II - Il valore della bellezza

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Ti era bastato scorgere solo la facciata dell'hanok per capire che il tuo nuovo signore non era solo ricco, ma anche un vero e proprio intenditore in fatto di arte.

Per tutto il viaggio la tua fedele maestra So-yon non aveva fatto altro che parlarti delle sue grandi qualità, di quanto fosse potente in quella provincia, quanti ettari di terreno possedeva e quanti servitori lavoravano al suo servizio.

L'avevi ascoltata attentamente, apprendendo ogni singola nozione sulla vita di quell'uomo del quale avevi visto il volto solo in un dipinto, pochi giorni prima della tua partenza.

***

Quel giorno So-yon entrò nella tua stanza con un grosso sorriso stampato sul suo viso leggermente rigato dall'età.
Eri accovacciato a terra, intento a copiare su della pergamena pulita una poesia che tu stesso avevi composto. "Il giglio", recitava il titolo.

Per un momento supponesti che So-yon fosse lì per ascoltarla, come era solita fare, seduta su un piccolo sgabello nell'angolo della sala. Invece quella volta entrò in silenzio, chiudendosi alle spalle la porta scorrevole, e rimanendo lì, in piedi, a fissarti senza parlare.

«Ho composto una nuova poesia oggi, vuoi ascoltarla?» annunciasti, rompendo finalmente quel silenzio che durava da troppi secondi.

Lei continuò a guardarti per un momento, uno soltanto, poi abbassò lo sguardo, scuotendo la testa.
«Non oggi, Jimin. Oggi è una giornata importante,  perciò dovrai prestare ascolto a ciò che ti dirò»

Poggiasti a terra il pennello, alzando lo sguardo e sedendoti a schiena dritta. Nella tua mente cominciarono a vagabondare numerosi pensieri: avevi fatto qualcosa di sbagliato? Qualcuno si era lamentato di te?

Ripercorresti indietro con la mente l'ultima settimana: tutto era scivolato tranquillo, giorno dopo giorno, lezione dopo lezione.

«Ho fatto qualcosa di male, So-yon?» mormorasti piano, avevi quasi paura di sentire la risposta.

Di rimando, la donna scosse la testa sorridendo e scoppiando in una piccola risata.
«Oh, cielo! No, fiorellino, nulla di male. Oggi è una giornata importante perché presto dirai addio alla tua purezza».

Fredda. Concisa.
"Purezza" era come So-yon chiamava la verginità.

Spalancasti gli occhi, gelandoti direttamente sul posto.
Era arrivato il momento, il tempo preciso in cui avresti salutato la vita di fanciullo per entrare ufficialmente in quella da uomo adulto, maturo.

«La mia purezza...» mormorasti a denti stretti, quasi incredulo.

A spezzare quella tua frase a metà fu di nuovo la voce della donna.
«Dovresti esserne felice, fiorellino. Chi l'ha comprata è un uomo dalla grande ricchezza, un nobile. Ha saputo di te e ti ha voluto subito» continuò So-yon, accucciandosi vicino a te.
Ma tu non rispondesti, ti limitasti ad abbassare il viso, in silenzio, annuendo.

«Farò onore alla nostra casa...» mormorasti intrecciandoti le mani. Era un movimento che facevi spesso quando eri nervoso: «Tornerò qui vittorioso».

Poteva essere un buon compromesso: la tua purezza per l'onore e la gloria. Alla fine avevi aspettato tutta la tua vita per quel momento, quello soltanto.

So-yon ti mise le mani sulle spalle facendoti alzare il volto. Fu un movimento dolce, quasi materno.
«Non tornerai qui. Ti ha comprato, Jimin. Non solo la tua verginità, ha comprato proprio te».

Le sue parole ti colpirono come uno schiaffo in pieno volto.
Non tornerai qui.
Sembrava quasi una minaccia.
Non era vero, non poteva essere vero.

