Capitolo uno.

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Correvo a perdifiato per la strada che avrebbe dovuto portarmi fuori da quella casa maledetta. Sentivo ancora le urla dei fantasmi che imploravano chi aiuto, chi comprensione e chi vendetta. Non potevo accontentare nessuno di loro, avevo abbastanza problemi per conto mio. Sperai di non incontrare nessuno lungo il viale alberato che mi separava dalla salvezza: la strada principale. Inciampai. Mi rialzai. Mi accorsi solo quando avvertii il dolore alla gamba destra che mi si era aperto uno squarcio piuttosto profondo, perdevo sangue rapidamente. Mi fermai. Ansimavo forte. Non c'era verso di rimanere in piedi, barcollavo pericolosamente, caddi. Le lacrime mi rigavano il viso e io nemmeno me ne rendevo conto. Penso fosse più per la consapevolezza di aver perso la mia famiglia in quella casa che per il dolore.
Erano 15 lunghi anni che ormai vivevo in compagnia della donna che io chiamavo Miss Hyde, (capirete più tardi il perché). Dopo aver perso la mia famiglia a pochi anni di età in un incendio che si era mangiato casa mia e tutto ciò che era a me familiare e che conoscevo come buono e affettuso, non ero più stata la stessa. Non ho mai saputo se per colpa del trauma con successivi e ripetuti episodi ben più orrendi o se perché alla fine, il mostro ero io.
Alle elementari invidiavo i bambini felici, che venivano ripresi dalle loro mamme sorridenti con un pezzetto di schiacciata in mano per rifocillarli. Quando io uscivo da scuola, da sola, non c'era nessuno ad aspettarmi: con lo zaino in spalla dovevo avviarmi senza nessuno con cui parlare, verso il luogo che mi terrorizzava più di tutte le storie di fantasmi che vengono raccontate ai bambini. Più dell'uomo nero, più di ogni strega conosciuta.
Quel luogo era casa mia.

Con la morte negli occhi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora