Chi dà luce rischia il buio

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Accesi la luce e mi sedetti. Presi un foglio e con delicatezza presi la penna come non ci fosse niente di più naturale da fare.

Era la terza volta che provavo a chiamarti, ma fu come sempre la voce della segreteria telefonica a rispondermi. Non sapevo dov'eri, né che cosa stessi facendo, ma in un certo senso nemmeno io avrei saputo rispondere a quelle domande se me le avessero poste. Non sapevo a quale punto della vita mi trovassi, insomma. Mi tornavano in mente cose del mio passato che non mi lasciavano respirare. Avevo una fitta al petto, lo stomaco chiuso e la gola secca, come se le parole mi avessero prosciugato la saliva. Vedevo immagini del nostro passato, scene del nostro futuro, attimi che non avevamo mai vissuto. Forse perché tu non ci sei mai stata realmente, forse perché stavo cominciando a delirare, forse perché stavo cominciando a perdermi.

Quel giorno mi saresti piaciuta anche coi capelli scompigliati, con un filo di matita e le guance rosse per il freddo. Mi saresti piaciuta anche se avessi avuto le mani fredde, congelate, ti avrei mostrato che il mio cuore è abbastanza grande da poterle riscaldare, che la bellezza non si misura in base al tipo di jeans che porti, che le scarpe firmate non fanno di te una persona interessante e che leggere un libro una volta ogni tanto non fa di te una persona noiosa. Mi saresti piaciuta e basta, perché quando senti le farfalle nello stomaco non è una semplice circostanza, ma è realtà, è sostanza. Tu non lo potevi sapere, ma neppure io ne ero in grado. Non sono mai stata in grado di decifrare le cose.

Lasciai il foglio intonso perché non sentivo più niente, lui mi rappresentava.

2020Where stories live. Discover now