5. La decisione

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Le mani mi tremano senza sosta e sono così congelate che le unghie mi si sono tinte di indaco. Non importa quanti strati di vestiti io metta, avrò comunque sempre freddo. Il cuore mi pompa all'impazzata nel petto e il rumore dei battiti cardiaci mi rimbomba nella testa. La gamba destra rimbalza agitatamente sulle piastrelle color panna seguendo il ritmo martellante delle mie pulsazioni. Mi rendo conto che mi sto mordendo il labbro solo quando sento il gusto metallico del sangue in bocca e impreco sottovoce.

«Signorina Cabello? Mi segua, prego».

Il mio momento di solitudine finisce nell'esatto momento in cui l'infermiera fa capolino nella sala d'attesa e mi chiede di seguirla. Mi alzo con uno scatto dalla sedia di plastica che mi ha ammaccato la schiena fino a questo momento e seguo i passi della donna. L'ambulatorio non è molto grande e decisamente non è confortevole. Tutto ciò che mi circonda è bianco e verde, e l'ambiente è sterilizzato, asettico e impersonale. Un brivido mi attraversa la schiena.

«Sul lettino è appoggiato il camice. Si spogli di ogni indumento e indossi il camice, poi si sdrai sul lettino e aspetti che arrivi il medico» mi istruisce l'infermiera dalla voce gentile. Annuisco ed eseguo. Con le gambe penzolanti aspetto che qualcuno entri dalla porta.

«Buongiorno signorina Cabello». Una donna sulla cinquantina entra nell'ambulatorio, seguita dall'infermiera di poco prima. Afferra la cartellina con i dati che ho precedentemente compilato e ci dà un'occhiata veloce. «Bene, non sembra soffrire di nessuna patologia e gode di ottima salute. Non dovrebbero esserci problemi per l'intervento, ma prima di iniziare devo informarla su quello che succederà». La dottoressa parla con serietà, pronunciando le frasi velocemente, come se stesse recitando un copione. Io annuisco. «Per iniziare le somministreremo un po' di anestesia. Non è totale, ma potrebbe comunque farle sentire la testa leggera e renderla confusa. In seguito procederemo con il vero e proprio intervento durante il quale potrebbe sentire una forte pressione a livello dell'addome. Nulla di troppo doloroso. Al termine dell'operazione la accompagneremo in una stanzetta adiacente dove potrà riprendersi e in un paio d'ore sarà dimessa. E' pronta a cominciare?». Con la gola secca, annuisco.

Mi sdraio sul lettino e l'infermiera si avvicina con una siringa. Cerca la vena sul mio braccio, disinfetta l'area con del cotone e inserisce l'ago. Il liquido giallastro viene iniettato nel mio sangue e attendo che cominci a fare effetto. Nel giro di cinque minuti mi sento confusa e spaesata, e mi rilasso stesa sul lettino. L'infermiera al mio fianco mi prende la mano e mi regala un sorriso rassicurante mentre la dottoressa si prepara ad iniziare l'operazione, armeggiando qualcosa tra le mie gambe. Il mio stomaco si stringe e mi rendo conto di quello che sto facendo. Inizio ad agitarmi e le lacrime cominciano a scorrermi sulle guance.

«Andrà tutto bene cara» mi rassicura la donna al mio fianco.

Scuoto la testa e mi muovo sul lettino. «No. No, no, no, no. Si fermi la prego, si fermi!» chiedo tra i singhiozzi. La dottoressa mi guarda preoccupata. «Non lo voglio più fare. Non posso!» insisto tra le lacrime. L'infermiera mi asciuga le lacrime e mi sorride in modo compassionevole mentre la dottoressa si allontana leggermente da me.

«Ne è sicura, signorina? Il terzo mese della gravidanza sta quasi per terminare, non potrà abortire oltre questo termine». La dottoressa serra le labbra e aspetta una mia risposta.

Scuoto la testa, incapace di formulare un pensiero coerente. Faccio fatica a mantenere a fuoco la vista e lo stato di confusione nel quale mi trovo viene peggiorato dalle lacrime e dal battito furioso del mio cuore. «Mi dispiace, ma non posso farlo» dico ansimando, annaspando in cerca di un po' di ossigeno.

La dottoressa mi sorride. «Non c'è niente di cui dispiacersi. Ha cambiato idea finché era ancora in tempo e va bene così. Ora l'infermiera la accompagnerà nella stanza qui affianco, lei attenderà che l'anestesia svanisca e poi potrà tornare a casa. Ok?».

Annuisco e lascio che la donna al mio fianco mi aiuti ad uscire dalla stanza. Mi fa sdraiare su un altro letto, mi intima di bere a piccoli sorsi dell'acqua da una bottiglia e mi porge un budino che dovrò mangiare tra un paio di ore. Sorrido e accetto il tutto restando sempre in silenzio.

«Sei stata coraggiosa oggi, cara» sussurra l'infermiera accarezzandomi la testa. «Più di chiunque altra. Ritornare sui propri passi arrivati a questo punto non è una cosa facile». Io le sorrido ma non rispondo e dopo poche ore sono libera di tornare a casa.

Dopo una lunga camminata sui marciapiedi innevati di Toronto, rientro infine nella villa dei Mendes. L'orario di cena si avvicina e Shawn sarà qui tra poco. Mi metto ai fornelli senza essere veramente concentrata su ciò che sto facendo. La mia mente è troppo focalizzata a rivivere i momenti delle ore precedenti. Non posso credere di aver davvero pensato di abortire, soprattutto senza aver prima consultato il mio ragazzo. Sento un paio di grosse braccia cingermi in vita e quasi mi spavento.

«Sei tornato!» esclamo agitandomi, presa alla sprovvista dalla presenza di Shawn.

«Sono tornato. Sorpresa di vedermi?» chiede lui divertito.

Scuoto la testa. «Scusa, non ti ho sentito entrare».

«L'ho notato. Avevi la testa da tutt'altra parte» mi dice rabbuiandosi un po'.

Lascio cadere l'argomento e poco dopo siamo entrambi seduti a tavola con la cena nei piatti. Chiacchieriamo distrattamente delle nostre giornate e io ovviamente mento senza ritegno. Lo ascolto mentre mi racconta dei progressi che sta facendo suo padre, ma non gli presto veramente attenzione. Tutto quello a cui riesco a pensare è che presto dovrò informarlo su ciò che sta succedendo. I miei vestiti cominciano già ad andarmi stretti e la mia pancia non è più piatta come un tempo. Sto per portare a termine il primo trimestre di questa gravidanza e inevitabilmente prima o poi Shawn lo verrà a sapere.

Dopo giorni nei quali tenevo le distanze, decido che è arrivato il momento di riavvicinarmi a Shawn e permettergli di stare al mio fianco come faceva un tempo. A letto mi lascio toccare e baciare, permetto che i nostri corpi si uniscano e mi lascio amare da Shawn. Resto sdraiata a letto aspettando che il mio respiro si ristabilizzi mentre Shawn fa una doccia nel bagno della mia camera. Non mi aspettavo però che uscisse due minuti dopo con una faccia perplessa e il test di gravidanza in mano.

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Un po' di suspance fino alla prossima settimana😏😈

Ps. Non dimenticate di votare e commentare please🥺🙏💞

Fino alla fine del mondo || ShawmilaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora