Ci siamo sposati in Chiesa con un rito lungo e alquanto prolisso, ci siamo uniti in matrimonio nella location più unica al mondo, la Basilica di San Luca, una piccola collina nella provincia di Bologna. Ricordo che scelsi il matrimonio in Chiesa per un puro fatto estetico. Sposarsi in Comune è piuttosto freddo e quasi finto, come se fosse un semplice contratto già pronto per essere firmato. Quasi una cessione di quote dietro il benestare del notaio. Stucchevole! Ne parlai ai colloqui prematrimoniali con Don Sergio, il parroco di San Luca, purtroppo non la prese molto bene, anzi, disse molto seccamente che non c'erano i presupposti per il matrimonio cattolico. Don Sergio:
– Elia perché si vuole sposare?
– Eh, vede Don, dopo due anni da morosi...
– Avete deciso in Chiesa perché siete cattolici?
– Ma sì... Nadia sì, io non lo so... forse perché in Chiesa è più bello, la Basilica... i fiori... la gente e la fatidica frase "vuoi tu prendere..."
– Ma Elia, questa non è una motivazione sufficiente! Così non posso! No, non si può.
Effettivamente mi aveva preso alla sprovvista, confesso che ero intimorito, forse dovevo fare un passo indietro, forse l'euforia mi dava la testa e stavo mancando di rispetto alla comunità cattolica:
– Allora sa Don Sergio, la mia futura moglie vorrebbe sposarsi in Chiesa, per me Chiesa o Comune è indifferente, quindi perché no?
– Elia, con queste premesse non posso chiedere al Signore di sposarla! Mi dia una motivazione.
– Ma come?
– Sì... mi dia una motivazione seria.
– Don Sergio, le sto parlando seriamente... non apprezza la mia sincerità?
Il viso di Don Sergio si faceva di frase in frase più rigido facendo intravedere un leggero disturbo nervoso sulla palpebra sinistra, una vibrazione a intervalli regolari seguiti da un fastidioso rigurgito in-terno. Poi un lungo soffio stressato e insofferente evidenziava il suo nervosismo ma io insistevo dritto per la mia strada:
– Questa è la verità! Davvero.
– Elia, non mi basta... cerchi di capire...
Don Sergio si alza nervosamente e si avvicina, mi mette una mano sulla spalla e poi s'incammina verso la porta, come per indicarmi l'uscita. Io alzo le sopracciglia e con le spalle faccio un gesto maleducato e irrispettoso sia nei confronti dell'uomo che dell'isti-tuzione. Non me ne vanto ma mi è venuto così, non ha senso fare il duro, questa volta decisi che era meglio piegarsi in silenzio:
– Ah! E allora vediamo... sa cosa le dico? Le posso dire che sen-tiamo il bisogno di condividere con il Signore il nostro desiderio di famiglia.
E improvvisamente il viso di Don Sergio si è fatto disteso, sereno e sollevato, anche quello strano tic svanisce nel nulla, poi con una voce paterna e compiaciuta mi dice:
– Ecco, vede Conte Elia questa sì che è un'ottima motivazione.
– Grazie Don.
– E adesso diciamo un Padre Nostro, non ti farà male. Padre no-stro che sei nei cieli...
Rimasi perplesso, e capii che non sempre la verità è la strada giu-sta. Lo so che mi sbagliavo, evidentemente peccavo di superbia ma mi sentivo superiore a questi riti obsoleti, Chiesa, Dio, Fede, Pec-cato, Remissione, Inchini, Sofferenza, Ostia e Preghiera. Tutta fatica sprecata! Goliardicamente invitai tramite lettera scritta anche il Papa Giovanni Paolo II. Rimasi piacevolmente stupito quando pochi giorni dopo il Vaticano rispose spedendomi una pergamena con gli auguri autografati dal Papa. Un piccolo umile gesto che mi ha dato da pensare: mi ha fatto stare bene, ancora una volta avevo perso. L'educazione vince sempre. Probabilmente a causa della lettera del Papa e di una buona parola da parte di mio fratello ci sposammo dopo una breve attesa. Accadde come da copione il mese seguente sulle colline di San Luca. Fu il matrimonio più lungo della storia, dodici ore di festeggiamenti, dal pranzo alla cena. Tutti i Vallepanaronesi lo ricordano come il matrimonio dell'anno, duecento invitati e nessuna rinuncia. Patrizio, Paolo e gli altri audaci si sono presentati con pistole d'acqua, qualcun altro è finito per sbaglio in piscina rischiando un blocco intestinale. I pochi amici di Nadia erano ammutoliti e spaventati, i miei invece alle prese con i fumi dell'alcool erano carichi come molle. In giardino c'era un piccolo palco e la Paolino Paperino Band allietava gli invitati con varianti dei classici del