Click. Il rumore della chiave che veniva inserita all'interno della serratura fece eco per tutta la stanza buia, illuminata soltanto dopo che Cesare poggiò l'indice sull'interruttore della luce. Si era fatto davvero tardi: tra l'evento a cui erano stati invitati e la cena che lo susseguì in compagnia dei vari "colleghi" di Youtube, entrambi i ragazzi finirono per perdere completamente la percezione del tempo.
Fu nel momento esatto in cui il giovane dai capelli ricci estrasse il proprio cellulare dalla tasca che i due scoprirono effettivamente l'ora corrente.«Accidenti, sono le due passate!» esclamò Nelson, ottenendo come risultato l'immediato richiamo dell'amico, che si era portato l'indice sulle labbra come a dirgli di fare meno chiasso. Sebbene quello potesse sembrare un atto di cortesia verso i clienti dell'albergo che sicuramente avrebbero voluto dormire piuttosto che sentire i loro schiamazzi, il suo era stato più che altro un favore fatto a se stesso: aveva decisamente alzato troppo il gomito quella sera, e l'ultima cosa di cui le sue orecchie necessitavano era un qualsiasi suono che non fosse quello del silenzio.
Si recò in bagno a sciacquarsi il viso, restando poi per un paio di minuti buoni con la testa china sul lavandino.
Dall'altra parte della camera, invece, un Nelson parecchio assonnato si apprestò ad indossare il pigiama, che consisteva banalmente in una t-shirt bianca e un paio di boxer; sorprendentemente, nonostante fosse già novembre inoltrato, le temperature di Roma non erano affatto basse.
Una volta cambiatosi, si accorse che il cugino non lo avesse ancora raggiunto. Cesare non era tipo da apprezzare un qualsiasi tipo di relazione umana nei suoi momenti di sbornia, nonostante questo Nelson non si fece problemi ad andare da lui per accertarsi che non si fosse addormentato con la testa sotto l'acqua.«Cesi?» spinse leggermente la porta socchiusa del bagno, trovandosi davanti un Cesare con il gomito appoggiato sulla superficie dello specchio e la mano a reggersi la fronte; gli occhi chiusi.
«Cosa c'è?» disse, il tono seppur leggermente svogliato non era scontroso o quant'altro.
«Te lo avevo detto che accettare la scommessa di Mirko non avrebbe portato a nulla di buono, guarda un po' come sei ridotto.»
Avanzò verso Cesare, posandogli una mano sulla spalla, ancora coperta dalla giacca.
«Cambiati e vieni a letto, sicuramente un po' di riposo ti farà bene. Oppure preferisci rimanere qui a dormire in piedi come i cavalli?»Alle parole del cugino, Cesare non poté fare a meno di accennare un sorriso, aprendo finalmente gli occhi per guardarlo.
«Ho paura che la prima cosa non riuscirò a farla da solo, mi dai una mano tu, fratellone?»
Ora quello sul suo volto era a tutti gli effetti un sorriso, seppur malizioso.
Il ragazzo davanti a lui roteò gli occhi, ormai era fin troppo abituato alle battute di Cesare, anche se in quel momento era messo talmente male che non si sarebbe stupito se non fosse riuscito a togliersi nemmeno le scarpe.Contro ogni aspettativa, il palestrato riuscì a entrare in modalità "notte" e a toccare finalmente il materasso, proprio come fece Nelson nel letto accanto al suo.
Al contrario di quest'ultimo, però, Cesare non riuscì a prendere sonno.Se ne stava sdraiato su un fianco, con gli occhi puntati sulla finestra, seppur le tende non gli permettevano di vedere cosa ci fosse dall'altra parte; nulla, probabilmente. Forse soltanto la luna che vegliava sulla città addormentata.
Si strinse nelle spalle, per motivi non legati al freddo, e iniziò a pensare.
Perché? Per quale motivo aveva accettato di divenire schiavo dell'alcohol quella sera?
Per quale motivo aveva sentito la necessità di non pensare più a nulla e liberare la mente?
Fece vagare lo sguardo intorno a lui: prima sul comodino a fianco al letto, poi nuovamente sulle vetrate da cui finalmente iniziarono a filtrare i primi raggi lunari, agevolando così la visibilità; si girò sulla schiena, l'attenzione ora era rivolta al soffitto, poi sul lampadario; ancora una volta steso sul fianco -questa volta quello destro- e fu in quel preciso istante che riuscì a trovarlo: trovò il motivo di tutta quella confusione, di quella tristezza, di quell'ansia che lo opprimeva ormai da mesi. Lo trovò, finalmente.
Nelson aveva il viso rilassato, il petto che si alzava e abbassava ad ogni respiro, le mani congiunte sopra il cuscino intente a sorreggere la testa; era come vedere la personificazione della pace. Una pace che però, Cesare non avrebbe mai posseduto.
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Celson Coffee
FanfictionUna raccolta di One Shot Celson da leggere insieme ad una tazza di caffè🍵