avvertire il battito del suo cuore, ma la tua intenzione cambia senza nemmeno rendertene partecipe. E scendi più in basso, piegandoti su di lui fino a quando il tuo respiro sfiora la carne calda che stai stringendo. Inspiri quel calore, l'intimo odore del sesso che impregna la sua pelle, e non puoi fare a meno di assaggiarlo. Prima con uno sfioramento delle labbra, poi, schiudendole sulla punta, lasci che sia la lingua a tracciarne il contorno.
La mano di Hannibal si stringe di più sulle lenzuola, e tu lo lasci scivolare nella bocca. Solo un po', quello che basta per fargli sentire la tua lingua che preme e il tepore bagnato che lo avvolge. Solo un po', per permettere a te stesso di assaggiare il suo sapore, di conoscerlo, di apprezzarlo, di abituartici.
«Will,» ti chiama in una sorta di singhiozzo soffocato, prima di afferrarti i capelli e costringerti a rialzarti.
Lo guardi confuso, infastidito per quell'interruzione, ma la sua espressione ti colpisce e lo assolve da ogni reato. Hai ancora il suo gusto salato sulla lingua e quando gli parli ti sembra di commettere un peccato. «Sei spaventato,» mormori, guardandolo con un'intensità tale che, per un attimo, lo costringi ad abbassare lo sguardo. Non glielo stai chiedendo. Sono solo i tuoi pensieri che prendono voce, cercando una spiegazione a quel rifiuto. Come ci si sente a essere rifiutati, Will? Ma non lo ha fatto. Non c'è quello nei suoi occhi. «Hai paura di concedermi troppo. Temi che se lo fai, se mi dai ora ogni cosa, io possa averne già abbastanza. Sei curioso di vedere fin dove posso arrivare ma, al tempo stesso, non vuoi davvero vederlo.»
«Non sono così sicuro che sia qualcosa che tu voglia davvero.» Hannibal torna a fissarti, prima di aggiungere: «Con me. Per noi.»
«Perché?»
«Le circostanze possono portare a desiderare dei risvolti che il tempo fa riconoscere come errori.»
«Hai paura di perdermi, quindi. Sei spaventato dall'idea che io possa non trarne davvero piacere. Che questa attrazione sia condizionata dagli istinti che si sono svegliati in me, e che tu hai avvalorato.»
Hannibal resta un attimo in silenzio, un lieve cenno d'assenso del capo e una bozza di sorriso teso. «È una possibilità che devo prendere in considerazione.»
Non ha dormito perché pensava a questo. Ti ha svegliato per trovare una conferma o una smentita in te. Sorridi, forse più di quanto dovresti. «Sei sempre umano, Hannibal. Queste sono reazioni umane, nascoste dentro di te.» Avvicini la bocca al suo orecchio e gli parli così, lasciando che il tuo fiato lo accarezzi a ogni parola, come a volerlo tranquillizzare. Per quanto possa essere assurdo anche sono pensare che Hannibal possa sentirsi davvero insicuro su qualcosa. «A volte mi sono sentito confuso per come il mio interesse per te si stava evolvendo. Non è stato semplice affrontare i miei sentimenti, i sogni, le fantasie su di te, gli impulsi che sentivo. Quando si tratta di noi due, tutto diventa indefinito, eppure estremamente chiaro. I contorni di ciò che comprendo, di ciò che sono, di ciò che credo sia parte di me, sfumano.» Fai scivolare ancora la mano sul suo petto, assapori la sensazione della ruvidezza sotto le dita, e poi la spingi sull'addome leggermente contratto per la posizione. «Ma so che non ho mai conosciuto me stesso così bene, come mi conosco quando sono con te.» Avverti un tremore nel suo respiro rapido e ancora silenzio. «Questo sono io. È quello che voglio. Con te. Per noi.» Ti immagini le sue riflessioni, le valutazioni che sta facendo, le risposte che si sta dando, le varie correnti di pensiero che si diramano in decine di possibilità, fino alla sola che, forse, lui vorrebbe. E che inaspettatamente combacia con quella che vedi anche tu. «Dimmi qualcosa,» gli bisbigli con il debole soffio di una risata. «Non farmelo fare da solo. La mia voce non ha più lo stesso suono, senza la tua che la segue.»
Hannibal si volta finalmente verso di te e ti strappa da qualsiasi supposizione, catturandoti di nuovo coi suoi occhi. Non puoi più farne a meno, Will. Sta diventando una tua debolezza. E io potrei approfittarne. O sei già tu ad approfittarne. Se solo per lui non fosse lo stesso. E sai bene che è così. Sai bene che anche lui non può smettere di saziarsi del tuo sguardo. Sai bene che siete entrambi complici e vittime di questa debolezza. Hannibal è debole quanto te.
«Con te divento debole, Will.» La sua replica sembra una risonanza ai tuoi stessi pensieri, ma lo guardi comunque sorpreso da quella sua ammissione. «Divento compassionevole. Perdo di vista la razionalità. Ogni mio sentimento per te è inopportuno. In ogni parola che dico, in ogni gesto, in ogni decisione volubile che prendo con te, scelgo la mia confessione.»
«È lo stesso che faccio io con te,» rimarchi subito a tua volta, alzando il mento per andare a lambirgli le labbra con le tue nella promessa di un bacio che però riesci a trattenere. «Ti ho confessato i miei peccati, i miei crimini, le mie fantasie, i miei bisogni. Non sono più quella dannata mucca, o sbaglio? Non mostrarmi compassione. Mostrami il resto.»
Lo senti tentennare ancora, solo per qualche altro secondo, ma poi la sua bocca cerca la tua e nel bacio che ti chiede lascia scivolare ogni altra indecisione. La mano che arriva sul lato del tuo collo ti trascina un po' di più contro di lui e ti trovi in una precaria stabilità, sulle gambe piegate. Basterebbe poco per spostarti sopra le sue, per salirgli sopra e lasciare il tuo corpo alla sua mercé. E quando stai per farlo, quando l'ultimo briciolo di vergogna si scioglie nell'abbraccio delle vostre lingue, Hannibal si discosta da te, tirandosi indietro. Ti sfugge un mugolio di disapprovazione appena le tue labbra restano senza le sue e riapri gli occhi per guardarlo, di nuovo confuso.
«Devo confessare anche di aver mentito, prima, quando ho detto che sapevo cosa sarebbe successo questa sera.» Hannibal ti accarezza la schiena mentre lo dice e fai fatica a recepire la sua dichiarazione, perché quella tenerezza ti destabilizza più di quanto avresti mai immaginato. Sorride e reclina il viso verso il tuo, sussurrandoti: «Mi hai sorpreso, Will. Non ero preparato a questa eventualità.»
Socchiudi la bocca per rispondere, ma le parole restano soltanto il respiro di un sorriso. Ti sposti da lui per spingerti dall'altro lato del letto, ed è con un po' di agitazione che apri il cassetto del comodino. «Io sì,» mormori, mentre appoggi sul materasso il tubetto di olio e i preservativi che hai portato lì mentre Hannibal era in cucina. Ti schiarisci la gola e lanci un'occhiata incerta a lui. Ora sei nervoso, Will. Una parte di te lo è. Perché sta diventando reale. Dov'è finita la tua sicurezza? Ce l'avevi fino a un momento fa. Ce l'avevi fino a quando Hannibal è scivolato in ginocchio davanti a te e ha preso l'olio in una mano.
«Ci hai pensato sul serio.»
«È una possibilità che ho preso in cons-» Provi ancora a ripetere la sua stessa dichiarazione di poco prima ma l'ultima parola, Hannibal, te la porta via direttamente dalle labbra in un bacio improvviso, irruento, che ti ricorda il primo vero bacio che vi siete scambiati su quel letto.