rock, senza però dimenticare le loro versioni rivisi-tate delle sigle dei cartoni animati. Candy Punk sopra tutte. Dopo il pranzo, gli scherzi e i regali ho chiamato i superstiti in pizzeria per una pizzata conclusiva. Eravamo pochi ma buoni, sembrava l'ultima cena. Mi trovavo al centro del tavolo senza camicia ma con la giacca da cerimonia a petto nudo, Nadia con il suo vestito che doveva essere bianco e che la giornata intensa aveva fatto in-grigire, il velo perso da qualche parte e anche il trucco cominciava a dare segni di cedimento. Eppure imperterriti siamo andati avanti. Forse un po' storti dal vino ma tutti amici, c'era anche mio fratello. Don Sandro è l'anima di Valle Panaro, dove c'è da mangiare e ballare lui c'è, conosce tutti cattolici e comunisti, leghisti di destra e di sinistra. Una volta si è persino candidato sindaco, ha ottenuto una specie di aspettativa dal vescovo e si è lanciato nella campagna elettorale. Era in disaccordo con la vecchia finta ideologica gestione comunista, voleva dimostrare che si può discutere anche nella terra rossa degli irriducibili comunisti. Gli elettori gli diedero ragione e l'amministrazione fu sconfitta, si aggiudicò il seggio ma rinunciò per l'amor di Dio. È una brava persona ma di vecchio stampo, da noi si dice "un po' alla Don Camillo", ha una buona parola per tutti, anche per il sindaco, vive in sacrestia con la perpetua Suor Pina che tutti conoscono come Suor Suonata, è un po' sorda e come se non bastasse fa fatica a camminare. È servito e riverito, ha una schiera di devote invidiabili, qualcuna è anzianotta ma qualcun'altra è dav-vero gnocca, non capisco come possa sopportare l'astinenza e so-prattutto come riesca a resistere circondato dalle tentazioni. Si dice in giro che abbia un'attività sessuale piuttosto fervida ma come in tutti i piccoli paesi queste sono solo chiacchiere.
Una volta mi disse che il pistolino è il dono più bello che Dio ha fatto all'uomo. Non usarlo è un delitto ma usarlo senza testa e con cattiveria è l'arma del diavolo. Lo disse col cuore e con affetto, senza alcuna malignità. Adora usare le parole come metafore della società, ho sempre amato ascoltarle nel più assoluto silenzio. Trovava una risposta a tutto. Sin dalla mia infanzia non ha mai perso il vizio di volermi accasare: "dai, provaci, al massimo ti dice di no" diceva. Cercavo di schivare i suoi programmi anche se probabilmente le sue intenzioni erano buone, è tutta colpa di quella sensazione paterna che non lo abbandonerà mai. Una volta molto prima di sposarmi mi ha presentato una sua amica frequentatrice assidua del circolo cattolico della Comunità cristiana del paese. Si chiama Chiara Rossigni, è molto bella, aveva appena compiuto ventisette anni e con la media di un perfetto otto si era diplomata in ragioneria. È di buona famiglia, radicata nel paese, nel fiore della società con una vita passata dall'estetista, senza smagliature, senza un filo di grasso, ventre piatto e culo alto, immagino anche una perfetta depilazione, buona abbronzatura, nessun tatuaggio e vestita alla moda tutta firmata senza imitazioni. Insomma, la classica ragazza che ti fa girare la testa, che ti dice "guardami", sì, non c'è che dire, è davvero bella, peccato che sia solo bella.
"È solo bella!"
Questa esclamazione non è mia ma è di Marios. Chi è Marios? Marios è l'anima della vita, ogni uno di noi possiede un Marios nel cuore. Il mio Marios è un caro amico cipriota conosciuto per l'ap-punto a Cipro, nell'isola dell'amore, in uno dei miei viaggi, se non ricordo male era il 1989. Lui è il vero artista della vita, l'esteta della felicità, sapeva cogliere la gioia sopra e sotto la sabbia. Una sabbia fina e chiara. Un classico tipo che può piacere e non piacere senza un motivo apparente, è moro e dai capelli corti, con una barba in-colta, quella tipica di due o tre giorni. Cipro mi è rimasta nel cuore e probabilmente è l'unica casa che potrei scambiare con Villa Panaro. È la mia seconda terra.
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Il mi bel vento
RomanceTanti piccoli racconti cominciano per caso, dal nulla del silen-zio e come il nulla, se ne vanno nel silenzio. I pensieri in cerca di una via d'uscita ricordano il passato. Questa è la storia di un giovane uomo che amava ascoltare e ripercorrendo le...