Prologo

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Qualche settimana dopo l'inizio di questa storia

La notte era calata sulla città e, mentre tutti dormivano, un corpo veniva trascinato nel bosco vicino, avvolto in un tappeto.

Tutt'intorno era quieto, per cui l'unico suono udibile era quello delle sue ossa che scricchiolavano contro il terreno secco.

"Diamine, vuoi fare attenzione," disse uno degli uomini che stava sollevando un lato del tappeto.

L'altro, che aveva la fronte grondata di sudore e le mani tremanti, lo guardò con occhi terrorizzati e nello stesso tempo increduli.

"C-cosa pretendi?" chiese con voce vacillante e piena di panico. "Sto nascondendo un fottuto morto in un bosco!" esclamò con disperazione, avvertendo una crisi di panico imminente.

Una lacrima gli scese lungo il viso, ma fu lesto ad asciugarsi. Nel processo, lasciò andare uno dei lembi che stava reggendo e la testa del cadavere colpì il masso sottostante.

A quel punto l'altro non riuscì a sollevarlo tutto da solo per la pesantezza, così mollò la presa. Anche la parte inferiore toccò il terreno e l'uomo che stava fremendo dalla paura rilasciò un urlo che fece sobbalzare l'altro.

"Ma che ti prende?" Gli chiese a denti stretti, guardandolo sull'orlo di un attacco di rabbia. "Così ci fai scoprire!"

"Avremmo dovuto chiamare la polizia," disse l'altro con voce impastata dalla saliva e gli occhi colmi di lacrime.

Lo guardò attraverso le ciglia imperlate di lacrime, mentre stringeva le braccia intorno a sé, come per proteggersi da qualcosa o da qualcuno.

"Invece in questo modo siamo complici di un omicidio," continuò con voce rotta dal pianto, sentendo il suo respiro farsi sempre più accelerato.

L'altro uomo fece alcuni passi verso di lui. Poi gli puntò un dito contro e strinse la fronte.

Aveva gli occhi neri dalla rabbia e i lineamenti contratti in un'espressione infastidita. Come se tutto quello che stava dicendo fosse una balla e lui aveva ragione.

"Noi-siamo-innocenti," disse con determinazione, scandendo le parole una ad una. "Ed ora aiutami ad alzarlo di nuovo. Dobbiamo portarlo il più lontano possibile."

Nonostante fosse contrariato, l'uomo spaventato fece quanto gli era stato detto e, con difficoltà, entrambi riuscirono a trascinare il corpo nell'entroterra del bosco.

Gli alberi divennero sempre più folti man mano che si addentravano. Alcuni dei rami erano ricurvi, creando delle ombre strane sul terreno a causa della luce lunare e rendendo l'atmosfera ancora più inquietante.

Il tremore continuava a pervadergli le ossa e non si capacitava di come l'altro fosse così calmo ed indifferente dinanzi a tutta quella situazione.

Eppure stavano trascinando un cadavere avvolto in un tappeto.

Camminarono per molto tempo e la stanchezza si fece sentire. Entrambi erano sudati fino all'ultimo capello ed era palese che sarebbero durati ancora per poco.

L'uomo più calmo dei due si guardò intorno e decise che quel luogo appartato era perfetto per disfarsi di un morto. Si fermò inavvertitamente, facendo mollare la presa al compagno che si sentì tirare di scatto verso il basso.

La forza che stava esercitando, però, lo mandò all'indietro e lui per non perdere l'equilibrio si immobilizzò sul posto, ma non aveva calcolato bene il baricentro e quindi cadde in avanti alla cieca.

Le sue mani finirono sul viso del morto per attenuare l'impatto, mentre le ginocchia sbatterono tra il tappeto insanguinato e il terreno, macchiando così i jeans che stava indossando.

L'orrore si dipinse ben presto sulla sua faccia e, impallidito e con il cuore a mille, si allontanò a tentoni dal corpo. Nella sua mente prese posto ben presto il viso terrificato della vittima e urlò agonizzante.

"Cazzo!" Gridò l'altro, mettendosi le mani ricoperte da guanti tra i capelli. "Stai attento, porca puttana! Ora lo dobbiamo per forza incendiare perché le tue impronte sono su di lui!"

L'uomo non prestò la minima attenzione a quello che aveva detto. I suoi occhi sbarrati erano ancora fissi sul corpo privo di vita a pochi passi da lui.

"Mi vuoi aiutare, diamine?" chiese l'altro con insistenza. Vedendo che non gli dava segni di vita, scosse la testa e si infilò la mano in tasca.

"Visto che non possiamo più spostarlo oltre, lo faremo qui," disse con un sospiro, tirando fuori l'accendino.

Rollò più volte il dito sul grilletto, accendendo solo dopo alcuni tentativi la fiamma. I suoi occhi velati dall'odio e da tante altre emozioni negative la fissarono per un po'.

Poi prese un respiro profondo e la gettò sul cadavere.

L'uomo che si era ritirato sotto ad un albero guardò la scena con le lacrime agli occhi. Le fiamme pian piano divennero sempre più alte e il corpo prese fuoco interamente.

Sentì l'odore di carne bruciata e di capelli inceneriti. Vide la pelle del cranio consumarsi sempre di più e solo allora si riprese dal suo stato di trance.

"Dobbiamo andare," gli urlò contro l'altro, mentre gli scuoteva una spalla. "Dobbiamo andare, cazzo! Ci siamo trattenuti più del dovuto e ci starà sicuramente aspettando!"

Con il viso sporco di fumo e muco e la mente ancora sconvolta, riuscì ad alzarsi a tentoni. Vacillò momentaneamente, prima di mettere un piede in avanti e riacquistare equilibrio.

"Andiamo," gli sussurrò in un balbettio, sentendo i tremolii invadergli ancora il corpo.

L'uomo dinanzi a sé gli fece un cenno con la testa, prima di guardare dritto ed iniziare ad allontanarsi da quel posto il più possibile.

Lui lo seguì a ruota, ma ad ogni passo sentiva il suo corpo cedere, ma doveva farcela. Doveva mettersi in salvo.

I due aumentarono il ritmo, iniziando così a correre.

Pian piano il fuoco che divampava alle loro spalle divenne solo una piccola macchiolina rossa in lontananza che sarebbe scomparsa senza lasciare traccia il mattino seguente.

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