CAPITOLO 1

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CAPITOLO 1

Ne sono stati trovati a migliaia in diverse zone della città. Attaccati qua e là, sulle porte delle chiese o sulle fermate degli autobus, sulle vetrine dei negozi o sulle panchine dei parchi pubblici. Perfino sui citofoni. Tutti luoghi di passaggio, per gridare a chiare lettere un solo messaggio: possiamo farcela, solo se restiamo uniti e non perdiamo la speranza.

È però mistero sull'autore dell'iniziativa. Sui social, che ormai sono diventati l'unico modo per comunicare con il mondo, ci si confronta interrogandosi sulla sua identità. Ma nessuno lo ha visto né sa chi possa essere stato. Un'azienda? Un gruppo di amici? Privati cittadini che ne imitano altri? Per il momento rimane un grosso enigma, e forse è giusto così. D'altronde, l'intento dei biglietti credo stia proprio in questo: incoraggiarsi senza chiedere nulla in cambio. Constatare che si è tutti sulla stessa barca, alle prese con le stesse difficoltà. Tutto il resto non conta: l'importante è l'empatia, anche tra sconosciuti.

«L'ho trovato questa mattina, incastrato nel lucchetto del cancello», ha raccontato la titolare di un negozio in centro a Bergamo, «un messaggio di speranza e di bellezza che condivido con tutto il mio quartiere, con tutta la mia città. Che non ha paura, che conosce la responsabilità, che lavora sodo. Grazie a chi mi ha lasciato questo messaggio: è come una ripartenza. Al profumo di meraviglia». Appena qualche giorno dopo, le segnalazioni si sono moltiplicate. Una signora che vive sul lago di Garda ha scritto: «Qui vivono gli angeli». Anche alcune attività hanno voluto far sentire la loro voce: «Questo è lo splendido messaggio che ogni attività ha trovato sulla propria vetrina stamattina, grazie di cuore per il sostegno trasmessoci e grazie per averci donato un sorriso ancora prima di alzare la serranda». Un cittadino di Rescaldina, nei pressi di Milano, si è invece rivolto direttamente all'autore: «Amico o amica, non so chi tu sia, non so da dove vieni né dove stai andando, non conosco la tua storia, ma io già ti amo».

I giornali, un tempo considerati un bene primario e alla portata di tutti, sono adesso qualcosa di proibito. Ogni mattina, alle cinque in punto, mi alzo silenziosamente per scendere al piano di sotto e vedere Matteo per la mia dose quotidiana, e segreta, di informazione cartacea. Ho conosciuto Matteo ai tempi dell'università, all'epoca ero una ragazzina appena trasferitasi a Milano dalla Sicilia, completamente ignara di cosa volesse dire vivere in una grande città. E Matteo era stato il primo a tendermi la mano, per questo gliene sarò sempre grata. Di solito è  un gran chiacchierone, anzi ho sempre faticato a farlo stare zitto. Ma oggi ha una luce diversa negli occhi. Preoccupazione?

«Sara, non voglio spaventarti ma la situazione è più grave di quanto pensavamo. Credo questa sarà l'ultima volta che potrò portarti i quotidiani...leggi qui», mi dice porgendomi Il Bollettino Metropolitano. «Visto il decreto legge 24 febbraio 2045 n. 3 recante 'Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica' si dispone quanto segue:

a) evitare ogni spostamento delle persone in entrata e uscita dai territori individuati e negli stessi territori, anche se la mobilità è consentita «per comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità per motivi di salute», anche se «è consentito il rientro presso il domicilio, abitazione o residenza»;
b) in caso di infezioni respiratorie e febbre è fortemente raccomandato di restare a casa e limitare i contatti;
c) divieto assoluto di mobilità per le persone in quarantena;
d) sono sospesi eventi e competizioni sportive, con l'eccezione per atleti professionisti e di categoria assoluta, purché le attività si svolgano a porte chiuse e sotto controllo di personale medico delle società sportive;
e) si raccomanda ai datori di lavoro pubblici e privati di permettere ai dipendenti di fruire delle ferie e dei congedi ordinari;
f) sono sospese tutte le manifestazioni in luogo pubblico o privato, dalla cultura allo sport, dalle attività religiose alle fiere. Restano chiusi cinema, teatri, pub, sale scommesse, discoteche;
g) restano chiuse tutte le scuole e le università, che possono però continuare l'attività formativa a distanza.

h) i luoghi di culto possono essere aperti solo se permettono di mantenere la distanza di un metro fra i presenti. Sono sospese le cerimonie civili e religiose, compresi i funerali;
l) sono chiusi i musei e gli istituti culturali;
m) le attività di ristorazione e bar sono consentite dalle 6 alle 18 sempre nel rispetto della regola della distanza di almeno un metro fra le persone;

Un metro di distanza, ovunque e con tutti.

Stava succedendo davvero. Anzi, era già successo. Un virus mai studiato prima, e all'inizio sottovalutato dalla comunità scientifica e dalla popolazione tutta, aveva iniziato a diffondersi silenziosamente tra le strade, nelle città, nelle case e nei cuori delle persone. E ora il Governo si stava prendendo le nostre vite, senza eccezioni.

«Ho sentito che oggi quelli hanno impedito alla madre di Maria di comprare una doppia razione di pane. Se solo provano ad avvicinarsi alla mia famiglia giuro che...» Non avevo mai visto Matteo così, e la cosa mi turbava. Di solito era il primo a mantenere la calma e infondere coraggio a tutti noi. Ma stavolta capivo le ragioni della sua rabbia. Con quelli si riferiva alle guardie che da diversi mesi presidiano la città e le zone limitrofe per "mantenere l'ordine". Durante i primi giorni di quarantena si erano mostrati comprensivi, umani. Ma adesso che la situazione era visibilmente sfuggita di mano erano passati, su ordine del Governo, a metodi decisamente diversi.

«Lo sai che l'altra sera hanno messo al muro il cugino di Davide solo perché era in ritardo di cinque minuti rispetto al coprifuoco?» Dovevamo rientrare a casa entro le 18, tutte le sere, e adesso erano previste persino sanzioni pesanti qualora avessimo trasgredito a questa regola. Evidentemente, la paura aveva offuscato la ragione e, cosa ancora più preoccupante, a farne le spese erano soprattutto i più giovani, i bambini, per nulla abituati a vivere in un clima di terrore e proibizioni. Il giorno prima si andava alle feste, ci si ubriacava, ci si dava appuntamento nelle piazze, si viaggiava. Ci si teneva per mano. Oggi, tutto questo non esisteva più. E faceva paura. Saluto Matteo, e gli chiedo non esporsi più così tanto per me. Non era il caso. Avrei trovato un altro modo per procurarmi i giornali. Adesso, l'unica cosa importante era mantenere il controllo e non destare sospetti. Il motivo per cui vogliono tenerci all'oscuro di quello che sta succedendo nel resto del mondo è chiaro: vogliono limitare al massimo l'isteria collettiva, e contenendo l'informazione, pensano di poter arginare il peggio. Ma non sarà facile, anche se viviamo segregati da quattro mesi sono sicura che lì, da qualche parte, ci sono associazioni che contro il volere del Governo, e quindi illegalmente, alimentano la fuga di notizie e importano merce di contrabbando mettendo a rischio la sicurezza di tutti. 

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⏰ Last updated: Mar 10, 2020 ⏰

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Io e te, a un metro di distanzaWhere stories live. Discover now