Dalla parte di lui. dalla parte di lei.

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Nelle città di oggi Luigi Millo è come un cowboy moderno, cinematografico, i riferimenti sono continui, ma non è freddo e attraente, sembra una comparsa di quel genere di film. Dove l'aria diversa, è fatta di ebbrezza, ricordi, sogni ed altra ebbrezza...

Sopra il bischetto un paio di scarpe da donna, Il polso fermo ed esperto fa da morsa quando il martello batte sul tacco, il raschietto alliscia la suola, lo straccio lucida il cuoio. Dopo il ginecologo il calzolaio è il mestiere più bello del mondo, pensa Gigi ficcando il grosso naso dentro le scarpette che la signora Rolli gli ha appena portato, le narici dilatate ne inspirano avidamente l'odore. Che cliente la Rolli, fossero tutte come lei, a pensarci bene è anche meglio del ginecologo e snafff! Un'altra boccata della signora Rolli.

In quel pertugio che fa da bottega Luigi Millo apparecchia decine di scarpe da donna, col tacco, da ballo, scarponcini, ballerine, anche un paio di pattini, ogni tanto ne afferra una, l'accoppia alla cliente e snafff! In quel pertugio.

Aggiusta anche scarpe da uomo, il lavoro è lavoro, ma quelle le sbriga subito e con molta meno attenzione, le accompagna su uno scaffale e lì se le dimentica fino a quando qualcuno non viene a ritirarle.


Camilla Rolli è in bagno e si sta vestendo, non ha ancora una idea chiara di come si truccherà ma è convinta di come si deve vestire. <<Quale occhio preferisci?>> chiede a Fausto uscendo dal bagno con addosso dei pantaloni di silk color crema, una teeshirt marrone e i capelli raccolti.

Le scarpe col tacco comprate a Firenze sono troppo scomode e questa sera ballerà parecchie ore. Le scarpe della sorella sono perfette, adora quelle "ballerine".

<<Il destro>> dice l'uomo

Fausto era velocissimo, il tempo di mettersi il rimmel e lui era già pronto. Gli uomini hanno troppi vantaggi pensava Camilla. Esce dal bagno e lo trova ancora in mutande, ora anche lui sembra prendersi tempo e vanità, rimmel phard matita e un leggero rossetto e lui è ancora in mutande seduto sul letto ad annodarsi la cravatta. Gli uomini stanno diventando sempre più come le donne pensa Camilla. Le donne sono troppe lente pensa Fausto. Questo non è il primo dialogo muto che c'e fra loro. Fausto considera una perdita di tempo quella festa, perché diavolo dovevano andarci? Per fare cosa? Perché non restarsene a casa magari a guardare un bel film in DVD e poi fare l'amore?

Le donne sono testarde come muli pensava Fausto. Gli uomini a un certo punto starebbero sempre a casa pensava Camilla, ma quella volta non se l'erano ripetuto.

All'inizio era diverso, Fausto e Camilla uscivano spesso, non che avessero più amici, quelli bene o male erano sempre gli stessi ma Camilla non doveva sforzarsi per trascinare fuori il suo uomo e due anni in più erano troppo pochi per considerarsi una vita.

Un certo punto era arrivato senza che quasi se ne accorgesse, le cene, le partite a Burraco, perfino il cinema era diventato troppo noioso. Fausto, dopo una giornata trascorsa in macchina con qualche vestito in più e la speranza di venderne un pò, desiderava solo starsene a casa e rilassarsi con la sua donna, ma Camilla, dopo dieci ore chiusa in ufficio, si rilassava solo quando usciva.

Questa sera la spunta Camilla, che ora si infila una scarpa. <<Ci saranno anche i Ponti>> dice a un certo punto. <<quel coglione mi deve ancora cinquanta euro>> fu la risposta di Fausto.

Finite le scarpe Camilla girò i "tacchi" della sorella e pensò fosse meglio non rispondergli, infondo quella sera aveva vinto lei e questo le bastava. Fausto spense la luce.


Comodino e abat-jour dalla parte di lui, comodino e abat-jour dalla parte di lei.

