Capitolo 1

80 3 7
                                    

Kim Taehyung.

Alpha.

25 anni.

Che ne sapeva del suo orientamento sessuale, per lui un buco era un buco.

Capobranco della dinastia Tokui (i forti).

Suo padre morì nella lotta contro il branco dei Uragirimono, vincendola sacrificando la sua vita per la moglie. Da quel giorno, la sua vita non fu più la stessa: sua madre entrò in depressione a causa del decesso del suo Mate. Si sa, una volta trovata l'anima gemella, non si può più vivere senza. Un giorno, significava infiniti lamenti e pianti.

Ormai Taehyung era stanco di sentirla piangere. Mille volte aveva provato a farla entrare in ragione, ma l'Omega non voleva sentirlo. Si sentiva tremendamente in colpa, capiva di aver ucciso il marito e non si perdonava per quel disonorevole gesto.

Un giorno, il nostro protagonista, entrò per ennesima volta nella stanza della genitrice; ma al posto di vederla piangere o dormire... la vide distesa per terra, dissanguata e con gli occhi chiusi. Lo scenario era terribile: sangue ovunque, un sorriso scettico nelle labbra ormai viola dell'Omega che l'aveva dato a luce, le sue mani candide e delicate completamente segnate da graffi e ferite dai quali proveniva liquido rosso ancora caldo. Andò a toccarla, fredda, ciò significava che era morta ore prima.

Taehyung si sentì... incapace? No, le sue viscere tremavano dall'impotenza, il suo coraggio era tale che tra qualche secondo scoppiava. Una sola domanda gli bramava risposta:

<<CHI MERDA È STATO?>>

Urlò. Una decina di guardie entrarono sentendo il capo-branco urlare e rimasero shockati al vedere il corpo della donna senza vita. Uno di loro abbassò il capo in segno di condoglianza e immediatamente il nostro protagonista gli lanciò uno dei suoi coltelletti nel petto, uccidendolo senza farsi scrupoli.

<<Non voglio le vostre cazzo di condoglianze. Voglio un fottuto investigatore e qualcuno che ripulisca tutta questa stanza. Portate il corpo da dei dottori>>

Disse alzandosi ricoperto di sangue nelle sue vestimenta. Sangue odiato perchè proveniente dall'unico parente che gli rimaneva.

<<Dite ai miei servi di portami dei vestiti... puliti. Che questo avvenimento rimanga in queste mura. Nessuno deve saperlo>>

Ricalcò con un tono di voce severo la parola ''Nessuno'' ed uscì da quella, ora, odiata stanza. Non lo avrebbe mai ammesso, ma era distrutto dentro: voleva piangere, crollare, buttarsi tra le lenzuola e sparire tra di esse, ma il suo orgoglio da Alpha non glielo permetteva.

Nella sua mente percorreva ancora quella, a lui oscena, immagine di sua madre per terra. Come se continuasse ad inseguirlo. Tremava, tremava internamente. Il suo auto-controllo stava andando in tilt. Voleva sprofondare, non conoscere più nessuno e niente.

Andò in camera sua, traballando per colpa delle sue stesse gambe. Sentiva gli occhi lucidi, bagnati da imminenti lacrime, ma che non uscirono mai. Prese un profondo respiro ed entrò nella sua stanza. Fu immediatamente accolto da delle serve che cominciarono a mettergli vestiti puliti al posto di quelli tinti di rosso.

Una volta che loro uscirono, finalmente rimase solo. Alzò lo sguardo, guardò il tetto e chiuse gli occhi. Incapace e conoscente di ciò che sarebbe successo nei giorni seguenti.

Sentì bussar la porta e vide il suo investigatore di corte farsi spazio per poi donargli uno dei suoi più comprensivi inchini.

<<Avanti Seokjin, dimmi chi è stato>>

Kill me slowlyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora