Capitolo 1

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La mattina dell' 11 Giugno mi svegliai alle 10:30. La sera prima avevo guardato un film di fantascienza ed ero stata sveglia fino alle 04:00.
Avevo molto sonno, ma mi dovevo alzare, altrimenti avrei dovuto rinunciare al latte e alle brioches.
Nonostante questo mi sentivo felice, perché era finita la scuola. Per 3 mesi niente zaini e cartelle di 17 chili, niente verifiche o interrogazioni, e niente sveglia alle 07:40.
Ma quando arrivai in cucina, qualcosa mi cambiò completamente l' umore. Da molto tempo avevamo una casa in campagna, una casa con piscina, frutteto e davanti un boschetto. Lì avevo passato quasi tutte le Estati che mi ricordo della mia infanzia. Mi divertivo come una matta con mio fratello e i miei cugini ad arrampicarmi sugli alberi, nuotare al sole, e fare le gare di coraggio in cui bisognava andare nel bosco di notte e senza torce.
Be', quella casa era stata affittata per tutta l' estate, e forse in seguito sarebbe stata venduta. Non era affatto una delle mie cose preferite, perché mio padre mancava tutti i giorni per andare ad aiutare e a spiegare, non avremmo potuto andarci neanche gli ultimi giorni di vacanza e per finire spesso i turisti sono antipatici, e se hanno i bambini ci rubano le bici.

Papà: Oggi vado a conoscerli. Sono Americani.
Io: Tanto vale che venga anch' io. Oggi sono libera, e gli Americani mi incuriosiscono.
Mio fratello: uuuuuuh, magari sono parenti di Jaaace...
Io: Smettila scemo. Non impicciarti.
Alle 05 di pomeriggio ci dirigemmo verso la campagna in macchina. Non è un tratto lunghissimo, ma durante quel tempo ripensai a ciò che aveva detto mio fratello. Ma che, c' è lo 0,001 delle probabilità. Non ti fare sogni, che poi rimani delusa.

Appena scesi dall' auto, mio babbo suonò il campanello, e un signore in ciabatte venne ad aprirci il cancello.
Papá: Hello. My name is Enrico.
Io pensavo: ecco come sempre. Ora cominciano a parlare in inglese e io non ci capisco un' acca.
Signore: Tranquillo signor Enrico. Ho imparato l' italiano. Comunque, io sono Norman.
Io: porcacc...babbo ho freddo, entro in auto.
Dissi mentre lentamente cominciavo ad arrossire e l' adrenalina mi saliva dalla pancia.
Mio padre: ma non ti va di conoscerli?
Disse mentre il signor Norman mi sorrideva. In quel momento arrivò Henry, il cane di Jace, che attaccò ad abbaiare come un forsennato. Arrivò anche Glory, incuriosita.
Nei miei pensieri: capperi amari, non mi posso tirare indietro.
Io:s-si, cioè no... cioè ma-magari un salutino...
Nella mia testa succedeva un casino:  Che fai, balbetti? Be' in fondo non è un problema, ho detto di avere freddo..Pensi o no a che figura ci fai?  Ma è la nostra casa in realtà...Che c' entra, ora ci sono loro...Lasciamo perdere...
Finalmente riuscì a parlare:
Si va...va bene, cioè no....emmhh....si...va bene, scusate l' indecisione.

Volevo scomparire. Però pensavo: ormai è andata. Mi sentivo le gambe di mozzarella. Non riuscivo a camminare. Mi appoggiai alla parete in pietra della casa.
Passammo dal retro della casa e vidi che davanti alla piscina c' erano due sdraie occupate ovviamente da due persone, che però erano di spalle.
Feci un rapido calcolo: se Glory e il signor Norman sono con noi...Jace è o sulle sdraiette oppure è in casa...
Non riuscivo a crederci: lui si trovava in Italia a qualche metro da me!
Mi venne a mancare il respiro e cominciai a tossire.

Le cose peggiorarono.
Mio padre disse: il signore mi ha detto che c' è un problema con la piscina.
Vado con lui a vedere. Tu entra in casa, così se hai freddo....
Io:ma no, non....non ho freddo. In realtà sì però, insomma....un po'! Non so perché ma sentivo che Jace era in casa.
Mio padre: va bene, decidi tu allora.
E cominciò a parlare con il signor Norman.

Ebbi una forte indecisione, ma anche se la mente voleva che andassi alla piscina, le gambe presero la strada per la casa, e in silenzio mi avviai sul prato.








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