Ti spinge col proprio corpo e barcolli sulle ginocchia, mentre lui sposta i cuscini per farti spazio. Cerchi un appiglio nelle sue spalle e, mentre sei distratto da quella foga inedita e dalla sua bocca affamata, Hannibal si bagna la mano col lubrificante e inizia a toccarti.
Senti il pugno sul tuo sesso, l'eccitante frizione data dalle dita che scivolano facilmente sull'asta e poi scendono sotto i testicoli.
Respiri più veloce contro le sue labbra e sfuggi da esse, liberandoti la bocca per cercare altra aria appena avverti quel tocco percorrere la curva intima del tuo corpo fino ai glutei.
È un insieme di sensazioni confuse e allettanti: quelle date dalla lingua di Hannibal che ti lecca piano il collo, quelle provocate dal braccio che ti tiene stretto attorno alla vita con fare possessivo, per impedirti di allontanarti, e quelle che le sue dita iniziano a darti nello spingersi dentro di te.
All'intrusione, spalanchi gli occhi con un gemito silenzioso. Ti guardi attorno senza davvero vedere, perché ogni tuo senso è concentrato su quello che ti sta facendo, sul fastidioso piacere che si sta trasformando in fremiti lungo la schiena. Un incontrollabile imbarazzo ti scalda le guance.
Vuoi che smetta, tanto quanto vuoi che continui. Più a fondo. Più veloce. Ti senti vulnerabile e, al tempo stesso, la totale attenzione che Hannibal ti sta riservando non fa altro che compiacere il tuo ego. Il tuo corpo si abitua fin troppo in fretta, inizia a diventare impaziente, a volere di più. Fai forza sulle cosce e ti abbassi alla ricerca di ulteriore contatto, inarcandoti all'indietro. Lo guardi e, questa volta, il suo sguardo resta basso su di te, su ciò che ti sta facendo, sull'angolazione che sta dando alla sua mano.
«Devo... devo dirti io... quando...» Provi a parlare, ma le parole si perdono in un gemito più elevato appena le dita scivolano del tutto dentro di te. D'istinto unisci le mani dietro la sua nuca, ti tieni a lui e per qualche momento resti così, con la testa lasciata ricadere indietro e un'espressione d'estasi sul viso, a godere del modo in cui ti sta toccando.
E, dal nulla, sulle tue labbra sfugge il sospiro appena accennato del suo nome: «Hannibal...»
Senti solo la mano che si allontana, il piacere che si interrompe e un tuo lamento, che diventa un respiro spezzato come conseguenza del suo movimento, quando Hannibal ti prende per i fianchi e ti scaraventa sul materasso, spingendo un cuscino sotto al tuo fondoschiena.
Non sai nemmeno in che punto del letto sei finito o dove sono stati spostati gli altri cuscini. Ma guardi lui, lo fissi, lo percorri lungo ogni muscolo, ogni linea del suo corpo che ora puoi osservare, mentre Hannibal si infila con una metodica attenzione il preservativo e lo lubrifica.
E quando lui ti lancia un'occhiata, ti viene istintivo far scivolare una mano tra le cosce, sotto all'erezione che sta pulsando, in attesa. Senti il liquido che ti ha bagnato quel punto e ti inarchi nel muovere un dito all'entrata tra i tuoi glutei. La tentazione di spingerlo più a fondo, di darti da solo quel piacere che non hai mai osato concederti prima, viene fermata solo dallo sguardo di Hannibal su di te.
«Non farlo.» Te lo mormora in quella che sembra più una preghiera che un ordine. E capisci che non vuole fermare te, ma cerca di trattenersi lui. Perché vederti così, sapere che stai per essere suo, è già qualcosa di così eccitante da fargli perdere ogni controllo. E tu lo sai bene, Will. Lo sai prima ancora di muovere un solo muscolo. Sai quanto puoi uccidermi solo col tuo corpo. Sì, lo sai.