Vendere la tua verginità al miglior offerente era una certezza a cui ti eri abituato negli anni... Ma mai ti era saltata in mente la possibilità che qualcuno avrebbe potuto pagare per averti in esclusiva, strappandoti da casa tua. Per sempre.

«Ma la mia casa è qui...» mormorasti piano, alzando i tuoi occhi color del cielo per incontrare quelli seri e scuri della tua maestra.

So-yon era esattamente ciò che saresti voluto diventare tu da grande: un maestro di piacere. Ti sarebbe piaciuto insegnare alle nuove kisaeng l'arte dell'amore e del piacere, le avresti viste crescere da bambine a donne. E nella tua scuola avresti aperto le porte a più ragazzi come te, delicati e femminei, con un segreto ben lontano da quello delle donne, celato sotto la biancheria, ma ugualmente desiderato da numerosi uomini.

«Non essere sciocco, è un grande onore per la nostra casa. Ho rifiutato così tante offerte per la tua purezza in passato perché sapevo sarebbe giunto questo momento, quello in cui qualcuno avrebbe capito la tua bellezza e le tue potenzialità. Ti ha comprato al prezzo più alto di tutta la provincia, Jimin» esordì la donna, spezzando a metà i tuoi pensieri e sogni.

Si alzò bruscamente, lasciandoti inerme per terra con la mente spoglia e il cuore distrutto da una verità impossibile da digerire.

«Partirai fra due giorni. Prepara le tue cose, le sarte verranno nel pomeriggio a cuciti un nuovo abito per l'occasione» tagliò corto So-yon.

Poi aprì la porta della tua stanza ma esitò nel momento in cui fu sulla soglia. Si voltò a guardarti solo un attimo, sussurrando: «Jimin, mio amato fiore, questo è il miglior futuro che io ti possa offrire»
E rimanesti lì, solo.
A piangere in silenzio.

***

A riportarti al presente furono i tamburi della vostra compagnia, forti e assordanti nel momento in cui varcarono l'entrata dell'hanok.

Anche l'interno era perfettamente curato, dalle piante in fiore, agli alberi, fino ad arrivare ai muri e al ciottolato che ti accompagnava, passo dopo passo, verso quella che sarebbe diventata la tua nuova casa.

Sentisti un cavallo avvicinarsi alla tua portantina e una mano chiara alzare la seta della tendina. Doveva essere sicuramente So-yon.
«Mettiti la maschera. Adesso» incalzò la donna, indicando l'oggetto ai tuoi piedi.

Già, ti eri quasi dimenticato l'importanza della maschera e dell'effetto sorpresa sotto di essa.

La afferrasti, rigirandotela qualche secondo fra le mani: era leggera, fatta interamente in madreperla, liscia e levigata alla perfezione.
Un privilegio che nessun altro o altra kisaeng della tua provincia si era mai potuto permettere per la sua prima notte d'amore.

Erano state disegnate tre lunghe ciglia nere, sopra e sotto, a contornare gli occhi mentre le labbra erano state colorate di rosso acceso.

Il colore del sangue, della purezza strappata, della lussuria.
Quella maschera era un invito a possederti.

A contornare e rendere quell'oggetto ancora più prezioso erano i due cerchi rossi disegnati sotto gli occhi disegnati - a significare il rossore delle guance - e un altro cerchio, sulla fronte. Tutti erano stati ugualmente impreziositi da piccoli rubini.

Per legarla dietro la testa ti erano stati donati due nastri porpora, uno per ogni parte, in finissima seta pregiata.

La mettersi in un attimo e ti sorprese quanto risultasse fredda a contatto con la pelle del tuo viso. Era bollente per colpa del rossore.

Era innegabile nascondere l'ansia e il dispiacere per l'arrivo.
Ma ormai era troppo tardi per qualsiasi tipo di indugio.

𝓛𝓪 𝓵𝓮𝓰𝓰𝓮𝓷𝓭𝓪 𝓭𝓮𝓵𝓵𝓮 𝓯𝓪𝓵𝓮𝓷𝓮 {jikook au} Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora