capitolo terzo

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Kiara's pov.

Anna si precipita in tutta fretta fuori dalla porta, i capelli sono disordinati per la corsa fatta, ma a lei non importa: deve fermare il più presto possibile Gilbert per rivelargi ciò che prova per lui. Anna sta per scappare, ma ciò che vede la fa paralizzare. Non riesce a credere ai suoi occhi: Gilbert Blythe è proprio davanti a lei, che la guarda stupito. Ad Anna sembra quasi una delle storie d'amore che legge nei suoi libri. Senza dire neanche una parola, i due si avvicinano lentamente verso l'altro, si guardano negli occhi e poi si bacian...
Ma poi la sveglia mi riporta bruscamente alla realtà, rovinando il bacio della Shirbert.

Posticipo la sveglia. Apro gli occhi. La luce fioca del sole che entra nella mia stanza di prima mattina mi acceca. Li richiudo e lascio che i raggi del sole mi riscaldino. Mi giro nel letto cercando di riprendere sonno ma...bum. Sbatto la testa contro il comodino.
"Dannazione...".
Mi sposto verso il centro del letto massaggiandomi la nuca e apro le braccia.
"Potrei stare così per tutto il giorno". penso, ma poi suona la sveglia -ancora- e i miei sogni di gloria svaniscono per la seconda volta. Ma più che sveglia, il termine adatto per indicare quello strumento di tortura è rompitimpani. Maledetta sveglia. Certe volte mi chiedo chi diamine me l'abbia fatto fare di mettere una sveglia così irritante. Ma probabilmente quel pazzo aveva ragione, serviva qualcosa che superasse la soglia del dolore per riuscire a svegliarmi la mattina.
Mi affretto a spegnere quella specie di martello per il cervello. Mi tiro giù dal letto e vado in cucina a fare colazione.

La cucina è ordinata come l'avevo lasciata, ciò vuol dire che il tornado-Al, anche detta semplicemente Al, mia coinquilina e migliore amica, non si è ancora svegliata.
Non so come faccia a dormire così tanto, una sveglia per lei non basta neanche. Ogni giorno devo essere io a tirarla giù dal letto. Decido di lasciarla dormire, altrimenti al posto di farle bere il caffé per farla rimanere sveglia sarei costretta a iniettarglielo.

Dopo aver fatto colazione mi dirigo in camera mia per prendere i vestiti. Vado in bagno e mi cambio. Non sono una di quelle ragazze che a scuola si vestono come se dovessero posare per chissà quale rivista, ma mi piace vestirmi con abiti che apprezzo e che mi fanno sentire bene con me stessa.
Quando mi accorgo dell'orario corro in camera di Al e la sveglio. O almeno, ci provo, ma fallisco.
Prendo le mie cose ed esco di casa ma poi mi ricordo di star dimenticando qualcosa. Trasalisco.
"L'allenamento".
Faccio le scale il più velocemente possibile e prendo la borsa. A scuola sono il capitano della squadra di nuoto. Tutti mi conoscono per questo e per i miei buoni voti. I professori si fidano di me e mi lasciano la libertà di organizzare manifestazioni, gite e tante altre cose. Fanno fare tutto a me mi considerano come una specie di leader, e la gente si aspetta sempre il meglio dal leader. Ma io questa cosa la odio, perchè più in alto sali, più è ripida la discesa.
Nessuno mi conosce realmente, posso sembrare forte, sicura e audace, ma in realtà sono tutt'altro. Mi definisco abbastanza testarda, sarcastica e impulsiva, una maniaca dell'ordine e a volte -il più delle volte- sono un po' timida. Forse non tutti sanno che lavoro in libreria e che sono una fangirl. Quanti di loro pensano io sia brava anche negli altri sport? Almeno tre quarti, ma si sbagliano. Queste cose non le sa nessuno perchè si fermano tutti alle apparenze, ti squadrano e ti attaccano un'etichetta sulla fronte.
Guardano il colore dei tuoi capelli e pensano di sapere qualcosa di te, guardano come ti vesti e ti giudicano. Si fermano a guardare solo la maschera che nasconde i veri noi. Fortunatamente ho alcuni amici di cui mi fido, alcuni sono stretti, altri no, e poi ci sono i miei migliori amici. La mia migliore amica, Al, e il mio migliore amico: Stiles.
Ho conosciuto Stiles grazie a mio fratello, Scott. Scott è più grande di me di soli 2 anni ma è il tipico fratello iperprotettivo che fa la predica ad ogni ragazzo con cui esci. Quando ho deciso di vivere insieme ad Al, ha preso la stessa iniziativa anche lui.
I nostri genitori ci hanno dato il permesso di trasferirci, dicendo che 'ci renderà più indipendenti' , inoltre Scott è il capitano della squadra di lacrosse, due capitani in famiglia. Veramente emozionante.

Mi accorgo che Al non si è ancora svegliata, perciò vado in camera sua e cerco di tirarla giù dal letto.
"Al se non ti alzi subito ti butto giù dalle scale" urlo cercando di farmi sentire.
"Altri cinque minuti, ti pre-" si è riaddormentata, santo cielo, come devo fare con questa ragazza?!
Ormai, con la gola esausta, vado in cucina e riempio un secchio di acqua gelata da buttarle in testa, ritorno nella sua camera sghignazzando e le rovescio tutta l'acqua addosso.
"MA COSA FAI?!" urla come una dannata lei. Cerco di trattenermi dal ridere, ma la tentazione è troppo forte.
"Così impari!" dico facendo un sorrisetto di scherno. "E ora fila a vestirti".
Senza esitare, la mia amica si alza e si dirige verso il bagno con i vestiti puliti e i capelli bagnati.

Dopo che la bella addormentata, finalmente pronta, è uscita dal bagno, prendiamo le nostre bici e ci dirigiamo verso la scuola.
"Ho passato mezz'ora a riasciugarmi i capelli, non ho avuto neanche il tempo di farmi la piastra per apparire decente".
I suoi capelli biondi non sono poi così male questa mattina, le sue sono solo fissazioni.
"Se tu impiegassi più tempo a pedalare piuttosto che lamentarti, a quest'ora saremmo già in Texas" le dico fulminandola con lo sguardo.

Arriviamo a scuola. Attraversiamo il viale e metto apposto la bici. Metto lo zaino sulle spalle ed entriamo a scuola.
Il primo giorno del terzo anno: chiuso il biennio, aperto il triennio.
Un paio di persone mi salutano, poi altre tre, e poi vedo tutta la squadra di nuoto pronta a travolgermi.
Prendo Al per un braccio e abbasso lo sguardo in modo che non mi possano riconoscere.
La trascino in un'altra direzione e mi accascio alla parete.
"Ma sei impazzita?" chiede lei.
Non ero impazzita, no, solo che in quel momento non volevo essere salutata da una massa di delfini con le gambe.
"Ti ho salvato da un branco di delfini terrestri, non ringraziarmi".
"Hai intenzione di evitarli per tutto il giorno?"
"No".
"E ALLORA VAI DA LORO".
Mi prende e mi spintona verso di loro, e per la mia grandissima sfortuna, uno di loro mi riconosce.
Nel giro di 0.3 secondi sono già circondata da persone che mi salutano. Spuntano come funghi a destra e a manca. Non sono ancora passati 10 secondi che già mi scoppia la testa.
Dopo averli salutati tutti con il mio solito sorriso da adesso-vai-prima-che-ti-distrugga mi dirigo verso il mio armadietto. Con la stessa voglia di Al di alzarsi la mattina metto -anzi, butto- i libri nell'armadietto.
"Ehi farai male a quei poveretti se li tratti così"
ma cosa...

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