«Allora vieni qui e fallo tu.» L'ultima provocazione, sospirata con una cadenza sensuale che fa abbassare le palpebre a Hannibal per un secondo. Ma lo vedi. Vedi così bene l'effetto che hai su di lui. E anche se è Hannibal che si sta mettendo tra le tue gambe aperte, che ti sta sovrastando con la sua imponenza, ti senti attraversare da quella sensazione di potere che brami riprovare più di ogni altra cosa.
Porti le mani sulle sue braccia tese, cerchi un punto qualsiasi a cui attaccarti come se non potessi fare altro se non quello. Rialzi il bacino, per quanto ti è possibile e poi rimani a fissare il suo viso, la tensione, l'eccitazione. Si inumidisce le labbra, deglutisce, il respiro veloce, mentre si piega su di te e si spinge tra le tue natiche. In quell'istante ricomincia a guardarti e sei tu a stringere i denti con una smorfia che ti corrompe l'espressione. Chiudi gli occhi solo qualche secondo, poi ti costringi a riaprirli, a ritrovare i suoi, ed è la cosa più giusta che tu possa fare.
La prima spinta è una scarica di dolore e una carezza del suo sguardo. La seconda è un brivido che ti attraversa il corpo e le sue labbra che lambiscono le tue, socchiuse in un sospiro spezzato. Non lo baci in rimando, lo fissi e basta col fiato a baciare la sua bocca al posto della tua. Hannibal resta fermo dentro di te, sospinto tra le tue cosce, fino a quando tu non annuisci appena.
Ed è allora che inizia a muoversi per davvero, a uscire dal tuo corpo e a premere subito dopo nella tua carne, fino a farti sentire i suoi fianchi che ti schiacciano sul materasso. Spinte lente, intense, profonde, che dettano lo stesso ritmo del tuo respiro, che creano una melodia dei gemiti che ti vengono strappati dalla gola, senza che tu possa fare niente per impedirlo.
Ascolti i suoi, in uno strano eco differito al tuo ansimare, ma che sembra fatto apposta per riempire i tuoi vuoti. Li senti contro l'orecchio, contro il collo, mentre la tua pelle inizia a scaldarsi, a bagnarsi di sudore, insieme alla sua.
Hannibal ti sta possedendo, ti sta spezzando, ti sta plasmando a ogni movimento con un doloroso piacere che non hai mai pensato di desiderare.
E ancora non ti basta. Ti mancano i suoi occhi. Dio, se solo potesse fotterti anche con quelli. «Guardami,» lo ansimi, ghermendogli i capelli per tirarlo un poco ad allontanare il volto dalla tua spalla. Quando lo fa e ti ritrovi di nuovo ancorato al suo sguardo, scorgi fin troppo facilmente una liquida emozione che glielo bagna. Per quanto lui ci provi, spinta dopo spinta, a trattenerla, una lacrima si ribella e scivola sulla sua guancia. Abbassa le palpebre, appena se ne accorge, e gira il volto di lato, ma tu alzi una mano sotto al suo mento e lo costringi subito a tornare da te.
«Guarda... me.» Sei autoritario, intransigente, in un singolo sospiro. E la sensazione di potere torna a farti tremare. Anche quando la movenza di Hannibal si fa più decisa e irruenta, anche quando prova a punirti per quella tua richiesta e a spezzare il giogo della sua vulnerabilità in tua presenza.
Ti fa solo godere di più, con ogni affondo che ti fa scivolare sul materasso, che sbilancia le vostre posizioni, rendendoti incapace di trovare una stabilità sotto di lui. Perché vorresti tenerti a qualcosa, contrastarlo, averlo ancora più di quanto già sta penetrando dentro di te. Le gambe iniziano a farti male quando provi a rialzarle, ad agganciarti alle sue, e con le mani cerchi ancora un appiglio più saldo delle lenzuola sotto di te.
Sei sul bordo del letto, e con ogni spinta sempre più forte continui ad andare oltre. Senti la testa che già si reclina indietro nel vuoto, esponendo di più il collo alla sua bocca. D'impulso allunghi le braccia alla cieca, sopra di te, e non ti rendi conto di essere così vicino al comodino da urtare il bicchiere e la bottiglia. Cadono entrambi a terra e vanno in pezzi.
«Cavolo,» esclami con un soffio di risata colpevole e inutilmente provi a girarti col busto per vedere il danno.
«Non importa.» Hannibal continua a spingere dentro di te, a rubarti il fiato e dei gemiti osceni che non pensavi nemmeno di poter emettere. Ma è tutto osceno, in quel momento: il modo in cui lui si è rialzato sulle braccia per ondeggiare il bacino contro al tuo, il suo sguardo che si infila nei tuoi pensieri e li distrugge per lasciarti solo preda del piacere, la lingua con cui si lecca le labbra e che vorresti solo sentire nella tua bocca ancora una volta.
Lo fissi con una intensità che gli rivela più di quanto dovresti e lo vedi accennare un sorrisino, prima ancora che la tua mano salga sul suo collo. Lo stringi un poco, solo per fargli intendere che non accetti repliche. «Sdraiati.» È un ordine, e Hannibal osa ancora qualche movimento lento, ma poi esce piano da te e fa ciò che chiedi.
Nel mentre, tu ti allunghi oltre il bordo del materasso e prendi uno dei frammenti del bicchiere. Quando sali a cavalcioni su di lui, Hannibal sa già cosa stai tenendo in mano. Ti ha osservato e tu non fai niente per nasconderglielo. Non te lo vuole impedire, qualunque sia la tua intenzione, sta solo aspettando che sia tu a decidere.
Lasci che Hannibal guidi di nuovo la propria erezione tra i tuoi glutei e non smetti di fissarlo mentre scendi piano sulla sua carne. È una posizione insolita, e all'inizio ti senti un po' stranito quando cominci a muovere il bacino sopra di lui, poi però il tuo corpo inizia a fare da solo, a cercare il piacere, a godere del movimento che sei tu stesso a dettare, e della sottomissione di quello dell'altro uomo che te lo permette, semplicemente tenendoti i fianchi.
Ti pieghi su di lui per baciarlo e mentre affondi con la lingua nella sua bocca, in riflesso alla penetrazione che senti dentro di te, porti la mano all'altezza del suo collo.
Gli occhi di Hannibal sono nei tuoi. Con il bordo del frammento gli sfiori la gola in un tocco pericoloso, mortale, e scorri con esso fino al suo pettorale. E qui premi un po' di più, tagliando la pelle per qualche centimetro. Mentre il vetro penetra, percepisci le spinte farsi più decise, e il respiro di Hannibal divenire erratico contro la tua guancia.
Ti lasci sfuggire a tua volta un gemito intenso e, quando i rivoli di sangue iniziano a scorrere, Hannibal ti prende di scatto quella mano e la stringe nella propria.
Tu ricambi quel gesto, intrecci le dita con le sue e gli fai portare la mano accanto alla testa. Gliela premi sul materasso, schiacci i vostri palmi l'uno sull'altro, e il vetro imprigionato tra di essi li graffia entrambi nella pressione.
È solo questione di secondi prima che l'orgasmo vi faccia bruciare tutti e due. In quei secondi, la mano libera di Hannibal si stringe sul tuo sesso, si muove priva di gentilezza, col solo scopo di farti godere insieme a lui, abilmente, senza trattenersi. E tu puoi solo accettare la tua resa a quel piacere e a quello che sta pompando dentro di te, in quella pressione che ti spezza e ti fa sentire completo.
