Viola ~1

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Sul treno che va a Pisa - 7.35

Riesco a salire poco prima che il treno parta.
Almeno stamani lo zaino non ha deciso di rimanere incastrato tra i due sportelli.
O meglio, almeno stamani sono saltata dentro un tantino prima che potesse risuccedere una cosa del genere.

Solitamente non sono il genere di ragazza impacciata, che inciampa e rimane incastrata ovunque, anche se nell'ultimo periodo potrebbe sembrare che sia così.

Un mare in tempesta perturba il mio spirito e a volte le onde sono talmente alte, da portarmi a osservare e a fare tutto, con poca lucidità.

Dicono che la lucidità di pensiero vada a farsi benedire quando si è innamorati, almeno così sembra che qualcuno abbia detto a me.
Tuttavia, ritengo che poche persone riescano ad affrontare la vita con la giusta lucidità, sempre che questa esista.

Io credo che ognuno debba intendere l'espressione "lucidità di pensiero" come voglia.
Per alcuni, essa significherà affrontare le cose, ragionando razionalmente, non facendosi troppo trascinare dai sentimenti e dalle astrattezze della vita. Per altri invece, sarà solo una cosa che si perde quando si beve troppo o peggio (o meglio, a buon intenditore).

Ma quindi, esiste un'interpretazione giusta? Una che sia superiore alle altre? In generale no, ma per ognuno di noi sì, ossia quella che pensiamo noi, perché si tende a osservare tutto sempre e solo dal proprio binocolo.

Io semplicemente non penso nulla di specifico: solo che la vita di ognuno sia al 100% soggettiva e che ogni punto di vista sia come uno spicchio minuscolo di una mela. Quando una persona riuscirà a conoscere l'intera mela, potrà dire di affrontare la vita con la "giusta lucidità".

Mi immergo in queste petulanti riflessioni, con lo sguardo assorto in un punto nel vuoto, fuori dalla finestra del treno.

È incredibile ogni volta, quanta forza di pensiero io abbia, rispetto alla forza d'azione di un lombrico che possiedo: ora dovrei ripassare economia politica per l'esame di oggi, invece sfortunatamente quella è l'ultima cosa a cui io riesca a pensare da un mese a questa parte.

Ci sono state delle motivazioni per ciò? Ovviamente sì, facendo eccezione per la giusta traduzione del termine "motivazioni" che sarebbe "scusanti per far sentire la parte di me ottimista, ancora motivata e speranzosa riguardo alla mia carriera universitaria che è rimasta un tantino in ritardo, forse si trova ancora incastrata tra i due sportelli del treno".

In primo luogo, io odio economia. Tutta l'economia o qualsiasi cosa che la riguardi. Mi sono iscritta a Scienze Politiche a settembre e, fortunatamente, non alla Facoltà di Economia perché sicuramente ad ottobre sarei già stata da un'altra parte.

Non mi sorprende che non mi piace: tutte le materie anche solo un minimo scientifiche mi disgustano. Di preciso non so perché: semplicemente la mia mente rigetta qualsiasi cosa di non trascendentale e io vado al suo seguito.

In secondo luogo, la mia prolissa riflessione sulla lucidità di pensiero, non è giunta casualmente, oggi. Non ragiono più con la testa, ma non perché mi sia innamorata di qualcuno.
Forse perché sono ancora innamorata, sempre dello stesso "qualcuno".

Diego.

Ci siamo conosciuti quando entrambi eravamo ancora al liceo. Lui non faceva la mia stessa scuola ma era molto amico di un mio compagno di classe, Andrea e una volta all'uscita, lui era lì ad aspettarlo davanti all'entrata, seduto sul suo motorino con fare annoiato. Forse era da tanto che aspettava, o forse, gli piaceva che sembrasse così.

Andrea stava parlando con noi ma non appena lo vide, gli andò incontro; io feci lo stesso, seguita da Eva e Gianluca, i miei due migliori amici.

Eravamo tutti nella stessa classe al linguistico e soprattutto nell'ultimo periodo della quarta, Andrea legò molto con Gianluca, e quindi, entrò a far parte del nostro, fino ad allora trio.