La parte di lui, la parte di lei.

Guardò i mobili sistemati nel vialetto e rifletteva su questo.

Il cassettone era dalla parte di lei, su questo erano d'accordo fin dall'inizio, poi era colmo dei suoi vestiti, parte dei quali glieli aveva regalati lui, ma adesso certo non poteva chiederli indietro.

Il televisore era dalla sua, perché lei aveva lo stereo e preferiva ascoltare invece di guardare. A lui non piaceva ascoltare, avevamo litigato anche su questo quando lei faceva ancora i lavori.

La sua collezione di tazzine era sopra l'armadio delle posate, vuoto perché quelle erano dalla mia parte, erano un regalo di mia zia Adele.

Il letto non si poteva dividere in due così per il momento restava in mezzo a noi. Ai piedi del letto c'era un tappeto persiano che avevamo comprato in Marocco, adesso era piegato a destra, la mia parte. Lei si era presa il samovar d'argento e il lampadario che a me non era mai piaciuto, mi ricordava la casa di Mongardino, dove passavo le estati coi nonni e mio fratello a studiare e morire di noia, ma lei non lo sapeva altrimenti adesso starebbe dalla mia parte.

La cucina non se l'era presa nessuno, l'avevamo buttata via ad eccezione del microonde, abbastanza nuovo per obbligarmi a lasciarle anche la radiolina portatile che prima tenevamo in bagno. Forse l'avrebbe tenuta sul tavolino di cristallo che si era conquistata in cambio di tre cornici d'argento adesso vuote.

<<Così potrai riempirle con le foto di quella troia!>> mi aveva urlato mentre si trascinava dietro la lavatrice*.

L'avrei aiutata se non si fosse presa anche l'asse imbottito del water. Io sapevo che non le avrei riempite con la donna che adesso stava vuotando la nostra casa, ma lei non lo avrebbe saputo mentre si sedeva confortevole a pisciare amari ricordi. Marika era entrata in mezzo a noi, quando in fondo alla strada, ogni cosa era rimasta al suo posto, è per questo che adesso non l'avrei presa dalla mia parte, perché ormai, dopo vent'anni di matrimonio ci credevo immobili e in fondo alla strada. E adesso invece abbiamo tutti questi mobili in mezzo alla strada. Un po' dalla mia parte, un po' dalla sua parte.


Anche il fratellino di Gimbo era impegnato, per aumentarsi di statura, se ne stava accovacciato sulla sedia con le caviglie sotto il sedere, dal suo barattolo però gli tornava di rinculo una lingua ogni volta meno bianca. Era così occupato il piccolo, che durante l'operazione guardava il fratello con gli occhi felici del bambino più basso.

Dall'altra parte del tavolo, Gimbo cercava di far quadrare i conti che in quarta elementare si erano fatti seri. Ora aveva a che fare con divisioni a tre cifre che gli riportavano sempre più fattori, addendi, mutui, aprendo a numeri naturali e razionali, e le infinite incognite date da calcoli approssimativi. Il continuo raschiare nel barattolo poi non lo aiutava.

<<Piantala non vedi che è finito?>>

Ma fu proprio quando Federico smise che anche Gimbo si accorse di aver raschiato troppo il barattolo, quando l'approssimazione cominciò a tendere troppo verso il bianco fino a confondersi, nascondersi e mangiarsela tutta. Gimbo alzò gli occhi.

Doveva circoscrivere il problema, circoscriverlo più che si può, ma questo non bastava.

Voleva tornare ad essere come Federico, anche lui così piccolo, e per problema un barattolo di yogurt.

Si disse questo ma poi ci ripensò subito, non aveva senso rifare tutto da capo, e poi era irregolare.

La prima, la seconda, le terza e poi la quarta.

Cosi' riabbasso' gli occhi, che sembravano concentrati come quelli di papa', prese i suoi problemi e si sedette a capotavola. Dove mangiava papa'.

Federico allora, con gli occhi più felici, si sedette all'altro capo del tavolo e fece la mamma.


Il tavolo da pranzo è dalla mia parte.

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 21, 2021 ⏰

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