Stai per venire e non riesci a tenere aperti gli occhi, ma in quell'istante Hannibal ti circonda la vita col braccio e ti ribalta sul materasso.
Gli ultimi movimenti non li decidi tu. È Hannibal a dettarne il ritmo, la profondità, la violenza. E sono tutti all'estremo: estremamente veloci, estremamente profondi, ed estremamente violenti.
Sai solo di avere le ginocchia alzate contro i suoi fianchi in maniera indecente, le caviglie strette sulla sua schiena, una mano a ghermirgli la base della nuca con forza, e l'altra trattenuta in quella morsa di sangue in cui le vostre dita sono ancora unite.
Lo guardi, gli chiedi pietà, forse, o gli comandi con lo sguardo. Percepisci qualcosa gocciolarti sul petto, durante quella movenza impetuosa, e vedi il sangue che cola dalla ferita di Hannibal su di te.
Sei soddisfatto, Will. Stai godendo ancora di più nel sentirlo, nel sapere di esserne tu la causa.
Hannibal si abbassa e lecca la scia del proprio sangue scivolato tra i tuoi pettorali.
E ti bacia. La sua lingua viola la tua bocca e spinge in te anche in quel punto, ti marchia col sapore del suo sangue, esattamente quando entrambi arrivate oltre il confine dell'estasi. E sai che non lo potrai mai dimenticare. Come non hai dimenticato il gusto del tuo sangue e di quello del Drago Rosso sulle vostre labbra, quella notte. La vostra prima vittima, il vostro primo sacrificio a questo amore scritto nel fuoco dell'Inferno. Perché il tuo Inferno ha il suo nome. E perché il tuo, di nome, in un modo o nell'altro, sarà sempre legato al suo.
Il tuo orgasmo è un insieme contorto di emozioni contrastanti e di ansiti spudorati contro le sue labbra. Quello di Hannibal è proprio bagnato dal tuo nome, invece, ansimato con una dolcezza che ti spezza il cuore e ti strazia l'anima. Perché sai che ormai daresti la tua stessa vita per poter ascoltare Hannibal che lo pronuncia ancora.
Non ti lascia andare. Anche negli ultimi strascichi dell'amplesso, Hannibal resta su di te, recupera il fiato nell'incavo della tua spalla e poi respira a lungo il tuo profumo e l'odore del sesso nel calore della tua pelle sudata. Fino a quando decide che è abbastanza. Non lo è. Non sarà mai abbastanza. Te ne rendi conto anche tu. Lo senti. E adesso sai anche che non puoi più farne a meno.
Non vuoi lasciarlo andare. Quando percepisci la stretta della sua mano nella tua allentarsi, dopo che te l'ha portata oltre il materasso per lasciare cadere il pezzo di vetro sul pavimento, senti l'improvviso e impulsivo bisogno di aggrapparti a lui. Gli circondi le spalle con entrambe le braccia, e cerchi di intrappolarlo anche con le gambe, appena lui fa scivolare il bacino lontano dal tuo per liberarsi del preservativo. Non sai cosa se ne fa, non ti interessa. Vuoi solo che ti stringa a sé, per un momento. Solo un momento. E le sue mani si intrufolano sotto la tua schiena, ti circondano e ti tengono, lì, su quel letto sfatto che vi ha visto essere amanti per la prima volta.
«La dannazione inizia quando si diventa consapevoli dei propri peccati e non si fa più niente per liberarsene,» bisbigli al suo orecchio, allentando di poco la presa attorno a lui per accarezzargli la schiena. Senti un leggero bruciore al palmo e alle dita, nei punti in cui il vetro che stringevate ti ha tagliato.
«La consapevolezza non è una punizione,» ti mormora a propria volta, discostando il viso solo per poterti guardare di nuovo negli occhi. Quando lo fissi, scorgi anche la lussuria, adesso, nel suo sguardo. Ti attira a sé, ti seduce, senza alcuna vergogna, senza freni, priva dell'inibizione che l'aveva tenuta quieta da quando i vostri sguardi hanno osato incontrarsi per la prima volta.
«Ho bisogno di te, Hannibal.» Ancora una confessione, figlia della travolgente emozione che hai provato e della perversa immagine di voi che da adesso vedrai. «E tu hai bisogno di me. Non c'è niente che possiamo fare per cambiare questo.»
Hannibal sposta il peso sul fianco, si gira su di esso e ti porta con sé. Ti accarezza la spalla, la schiena, in un tocco delicato e sensuale che scorre lungo tutto il tuo corpo fino ai glutei e poi ancora oltre, sulla coscia che stai tenendo rialzata sopra alla sua. «Puoi affezionarti all'idea di questo amore?»
La sua voce è un soffio caldo sulla tua bocca e tu avverti una strana vibrazione nel petto che, inaspettatamente, ti fa salire le lacrime agli occhi. «Posso fare anche di più.» Non sai bene cosa vuoi dire con quella risposta. O, forse, lo sai fin troppo, invece, tanto da interromperla così, senza altre spiegazioni.
Hannibal ti sorride e non aggiunge altro. Si rialza un poco, tuttavia, per arrivare alla tua fronte e lambire la cicatrice su di essa in un leggero e casto bacio.

*

Riapri gli occhi all'improvviso, il battito del cuore un po' troppo accelerato. Quella familiare sensazione che sai provenire dai sogni inizia pian piano a scemare nel ritrovarti a guardare il volto di Hannibal, appoggiato al cuscino di fianco al tuo. È ancora girato sul fianco verso di te. Bastano pochi secondi e la tua mente cancella i residui di quella fantasia che non riesci nemmeno a ricordare e che, forse, si è semplicemente fusa con la realtà che hai vissuto prima di addormentarti.
Abbassi lo sguardo e vedi sul suo pettorale il taglio che gli hai procurato, quello che hai anche pulito e disinfettato al termine del vostro amplesso, mentre Hannibal ti medicava i segni superficiali che il vetro ti ha lasciato nel palmo. Con la punta delle dita sfiori la ferita.
Non rimarrà altro che una sottile cicatrice appena visibile, ma non ti importa. Quella è tua.
La tua intenzione, la tua mano che l'ha provocata, i tuoi sentimenti.
Guardi ancora il viso di Hannibal e trattieni l'istinto che ti invoglia a svegliarlo come lui ha fatto con te in piena notte. Ma vorresti farlo. Per riavere ancora i suoi occhi nei tuoi, per avere a tua volta, adesso, una conferma da parte sua su ciò che avete fatto, sull'intimità che avete condiviso, su quella scelta che, in un modo o nell'altro, vi ha cambiato per sempre.
Un movimento fuori dalla finestra attira la tua attenzione. Osservi oltre la sua spalla, sbattendo le palpebre per mettere a fuoco oltre il vetro, e un sorriso stupito si disegna sulle tue labbra.
I due ortolani che hai liberato quel pomeriggio sono volati fino al davanzale. Sembrano rincorrersi nell'aria per poi tornare a posarsi lì e guardarsi attorno, curiosi.
Stanno cantando.


+ FINE +

Note: E ho finito anche la mia prima Hannigram. Grazie a chi è arrivato a leggere fino a qui!
Non sono mai convinta fino in fondo quando mi cimento con nuovi personaggi, ma Hannibal e Will hanno qualcosa che mi affascina tantissimo. Sono abbastanza sicura che non riuscirò mai a cogliere tutta la loro profondità e quello che possono dare, ma mi accontento di piccoli momenti, qua e là, in cui strappare da entrambi qualche emozione.
Nel mentre, per un'occasione del mese di dicembre, ne ho scritte/iniziate altre tre, quindi posso sicuramente dire, anche qui: alla prossima.
E mi raccomando: non siate scortesi.

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