Ansia da prestazione

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Rieccomi. Cuffiette-munito che scrivo ancora. È strano che non abbia mollato tutto e continui questo "progetto". Inizialmente non ne avevo neppure intenzione, tuttavia poi mi hanno convinto (si dice il peccato, ma non il peccatore), allora ho deciso di andare avanti.
Alla fine voglio cercare di dare uno scopo a questo diario "universale", come ho scritto nella descrizione: cercherò di parlare di me alla Dante Alighieri, cioè come fossi l'umanità.
Per nulla egocentrico il nostro fiorentino, assolutamente...
Comunque, per "umanità" intendo piuttosto gli adolescenti (sì, quelli coi brufoli che puzzano, tipo me).
Mi piacerebbe portare alla luce questioni che ci affliggono tutti, chi più, chi meno, in fondo al cuore, per aiutare così le persone che hanno paura di essere le sole a farsi complessi, e dunque, per far passare l'idea che la solitudine non esiste.
Ovviamente so che esiste, ma tratterò la cosa alla larga, senza stare a perdermi nella via della filosofia (almeno per ora), dato che mi contraddirei.
Fatto sta che lascerò perdere la solitudine universale  e mi concentrerò su quella che, comunemente, le persone normali chiamano "incomprensione" (quella roba che affligge tutti i giovani e che tutti noi conosciamo).
Non sono uno psichiatra, né un mago, per carità. Non pretendo di potermi addentrare nell'animo umano e comprendere ogni situazione al mondo, ma almeno voglio provare ad aiutare chi vive come me.
(Quelli strani insomma).
Veniamo adesso, dopo queste parole abbastanza al vento che probabilmente sarebbero state più adatte al Prologo vero e proprio, al succo del "capitolo", al tema: l'ansia da prestazione.
Non so quanti di voi pazzi che aprite questo libro (scherzo vi amo) suonino uno strumento o facciano sport, ma posso farvi anche il semplice esempio delle interrogazioni a scuola.
Diciamo che quando devo espormi ad un pubblico, che sia un professore, oppure un vero e proprio pubblico di gente, il problema che mi faccio (o meglio: l'ansia che mi viene) è quello di non essere abbastanza, di non dare il meglio di me.
"Caspita, l'ingresso di questo solo è sul quarto battere della prossima battuta, mi servono distorsione da lead e attacco deciso".
Non pretendo che tutti capiate cosa dico, certo, è ovvio.
Questo piccolo esempio è il pensiero che ho avuto quando mi sono trovato a dover fare un assolo durante un saggio della scuola di musica. Per carità, era un saggio, proprio per questo non avrei dovuto avere paura, ma mi sono ritrovato comunque a cannare completamente l'intero assolo, sbagliando tutto.
Sono giunto alla conclusione, alla fine, che non avrei dovuto pensare.
Sono un tipo che pensa tanto, pensare è un bene: permette di farsi un'idea su molte cose, permette di estraniarsi dal mondo circostante, che molte volte è l'unica cosa che si può fare per non rimanere schiacciati; tuttavia ci sono dei momenti in cui pensare mi è solo d'intralcio.
Questi momenti sono quelli in cui bisogna esporsi, tirare fuori le palle e lanciarsi nel vuoto.
Quando il professore chiede l'unica cosa che non sai o che non hai avuto voglia di studiare, quando l'insegnante di chitarra sta ascoltando mentre suoni da schifo su un palco minuscolo davanti ai genitori di tutta la scuola e quando inizi una storia su Wattpad che sai che farà schifo a tutti.
Quando capitano queste cose, io credo che la miglior cosa da fare sia staccare il cervello e andare a ruotalibera verso l'ignoto.
Pensare è un bene, ma solo se lo si accompagna all'istinto.
L'istinto è un bene, ma solo se lo si accompagna al pensare.
Quando ci si muove d'impulso e ci si lancia con tutti noi stessi dentro al nostro obiettivo, ho imparato che è raro sbagliare.
Se si crede in una cosa, la miglior alternativa è aggrapparci a quello stesso sogno con tutto il nostro corpo, con tutto il nostro peso, perché quel sogno non voli via.
Non serve pensare che il salto potrebbe essere troppo alto: se ci si crede si può arrivare alle stelle (non so da che cioccolatino l'ho rubata).
"E se il salto è davvero troppo alto?"
Cazzate? No, il salto può essere davvero troppo alto, ma la paura certo non aiuta a renderlo più semplice.
Stasera sono stranamente positivo, non so cosa ho.
Alla fine, se il salto è troppo alto io salto lo stesso, se non ci riesco la prima volta vorrà dire che ci riuscirò la seconda, o la terza, o la quarta, la quinta, la decima, la centesima.
Forse sarò vecchio prima di riuscire a realizzarmi, forse morirò senza averlo fatto, ma saprò, in cuor mio, che ci avrò provato, già questo mi sembra un buon passo avanti.

ànsia s. f. [dal lat. tardo anxia, der. di anxius «ansioso»]. – 1. Stato di agitazione, di forte apprensione, dovuto a timore, incertezza, attesa di qualcosa
(Grazie enciclopedia Treccani)

La Treccani non mente, dice il vero. Sempre fidarsi della Treccani, è tipo Dio.
Non sono nessuno per fare il ganzo con il latino, però "anxius" non vuol dire solo "ansioso", ma anche "impaurito".
L'ansia è paura di non realizzarsi.
Lo so che dico cose ovvie, sono una persona banale del resto.
L'ansia da prestazione è quello stato d'animo in cui ci si trova quando si ha paura di se stessi e che le proprie capacità non siano abbastanza per superare la situazione di "pericolo" (inteso come "difficoltà") in cui ci troviamo.
Quando mi trovo in certe situazioni io provo a vivere l'attimo, dalla volta in cui ho cannato il solo, si intende.
Provo a fare e basta, se va male pace, cercherò altre occasioni di riscatto.
Alla fine il salto troppo alto diventa sempre più facile, a forza di rompersi le gambe.

E come si può notare questa parte è completamente diversa dalla precedente.
Sarà così per tutte le parti: non sono la persona che dà uno stile uniforme alle sue cose.
Non sempre sarò comico, non sempre sarò tragico, non sempre sarò positivo, non sempre sarò nichilista.
Sono un tipo strano, come spero siano tutti quelli che leggono questa robaccia.
Forse più che di "Prologo" la parte precedente merita il titolo di "Prodromo", di "Precursore".
Quello era vero sclero libero, questo è più "ragionato".
Ci saranno altre parti di flusso di pensieri, ne sono quasi certo, ma voglio ribadire il concetto che questo "diario pubblico" non sarà per niente uniforme.
Dopotutto è una raccolta di idee, come potrebbe essere perfettamente rigorosa?
(Con un minimo di organizzazione, probabilmente).

Addio popolo di Wattpad, torno a rassegnarmi al fatto che questo robo non servirà a nessuno.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 19, 2020 ⏰

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