2 ♣ Mila

1.3K 89 38
                                    


«Allora, Mila, ti spiego brevemente.»

L'infermiera, giovane, carina, prosperosa proprio come nella foto su Insta, fa il giro della cucina e mostra il frigorifero, «Questo è da sbrinare più o meno dal 1999, perciò ti suggerisco di non usare per nessuna ragione il freezer, se lo apri rischi che ti sputi addosso ghiaccio e acqua fino ad annegarti.» Indica il forno, «Questo ventilato non funziona più, solo grill, ma quando lo usi stacca la lavatrice sennò salta la corrente e poi bisogna scendere nelle cantine per riattivarla». Va verso la porta, «Il televisore del salone si guarda a turno. Domani sera tocca a te. E il telefono è staccato, usa il cellulare. Non abbiamo wi-fi in casa. Usa i dati».

Per la prima volta faccio un commento: «Niente wi-fi? E io come studio?».

L'infermiera, come cavolo ha detto di chiamarsi?, non fa una piega: «Scendi qua sotto al Bar, hanno una sala dove tutti vanno a studiare, e internet è libero. Non c'hanno mai personale, quindi puoi pure fregarti le ore e le consumazioni, manco se ne accorgono». Poi mi fa l'occhiolino e si infila una felpa. «Se non ti serve altro, io vado a lavorare. Mi rivedi domani, faccio il turno di notte. Tra un'ora torna dall'università Martina, verso mezzanotte rincasa Mauro dal Pub, e quando capita e se capita da luoghi ignoti si manifesta Samo, cioè Samuele.»

«Loro lo sanno che da oggi vivo qui?»

L'infermiera risponde in marcia dal corridoio: «Tutti tranne Samo. Ma tranquilla, quello non sa neanche quando è nato. Ciao, a domani!».

La porta sbatte e resto immobile col trolley accanto e una casa nuova da spiare.

Se l'infermiera è stata precisa, ho un'ora di tempo per farmi gli affari loro.

Mi metto subito in moto e apro la prima porta: questa deve essere la stanza della studentessa, Martina. Cuscini rosa a forma di cuore, mio Dio, coperte fucsia, lenzuola lilla, ma che problema ha? Scrivania invasa da libri impilati e fogli sparsi, mi pare che studi lingue. Mi avvicino. Sì, infatti è roba in francese e in tedesco. Richiudo in rapidità e mi affaccio sulla seconda porta. Sembra la camera dell'infermiera, su un ripiano sono accatastati manuali medici e c'è un poster attaccato al muro, il poster di Luis Miguel. Non so chi diavolo sia Luis Miguel, ma di sicuro è la stanza della tipa. Terza stanza, pare quella di un soldato con la branda e il letto rifatto al millimetro, il cuscino arrotolato come un salame, due bilancieri sul pavimento, sì, deve essere la camera di uno dei due inquilini, non saprei dire se del pubbista o di quello che proviene dall'ignoto. Ultima stanza, resto immobilizzata sulla porta: questo è di sicuro un mezzo artista. E non si lava. Il disordine regna sovrano. Una chitarra classica sul letto disfatto, lenzuola sporche appallottolate, avanzi di cibo cinese per terra, una scrivania zeppa di manga e racconti dell'orrore e per qualche strano motivo due manuali di diritto penale. Attaccato a un gancio al soffitto c'è un sacco da boxe che pende, e ci sono guantoni e magliette e camice lanciate per aria, una è finita sulla maniglia della finestra. Sarà quel Mauro, quello che lavora al Pub? Mah.

La porta di casa fa un botto.

Salto un battito e sguscio fuori in velocità.

La tipa, evidentemente la Martina che torna dall'università e che ha mezz'ora di anticipo sul pronostico, mi intercetta in corridoio.

Si fa avanti a braccio proteso e palmo aperto: «Ciao! Sei Mila? Io sono Martina, piacere».

Tipa allegra, belle labbra, capelli a caschetto tipo quella de 'Il tempo delle mele', come si chiamava? Già mi ispira. Peccato per i cuscini a cuore e le lenzuola viola, poteva starmi simpatica, ma con queste credenziali la studio guardinga.

Dieci minuti dopo siamo in cucina e lei si prepara un tè alla menta che mi offre e che rifiuto sonora: per capirà, alla menta?

Poi si siede e parla, parla, parla a raffica del suo indirizzo universitario, di quanto le lingue oggigiorno siano fondamentali, e poi di questa casa che crolla a pezzi ma servono soldi per fare riparazioni e il proprietario è uno spilorcio. Dice anche lei che non devo usare il freezer e che non posso accendere il forno insieme alla lavatrice e che la televisione si guarda a turno. Alla fine si placa e sorseggia, con buona pace dei miei timpani.

Poi i suoi occhi mi scrutano dal margine della tazza che porta alla bocca con due mani.

«Tu cosa studi?»

«Studio psicologia», dico sintetica.

Lei alza le sopracciglia in una smorfia dubbiosa ma non sembra interessata a indagare, infatti cambia subito argomento, si fa cospiratoria: «La regola di questa casa te l'ha già detta Monica?».

Immagino che Monica sia l'infermiera di cui avevo rimosso il nome. E la regola, a parte televisore, freezer e lavatrice, credo di non averla ancora ascoltata.

«No, quale?»

«Niente relazioni tra coinquilini. Vietato, vietatissimo. Per evitare liti che poi ci facciano perdere soldi. Sai, se qualcuno litiga e se ne va, sono soldi in meno per l'affitto.»

Ricevuto. Nessun problema.

Lei ricomincia: «Siamo tre donne e due uomini, è facile che capitino tresche. Ma bisogna evitarle. Okay?», si alza e va verso il lavandino per sciacquare la tazza.

Mi parla ancora, di spalle, con l'acqua corrente che si schianta contro la ceramica del lavello. «Io con uno di loro ci scopo, ogni tanto. Ma il regolamento lo rispettiamo perché non ci sono implicazioni sentimentali, solo sesso.»

Si volta a cercare la mia espressione come se le interessasse. O se le interessasse capire come la giudico.

Spero di non avere disegnato in faccia il mio sgomento, e fingo indifferenza. «Ah, okay.»

Lei non si accontenta e insiste: «Anche Monica ci ha scopato, all'inizio, ma è tutto okay, voglio dire, nessun casino. No, te lo dico perché se dovesse capitare che senti qualche rumore provenire dalla sua stanza, o dalla mia, beh, non ti preoccupare, siamo adulti e sappiamo quello che facciamo».

In altre parole in questa casa c'è una specie di maniaco.

Collaudo al volo un sorriso sereno. «Tranquilla. Sono affari vostri.»

Immagino che il maniaco potrebbe essere quello che lavora al pub, Mauro, e che sia anche l'occupante della stanza militare, magari è uno pieno di bicipiti e che è stato nell'esercito, e queste due tipe gli muoiono dietro come fan davanti all'eroe della patria.

«Samo», dice mentre infila la sedia sotto al tavolo per congedarsi, «Samuele. È uno a cui nessuna riesce a resistere. Beh, nessuna tranne la sua ex che s'è appena sposata. Ma questa è un'altra storia. Comunque c'è poco, sta sempre fuori, quindi non ti preoccupare di lui».

Okay, niente Mauro. Si sono scopate il tipo che non si ricorda nemmeno quando è nato. Forse l'artista, quello con la chitarra sul letto sfatto e il cibo cinese in putrefazione sul pavimento.

«Sai, lui è...», riprende a parlare fissando per aria, come una che cerca l'idea o che sogna la promessa, «...lui è così sfuggente...», torna seria e mi guarda dritto negli occhi, «oh, non mi fraintendere, non ci sto sotto. Però certe volte penso che se non fossimo coinquilini me ne innamorerei...».

Mi esce una risposta senza che l'abbia filtrata, tale è la turba che mi provoca quello sguardo sognante: «Di uno che si scopa chiunque gli capiti?». Subito me ne pento ma è troppo tardi, lei mi sta già incenerendo con occhi sottili.

«Aspetta: è vero, Samo sta sempre a cazzo duro, però è pure uno intelligente, colto, un vero figo. È generoso, educatissimo, è molto attento e crede nella giustizia, e ... .»

Sarà, a me sembra che questa tizia sia innamorata persa, altro che regolamento. E secondo me mi ha messa al corrente per evitare che il cazzo duro si scopi anche me, perché le monterebbe una tigre da sbattermi fuori lei stessa.

«Puoi stare serena», la interrompo, ancora una volta senza filtro. «Io li odio gli scopatori seriali.»

Ottengo uno sguardo al vetriolo e immagino di aver appena perso una possibile amica. Ma in fondo non avrei retto alle lenzuola lilla e ai cuscini a cuore, non saremmo andate d'accordo in ogni caso.

♣ AMOREVERSO ♣Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora