Terza Parte

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Capitolo 25°

Al rientro in patria, mentre i superstiti si diressero per il rientro alle loro case, Marco si recò alla "Casa Madre", per presentare il suo rapporto.
Quando arrivò in sede, Bruno gli andò incontro, prese il rapporto che Marco gli porgeva e lo pregò di attendere nel salotto. Marco lo vide entrare nell'ufficio di Omega. Rimase in attesa per circa un'ora, durante la quale i suoi pensieri tornarono sul luogo della missione. Riesaminò con la mente tutte le varie fasi, chiedendosi se o dove aveva sbagliato. Forse, pensava, doveva mettere qualcuno di guardia alla porta della Capitaneria, affinché intervenisse subito, prima che il militare avesse dato l'allarme. Non si dava pace per gli uomini che aveva perso, forse a causa della sua incompetenza. Un rivolo di sudore freddo gli scese lungo la schiena, mentre si chiedeva cosa avrebbe deciso, per lui, l'ammiraglio. Come poteva giustificare la perdita degli uomini in combattimento? Era necessario lo scontro a fuoco con i libici? Poteva evitarlo? Ma erano domande a cui non riusciva a dare una risposta soddisfacente.
Bruno uscì dall'ufficio dell'ammiraglio e gli fece cenno di entrare. Marco si fece coraggio ed entrò nell'ufficio.
Omega era chino sulla sua scrivania. Passarono alcuni minuti prima che Omega rivolgesse lo sguardo su di lui. Marco si sentì subito a disagio, non sapeva cosa fare o dire.
- Si sieda pure signor Gregori. Dunque le cose sono andate proprio come lei le ha descritte?
- Sissignore! Mi dispiace per....
Omega lo bloccò subito.
- Il suo dispiacere è irrilevante. Ciò che conta è che abbiamo perso quattro validissimi elementi. Quattro uomini su dieci, se ne rende conto? Doveva essere una missione facile ed incruenta. Ma voglio pensare che è stata solo una fatalità, per quanto è successo, non imputabile a lei. Quello che voglio ora da lei è che dimentichi subito quanto è successo, senza lasciarsene condizionare in futuro. Poteva succedere anche a lei di rimanere ucciso o ferito, oppure la missione poteva essere un fallimento. Grazie a Dio, così non è stato. Sono convinto che questa esperienza le gioverà in futuro, quindi le auguro di passare un bel periodo di riposo con la sua famiglia, in fondo se lo è meritato. Può andare, signor Gregori.
Marco s'inchinò ed usci dall'ufficio. Bruno era fuori ad attenderlo, vedendo il suo viso buio e preoccupato, gli diede una pacca sulle spalle dicendogli:
- Marco, che ti prende? Sei stato bravissimo nella guida della missione. Meglio di così non si poteva fare, allora perché quella faccia?
- Non credo che Omega la pensi come te. Se ancora non lo sai, ho perduto quattro uomini in una missione dove doveva andare tutto liscio come l'olio. I tre che ho lasciato in retroguardia, chissà che fine avranno fatto, per proteggere la nostra fuga. Non riesco a dimenticare Samuele, Franz e John, mi sento in colpa per loro!
- Stai tranquillo, sono ex legionari. Sanno benissimo come cavarsela, il Nord Africa è quasi casa loro. Ci hanno vissuto dieci anni.
- Questo mi consola, ma non del tutto. Potrebbero essere stati uccisi tutti e tre. Ora me ne vado a casa. Chissà quanto tempo avrò a disposizione per rimanere con la mia famiglia!
- Minimo dieci giorni. Vedrai che col tempo ti sentirai meglio. Salutami la signora!
Marco uscì dalla "Casa Madre", un po' frastornato, e si diresse finalmente a casa sua.

Capitolo 26°

Durante il viaggio di rientro a casa, Marco non riusciva a darsi pace. Era tormentato dal dubbio di non aver agito per il meglio. Davanti a se rivedeva i volti degli uomini che non c'erano più, soprattutto pensava a Samuele, che aveva voluto sacrificarsi per consentire a lui ed agli altri di mettersi in salvo. Avrebbe fatto lo stesso, al posto suo? Era una domanda a cui era difficile rispondere, considerando l'attaccamento alla sua famiglia, quindi la sua voglia di vivere. Anche il tono dell'ammiraglio, quando gli aveva fatto notare la gravità delle perdite, sembrava accusarlo di incapacità. Poi, col tono più blando, gli aveva fatto capire che l'importante era la riuscita della missione, che mirava al recupero di quei documenti segretissimi. Ma l'ammiraglio avrebbe continuato ad avere fiducia in lui? Lui aveva accettato questo lavoro, non aspettandosi certo di essere messo al comando di una squadra, quindi sarebbe stato soddisfatto anche facendo parte di una squadra, come uno dei tanti, poiché non aveva più voglia di assumersi certe responsabilità. Facessero altri i comandanti di squadra, meglio non avere la responsabilità della vita altrui. Era tentato addirittura di lasciare l'organizzazione, ma bastava pensare a quello che aveva patito in un lavoro cosiddetto "civile", perché si rafforzasse in lui la volontà di continuare nell'ambito dell'organizzazione. Del resto, si consolò, aveva ragione Bruno: quello che era successo era dovuto unicamente alla sfortuna, lui non aveva alcuna colpa.
Appena arrivato a casa, Anna gli corse incontro. Si abbracciarono in silenzio, poi Marco si staccò dall'abbraccio e fissò sua moglie:
- Dio mio, quanto mi sei mancata!
- Anche tu...tanto!
Si accomodarono nel soggiorno, rimanendo abbracciati sul divano.
- Le bambine?
- Sono uscite con le loro compagne di scuola, stai tranquillo, con loro c'è una delle mamme che le controlla. Come è andata la trasferta?
- Benissimo, abbiamo fatto ottimi affari.
- Chissà quante belle donne avrai conosciuto...
- Si, molte...ma preferisco te, amore mio!
- Ah, bravo! Poiché non ti hanno soddisfatto, ora torni da me?
- Stupidina...Visto che siamo soli, che ne dici di...eh?
Sorridendo, si alzarono e si diressero nella loro camera da letto. Marco si scatenò nell'amplesso, come se volesse affogare tutti i tormenti della sua anima in pena.
Dopo una decina di giorni di felicità coniugale e famigliare, Marco era ormai rilassato, non aveva più i pensieri che lo avevano tormentato.
Una mattina, dopo aver fatto colazione ed aver accompagnato le figlie a scuola, tornò a casa, si sdraiò sul divano a leggere il quotidiano ed a sorseggiare un succo d'arancia che Anna gli aveva amorevolmente preparato. Quando il telefono squillò, Marco scattò subito in piedi, dicendo ad Anna:
- Lascia tesoro, rispondo io
Anna lo seguì con lo sguardo preoccupato. Doveva forse già ripartire? Udì la voce del marito al telefono:
- Pronto...si, sono io...d'accordo, vengo subito.
Marco riattaccò il telefono e rimase qualche secondo a fissarlo, poi, con aria preoccupata, si diresse in camera per vestirsi. Anna lo seguì:
- Che fai?...chi era?
- Un collega. Anna, devo uscire, non preoccuparti, non farò tardi. In ogni caso vai a dormire tranquilla, appena posso ti raggiungo.
Detto questo Marco, finito di vestirsi, scese in strada, dirigendosi verso un albergo vicino casa. Entrato nella "Reception", domandò all'impiegato dove doveva andare. L'impiegato, accertata la sua identità, gli indicò le scale e gli diede il numero della camera dove doveva recarsi. Marco, salita una rampa di scale, si fermò davanti alla porta contrassegnata da quel numero e bussò tre volte, come gli era stato ordinato. Una voce dall'interno della camera, lo invitò ad entrare e Marco si ritrovò faccia a faccia con Bruno, che sorridendo lo invitò ad accomodarsi, mentre preparava un drink. Marco cominciò ad agitarsi, si accomodò su una poltrona e fissò Bruno con apprensione.
- Caro Marco, non hai una bella cera!
Marco fece un sorriso forzato, poi gli rispose con un tono cupo:
- Non siete soddisfatti di come ho condotto la missione, vero? Quasi la metà degli uomini morti o dispersi...avanti, qual è la sentenza?
- Assoluzione piena, caro amico. Poteva succedere a chiunque quello che è successo alla tua squadra. Nemmeno Omega aveva previsto un eventuale intervento dei militari libici. Alle volte ciò che si studia a tavolino è pieno di lacune. Non si possono prevedere tutti gli imprevisti che in realtà accadono. Ciò che conta, quindi, è il risultato...ti è andata bene, hai fatto guadagnare parecchi soldi all'organizzazione.
- Già, lì non era come le esercitazioni a cui eravamo abituati. Qui ci si ammazza sul serio! Quei poveretti...tutti morti!
- Piantala con questi piagnistei, perdio! Sapevano tutti a cosa andavano incontro. Sono stati solo più sfortunati degli altri. Dispersi, comunque, non ce ne sono: Samuele e Franz si sono messi in contatto. Ce l'hanno fatta e stanno rientrando. Come vedi, non è stata così catastrofica la tua missione.
Marco non credeva alle sue orecchie. Scattò in piedi esultando:
- Finalmente una bella notizia! Sono felicissimo...ma John?
- Non ce l'ha fatta. Si è sacrificato per permettere ai compagni di fuggire. D'altronde era ferito gravemente...non ce l'avrebbe fatta comunque.
- Poveraccio...era inglese?
- No, americano, del Texas. Ma io sono qui per darti un annuncio: fra tre giorni si parte. Stavolta si va lontano...in Iran. Sarà un'azione combinata con gli agenti dei servizi segreti alleati.
- Addirittura! Ma che è scoppiata la guerra?
- Poco ci è mancato, dopo l'assalto all'ambasciata americana a Teheran. Per fortuna, invece delle forze armate, mandano i servizi speciali di cui noi facciamo parte. Ci sono poi dei contenziosi che non si riescono a risolvere diplomaticamente, specie con i tipi particolari come Khomeini, che ora governa laggiù. Non vogliono pagare delle forniture che gli U.S.A. avevano venduto loro, poco prima della caduta dello Scià.
Bruno estrasse una busta dalla tasca interna della giacca e la porse a Marco.
- Con questi soldi la tua famiglia starà bene e senza problemi per un bel pezzo.
- Certo, grazie. Meno male che non sanno in che vespaio mi sono cacciato!
Bruno si accomiatò dicendogli:
- Ora devo andare...Tu rimani qui, in attesa di disposizioni.
Sorrise e ammiccando uscì, strizzando l'occhio a Marco che lo guardò interrogativamente. Ma Bruno si allontanò senza dare spiegazioni, allora Marco si sedette sulla sponda del letto, cominciando a fantasticare sulla missione in Iran.
Mio Dio - pensava - cosa diavolo andiamo a fare laggiù?
Sentì bussare alla porta i tre colpi convenuti.
- Avanti, è aperto!
Entrò una giovane donna, molto avvenente, che gli sorrise, chiuse a chiave la porta e si accomodò sul letto, vicino a lui.
- Ciao Marco, io sono Angela, una tua collega.
Marco rimase a bocca aperta, poi, ripreso il controllo, seppur incredulo davanti a quella visione, mormorò:
- Salve...ma che ci fai qui?
Angela, continuando a sorridergli, cominciò a sbottonarsi il tailleur. Marco la osservò sbalordito:
- Ma che stai facendo? Che significa tutto questo?
Angela, quasi nuda, gli mise una mano sulla spalla, per farlo stendere.
- Tesoro, non masturbarti il cervello cercando una spiegazione...non è il caso credimi. Devo rimanere qui con te questa notte, in attesa di disposizioni, come te...Beh, pensavo che...tanto vale, rendiamo piacevole l'attesa. Ma se non vuoi...
- Accidenti! Sei splendida...è che...non so, forse sto sognando!
Angela si avvicinò e si sdraiò stretta a lui. Cominciò a baciarlo con passione sulle labbra, poi si scostò e sorridendo gli chiese:
- Pensi ancora che sia un sogno?
Marco per un attimo, pensando alla moglie, ebbe una crisi di coscienza, ma Angela continuava a spogliarlo, baciarlo ed accarezzarlo in tutto il corpo. Aiutò Marco a liberarsi degli ultimi indumenti ed ambedue si avvinghiarono in un amplesso voluttuoso. Marco non ragionava più, si scatenò nell'amplesso, quasi volesse annullare tutti i suoi problemi e le sue preoccupazioni. Provò tutte le posizioni, guidato da Angela, insaziabile del piacere sessuale che la donna gli procurava.
Quando raggiunsero l'acme del piacere, si abbandonarono supini sul letto. Angela lo baciò sui capezzoli, poi scese con i baci sempre più giù, fino ad arrivare con le labbra sul suo sesso: Marco sospirava di piacere, mentre accarezzava i capelli di Angela.
- Oh....Anna!
Angela si sollevò dal corpo di Marco e lo fissò:
- Tesoro, mi auguro che quando farai l'amore con tua moglie, non invocherai, sospirando, il mio nome!
Marco rimase mortificato da quella gaffe:
- Scusami Angela...ti prego, non offenderti. Sei meravigliosa, non ho mai provato un tale piacere nemmeno con mia moglie...è che non l'ho mai tradita, ma forse perché non avevo mai incontrato una donna come te. Io amo molto mia moglie, ma con te...è differente...non so spiegarmi...
- Okay, non preoccuparti. Adesso rilassati, non pensare a niente...io sono il tuo amore per questa notte, non importa come mi chiami.
Angela accarezzò il volto di Marco, poi lo abbracciò e lo baciò con tenerezza. Marco ricambiava, con foga, ogni suo bacio.
- Angela, non avevo mai fatto all'amore così...è stato bellissimo! Mia moglie invece...devo mandargliele tutte dritte, altrimenti rimane fredda ed indifferente come una statua.
- Lo so...lo so. E' il guaio di tutte le mogli: prima ti amano pazzamente, una volta sposate ti amano a condizione che...
- Io amo mia moglie, ma con te, te lo ripeto, è diverso, mi fai sentire un vero uomo. Voglio rivederti, ormai ti ho nel sangue.
- Povero cucciolo, sei tanto tenero! Chissà? Forse ci rivedremo, ma ora dormi, riposa: Domani è un altro giorno.
- Cielo! Devo telefonare a casa, per avvisare che non rientro!
Marco chiamò Anna per dirle che era ospite dell'azienda fino all'indomani:
La mattina dopo, di buon ora, si alzarono e Marco notò due buste che qualcuno aveva infilato sotto la porta. Una portava la dicitura BETA l'altra GAMMA. Si volse verso Angela dicendole:
- Una busta è per BETA, che sono io. L'altra è per una certa GAMMA, ma chi è?
- Dammela, sono io.
Aprirono le buste. Marco lesse la convocazione per l'indomani alle ore 09.00 nella sede della Casa Madre. Lo riferì ad Angela, che rispose:
- Io devo andare a Palermo.
- Palermo? Che ci vai a fare lì?
- Non lo so. Riceverò istruzioni sul posto.
I due si prepararono per uscire. Marco non riusciva a capacitarsi del fatto che forse non avrebbe più avuto occasione di rivedere Angela. Poi capì che era meglio così, meglio dimenticarla, per non creare problemi in famiglia.
Si diedero l'ultimo bacio, ed ognuno andò per la sua strada.

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