Diego invece scoprii che faceva lo scientifico, che era un anno più grande di noi e che conosceva Andrea da molto tempo perché giocavano nella stessa squadra di calcio.

In realtà ancora prima di avvicinarci a lui, avevo notato che Diego mi osservava insistentemente.

Era uno sguardo curioso e anche molto malizioso, almeno così mi sembrava.
E a me venne quasi naturale ricambiare quello sguardo perché io sicuramente curiosa di lui, sentivo di esserlo.

Adesso non ricordo bene le prime frasi che ci scambiammo e il contesto preciso. Ricordo solo che mi colpì tantissimo il fatto che si propose di riaccompagnarmi a casa in motorino, senza neanche conoscermi da più di un'ora.
In teoria avrebbe dovuto riaccompagnare Andrea a casa e stare insieme a lui. E alla fine immagino che fu proprio ciò che fece, perché rifiutai quel passaggio.

Non nego che mi avesse lusingato quella sua proposta così audace, ma allo stesso tempo, non sarei mai salita sul motorino di qualcuno, che non avevo mai visto neanche per sbaglio prima di allora.

Diego, dopo aver sentito il mio rifiuto, ricordo che fece un sorrisetto dicendo: "Allora al prossimo passaggio."

A quel punto, Eva e Gianluca mi trascinarono via perché il bus era già arrivato da due minuti e stavamo per perderlo, non permettendomi di replicare nulla di più.

Secondo i miei amici, quel Diego si era preso una specie di cotta a primo impatto per me.

A me piacque il suo modo di fare diretto, anche un po' indisponente. Non sai mai cosa ti puoi aspettare da persone così, e, nel male e nel bene, a me sono sempre piaciute le cose inaspettate.

Per l'appunto, inaspettatamente la mattina dopo mi stavo per dirigere come sempre verso la fermata del bus e me lo ritrovai fuori da casa mia, sopra al suo motorino, con due caschi in mano dicendomi: "Visto che il mattino ha l'oro in bocca, ho pensato che forse avresti accettato il mio passaggio, stavolta."

Immagino che Andrea gli avesse detto dove abitassi. Quella mattina a scuola mi incavolai un sacco con lui perché, anche se il più figo dei suoi amici avesse voluto sapere dove io abitassi per farmi una sorpresa, lui non poteva dare il mio indirizzo a chiunque senza il mio consenso. In più, Diego si era fatto almeno 10 chilometri in motorino per venirmi a prendere perché Empoli e San Miniato Basso non sono proprio accanto. Di mattina, col freddo. Non potevo rifiutare la proposta a quel punto, per una questione di umanità.

Sta di fatto che, ora come ora, sosterrei che Andrea ci avesse visto più lungo di me perché da quel momento partì quella che fino a poco tempo fa, era la mia relazione di ormai due anni con Diego.

Due mesi fa è finita, lui ha deciso di finirla. Da una parte, non gli do completamente torto: una strada andava presa prima o poi. Direi che la nostra relazione ormai, dopo tanta bellezza, era arrivata a quel famoso bivio, che tutte le coppie a un certo punto dovranno attraversare. Se i due restano lì, fermi, a fissare le due strade da percorrere senza sapere quale scegliere, nel frattempo la relazione continuerà ad essere litigiosa, tossica, deleteria.

Nonostante ciò, capisco chi spesso non abbia la forza di scegliere la strada del "lasciarsi", perché non ce l'ho avuta nemmeno io.

Continuavo a sperare che prima o poi i litigi tra noi sarebbero giunti a una pace, che il nostro amore fosse più forte dell'incomprensione che però stava continuando a dividerci sempre di più, che la speranza, con lui, fosse sempre l'ultima a morire. Non avevo ancora capito che, la speranza era morta da tempo. Mi facevo solo di illusioni, come se fossero una droga invitante ma irrimediabilmente letale.

Lui ha avuto la forza per entrambi di finirla. E credo che la motivazione sia questa, credo.

In terzo luogo, il treno intanto è arrivato a Pisa e io come al solito mi sono persa nei miei pensieri e non ho ancora aperto mezzo libro di economia politica. Tra l'arrivare al polo universitario e lo sperare che Eva ci sia e che non mi faccia fare l'esame da sola, non riuscirò mai a ripassare qualcosa prima delle 8:45.

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