Capitolo 1

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C'era una volta, nelle Terre di Iubar, tra le Colline Ombrose e il Lago di Lendonin, un villaggio chiamato Gravin. Questo paesello venne fondato nell'anno 102 della Prima Era. Essendo quindi uno dei villaggi più antichi delle terre circostanti, aveva assunto il ruolo di protettore delle tradizioni degli Uomini delle Colline.
Era il giorno di Suran, anno 302, 200 anni dalla fondazione di Gravin. Crave, padre dei piccoli Xan e Zanja, ponderava sul futuro: si immaginava con la sua mogliettina, Zora, all'ombra di un faggio sul lago di Lendonin, con i figli sposati e magari con una gran carriera nella capitale. L'uomo e i suoi vicini stavano preparando il focolare per il rito propiziatorio di benedizione del villaggio. -Hey Jace passami la torcia!- gridò Crave. Quindi, chiamò a gran voce gli abitanti del villaggio. Erano pronti. Tutti accorsero in piazza. Qui l'uomo prese la torcia e con fare solenne appiccò il fuoco. Una potente fiammata occupò il focolare: lo scoppiettio e i lampi arancioni rendevano il tramonto sulle Colline Ombrose ancora più magnifico. Ma all'improvviso il sole impallidì assumendo un colore bianco grigiastro, le nubi si annerirono. Poi un urlo squarciò il silenzio carico di terrore. Era un urlo agghiacciante: esso non poteva provenire dal mondo umano. -Fuggite sciocchi!- gridò Crave agli abitanti pietrificati. Oh si, egli sapeva da dove proveniva quell'urlo: proveniva dal mondo dei Morti. Crave li aveva visti, i Morti, sapeva bene quanto potessero essere crudeli, non si può dimenticare. Poi l'urlo cessò. Rimase aleggiante e palpabile il terrore cieco e immobile degli abitanti di Gravin. Un boato. Il fuoco del focolare divenne di un nero profondo. Scaturirono dalle fiamme migliaia di anime oscure che salirono in un vortice verso le nubi quindi tornarono a terra in piacchiata, gettando Gravin nel panico. -ZORA!- gridò Crave -Sono qui!!-. Il marito capì che la moglie doveva essere in casa. Si trascinò in quel mare nero di anime urlanti ed entrò in casa sua sbattendo la porta dietro di sé. Appena dentro sigillò porte, finestre e caminetto. Il piccolo Xan, bimbo di sei anni, se ne stava in un angolo della cucina a singhiozzare, la sorella Zanja, quattordicenne, lo consolava. Zora singhiozzava, seduta al tavolo: sapeva che sarebbe accaduto. Doveva accadere. Era tempo che lei, sacerdotessa del Tempio, facesse il suo dovere. Aveva studiato, vissuto e visto il presente, il passato e il futuro, ma comunque la paura la pervase. Obbligo le sue gambe a muoversi. Uscì di casa chiudendo la porta che la legava al passato. Si schiarì quindi la voce  e la mise a disposizione di un qualcosa di non umano, che pronunciò la profezia:

"Una nera figura dominerà sui popoli
Nata dai morti e dalle loro grida
Ella dominerà come despota supremo:
La Nera Signora Morwen".

Nel frattempo in piazza e lungo le vie del villaggio i morti sfilavano emanando una luce nera, una luce di tenebra, alla ricerca di vittime di cui sfamarsi. Un vecchio si interpose fra un morto e la moglie: il morto entrò in lui e ne uscì rinvigorito, lasciando un guscio vuoto. Le grida erano coperte dai versi orribili dei Morti, come se avessero voluto opprimere lo stesso suono. Nel frattempo le pietre argentate del focolare, protette da un cerchio di quelle creature, si sciolsero e da esse prese forma una culla. Una volta formatasi si alzò in volo e le anime entrarono dentro di essa. E tutto finì.

Un grave silenzio dominava il villaggio di Gravin. Solo rumori di passi e pesanti asinghiozzi. Zora, camminando, poteva notare famiglie distrutte, figli senza madri e mogli senza mariti che compiangevano il triste destino dei loro cari, il cui corpo giaceva immobile e secco, il cui viso era appena riconoscibile. Una lacrima scivolò sulla guancia di Zora, una lacrima alla quale seguirono altre, facendola scivolare in un silenzioso e penoso pianto.
D'un tratto un gridolino scaturì chiaro e tagliente come il cristallo dalla culla che aveva preso il posto del focolare. Gli abitanti, spaventati, si avvicinarono cautamente alla culla. Prima tra loro Zora, che, in quanto sacerdotessa, aveva l'obbligo di proteggere gli abitanti del suo villaggio. Un altro vagito scaturì ancora più tagliente. Tutti si fermarono, eccetto Zora che notò nella culla una bambina. Il volto le impallidì improvvisamente, la bocca si curvò in una smorfia di terrore. Il nero giorno era arrivato.
Si voltò verso la sua famiglia: baciò il marito e i suoi figli e piangendo si voltò portando con se la culla con la bambina e se ne andò. Per sempre.

Zora correva, versando lacrime in un pianto di disperazione. Arrivò ad un baratro, in fondo al quale c'erano centinaia di rocce taglienti come rasoi. Qui avvicinò la culla al baratro e, quando era sul punto di spingerla nel vuoto, la bambina parlò:" Pensi di potermi fermare in questo modo? Pensi di poter cambiare il destino delle Terre di Iubar?- una risata maligna scaturì dalla sua bocca- Sciocca inutile sacerdotessa, lo sai che nessuno avrà scampo!". La bambina la guardava con un sorriso maligno. Zora la guardò terrorizzata:" VATTENE ORRENDA CREATURA!" e scagliò la culla nel baratro. La bambina sprofondò con una maligna risata.
Zora quindi si mise a correre fino ad arrivare ad un grande prato al centro del quale si erigeva una colossale struttura: il Tempio, luogo dov'era contenuto il presente, il passato ed il futuro. Solo Zora in quanto sacerdotessa di tale tempio, poteva attraversare il prato. Qui il vestito precedente cambiò e si trasformò in un lungo abito candido, decorato con ricami in oro puro. Zora quindi riprese a correre, fino ad arrivare alle porte del tempio. Entrò: innumerevoli colonne si erigevano alla sua destra e alla sua sinistra, creando una foresta, le quali si aprivano in una grande navata che giungeva ad una piattaforma circolare in oro. La sacerdotessa la raggiunse e qui si posizionò. Si alzò in volo: i ricami d'oro brillavano, il suo viso venne coperto da un velo candido, il suo corpo brillava di una luce pura e candida. Quindi due occhi dorati si aprirono sul suo volto e dalla sua bocca scaturì l'intera profezia. La sua voce risuonava in tutte le terre, in tutti i villaggi e fortezze, a tutti i popoli:

"Una nera figura dominerà sui popoli
Nata dai morti e dalle loro grida
Ella dominerà come despota supremo:
La Nera Signora Morwen
Orrido abominio
Neri gli occhi,
Candida la pelle,
Argentei i capelli.
Ucciderà e torturerà
Sterminerà e dominerà.
Solo un giovane fanciullo
Aiutato dai Draghi
Riporterà la luce
Sulle tenebre di Morwen, Nera Signora"

Detto questo Zora svanì per sempre: il suo destino era compiuto, il suo compito adempito. Era giunta l'ora che si ricongiungesse con la Suprema Dea. E così fu.

Il riflesso di un paio di occhi neri scintillò nelle tenebre tra le rocce taglienti. Una terrificante risata scaturì dal fondo del baratro...

Il Ritorno dei DraghiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora