1. LA PREPARAZIONE

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È passato solamente un anno da quando conosco la vera storia, ma non mi sono ancora del tutto ripresa.
Cavolo, i miei genitori hanno dato la vita per me, letteralmente.
La mia di vita però deve però andare avanti. Proprio per questo la mattina in cui trovai quella pergamena ne fui quasi felice. Appena  la aprii non potei non notare la lingua a me sconosciuta con cui era scritta. Gli spiriti della natura mi avevano insegnato  molte cose, ma non a tradurre quella lingua.
Decisi di portare subito il foglio allo spirito che mi aveva cresciuta che lo lesse silenziosamente. "Proprio come pensavo" Disse appena terminato. Io continuai a guardarlo insistentemente "Cosa?" Gli chiesi io.
"In questa pergamena è scritto il tuo destino, ciò per cui sei stata creata e proprio come pensavo dovrai compiere enormi imprese."
Quella pergamena sembrava proprio al caso mio. Io volevo fare qualcosa di grande. "Davvero!?" Esclamai stupita, "e quali?"
"No.... Non è scritto
questo in una pergamena del destino. Al suo interno viene narrata una profezia, quella che tu sei destinata a compiere per il bene di tutti. Tu hai il compito di liberarci dal Tiranno."
No, proprio no. Le mie idee erano altre. Volevo scavare nel mio passato e trovare prove sull'esistenza della Cittadella e magari anche qualcosa sui miei genitori. Non avevo la minima intenzione di andare a far fuori il Tiranno. Quello mi avrebbe uccisa dopo mezzo secondo.
"E se io non lo facessi? Cosa potrebbe accadere?"
"Non puoi evitare il tuo destino. Se ne hai uno c'è un perché. Devi almeno provarci altrimenti le conseguenze sarebbero delle peggiori." Mi rispose pazientemente.
"E come posso iniziare questa impresa terrificante? Io non voglio morire!"Risposi sull'orlo delle lacrime. Mi avrebbe capito  chiunque. Avevo sentito parlare delle pergamene del destino, ma non ne avevo mai chiesta una. Programmano la tua vita e tu non puoi nulla per evitarlo.
"Una volta lessi di una spada, l'unica cosa al mondo capace di uccidere il Re del Mondo. Ha di speciale solo un particolare. È stata forgiata sulla Terra, dagli umani." Mi rivolse uno sguardo d'intesa.
"Quindi io dovrei diventare un Guardiano. Uno di quelli che fanno le trasferte e i controlli sulla Terra... Dove potrebbe trovarsi la spada?" Ero talmente scossa dalla notizia che non riuscivo più a ragionare lucidamente.. Spesso quando mi accadeva così era come se non reagissi e accettassi la cosa, solo dopo un po', chiusa nella mia stanza mi si sbloccava l'encefalo e i pensieri iniziavano a corrermi per la testa tutti insieme  facendomi impazzire.
"Nessuno lo sa di preciso, però in molti credono si trovi all'interno di una chiesa . È una cosa logica d'altronde, il nemico giurato del sovrano è suo padre, e dove nasconderla se non nel posto a lui consacrato? " Disse la voce profonda dello spirito. "Sono diciassette anni che nessun Selvaggio si aggrega all'Ordine dei Guardiani. Probabilmente non sarai l'unica della tua Tribù, hanno sempre mandato qualcuno in passato."
"Quindi dovrò partire il prossimo mese, giusto?" Visto che le reclute si presentavano all'Ordine di lì a trenta giorni non mi restava che passare quel tempo rimuginando su ciò che mi aspettava e sperando che,  di tanto in tanto, le pergamene del destino sbagliassero destinatario.
" Già, proprio così. E nel frattempo ti istruirai come si deve sui Guardiani e  sulla Terra" Fece una breve pausa "Tu ci salverà i tutti. Sei una ragazza determinata, so che porterai a termine il tuo lavoro".
Certo sarò anche stata determinata, ma io e il coraggio non andavano tanto d'accordo, e no, non ero affatto  pronta ad arruolarmi con l' Ordine con la preparazione di soli trenta giorni.

Il tempo non passava mai. Io ero chiusa nella  mia  stanzetta a studiare libri su libri che parlavano di umani e strani animali con nomi altrettanto particolari. Forse col passare all'azione avrei avuta la possibilità di divertirmi su quella noiosa Terra, ma sapevo che poi sarei dovuta tornare qui e terminare la mia impresa, nel caso non fossi morta prima, e così quel briciolo di entusiasmo che nasceva dentro di me andava ad affogare in un profondissimo abisso di terrore e a me non restava altro che tornare a concentrarmi sullo studio e sulle regole teoriche del combattimento.
Il mio tutore invece passava il suo tempo cercando quei libri che avrei dovuto conoscere per passare i test dei Guardiani.
Cavolo, mancavano ancora quindici giorni e io già morivo dalla noia.
Mentre leggevo mi distraevo sempre di più fantasticando su quelle bellissime opere che avrei visto nel mondo degli umani. Ad Agharti esistevano solo opere architettoniche. Niente quadri ne sculture. Ora che ci pensavo era una cosa molto triste. Magari gli umani somigliavano davvero a quei dipinti e non erano mostriciattoli come si diceva in giro.
Mentre pensavo a ciò mi guardai allo specchio iniziando  a trovare i miei capelli quasi bianchi paranormali così come i miei occhi violacei misto al rosso. Bhè, quelli si che erano strani, anche per una come me.
Ormai era tardi e decisi di chiudere quel mattone di libro che avevo davanti per andare a dormire. Ero costretta a consumare persino  i miei pasti davanti a quei libri! Non avevo mai imparato così tante cose in poco tempo... O forse nessuno lo aveva mai  fatto

Il mattino seguente finalmente iniziai a mettere in atto ciò che avevo imparato sul corpo a corpo e, più mi esercitavo più capivo che il combattimento non faceva per me e l'entusiasmo scemava ancora di più toccando il rasoterra e ottenendo ancora meno possibilità di risollevarsi, così come la mia autostima e le mie possibilità di vincere.
Nella pergamena non era presente l'esito della mia impresa, stando a ciò che aveva detto il mio spirito adottivo, ma non aveva letto ad alta voce la profezia e ciò mi faceva insospettire sempre di più su ciò che non mi aveva detto e sui dettagli che, magari appositamente, aveva tralasciato.
Ero impaziente e allo stesso tempo timorosa di partire verso i Confini e, lasciandomi tutto indietro, avrei potuto non rivedere più nessuno dei miei amici.
Decisi di distogliermi da quei pensieri dormendo un po', ma non sapevo che ciò che avrei sognato sarebbe risultato ancora più traumatizzante del solito. Come potrebbero non esserlo dei sogni profetici?
Prima di chiudere gli occhi guardai fuori dal tondeggiante oblò che offriva una vista spettacolare. Quei  colori vividi che circondavano la mia cameretta e la rendevano  come parte di un luogo incantato mi permettevano di sconfinare i limiti della mia immaginazione e sperare  che tutto sarebbe andato verso un buon fine e non che sarebbe strapiombo verso la sconfitta più assoluta. Un folletto passò davanti alle tendine, le piccole ali che avevano principio sulla sua schiena sfioravano l' aria spostandola a destra e a sinistra mente l'odore dei petali e del polline che portava un un piccolo cestino sorretto dalle sue manine minute lasciava una scia profumatissima. 
Poi vidi uno spirito degli alberi conversare con la pianta che lo ospitava  parlando in una lingua indecifrabile e melodica, come il vento che accarezza le fronde degli alberi. Tra meno di una settimana avrei dovuto abbandonare quel paradiso per poterlo salvare.
Vedevo il tempo dimezzarsi davanti a me, da quindici giorni a sette e mi sentii speranzosa per la prima volta. Convinsi me stessa che ce l'avrei fatta,  in un modo o nell'altro.
Fu così che, fantasticando sulla mia vittoria mi addormentati entrando in un tunnel di sogni veggenti che mi avrebbero perseguitato di lì in poi.

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