5

2.5K 133 11
                                    

Alìce

Era bagnata fradicia dalla testa ai piedi, aveva fame e ancora non sapeva dove diavolo avrebbe dormito.
Ma di una cosa era certa.
Avrebbe continuato a chiedere a tutti i portieri di ogni dannato palazzo se all'interno di uno di essi risiedeva l'avvocato David Peters.
Era stata nel palazzo del suo ufficio fino alle quattro passate e quando anche l'ultima segretaria di tutti gli uffici era andata via il tipo antipatico che fungeva da guardiano degli ascensori più che da portiere le aveva intimato con non poca eleganza che doveva andare via.
"Senta le chiedo solo un favore, dato che non sono riuscita a parlare con l'avvocato Peters potrebbe dirmi se sa dove abita e qual è il suo indirizzo? È davvero molto importante che io lo trovi."
Alla fine mosso a compassione o stanco di vederla in piedi vicino all'entrata si era mostrato magnanimo e le aveva detto che David Peters abitava da qualche parte sulla West Wacker Drive.
Lo aveva ringraziato e a testa alta era uscita dall'imponente edificio.
Aveva preso a camminare e solo quando era arrivata a destinazione circa un ora dopo si era ricordata delle parole del guardiano degli ascensori.
"Da qualche parte sulla West Wacker Drive, merda ma è impossibile trovarlo. Sono tutti condomini."
Si era girata a destra e poi a sinistra.
Da qualche parte doveva pur cominciare.
Non avrebbe mollato così facilmente.
E aveva trascorso tutta la serata a entrare e uscire da ogni palazzo ricevendo sempre la stessa risposta.
"No mi spiace nessun avvocato Peters."
Verso le nove aveva iniziato a piovere e ancora non aveva fatto metà della strada.
Si riparò sotto l'entrata di un altro palazzo e guardò all'interno.
Piante verdi alte e rigogliose, pavimenti di marmo nero lucido, luci soffuse e un uomo seduto su una poltrona che leggeva un libro.
Il profumo degli hot dog le invase le narici e il suo stomaco iniziò a brontolare.
"Non ora Alìce. Mangerai quando sarà tempo. Proviamo anche questo e speriamo che sia la volta buona."
Spinse la grande porta a vetri e entrò ma rimase sul tappeto con un enorme trinacria disegnata sopra.
L'uomo, un signore dai grandi baffi bianchi la guardò da dietro i suoi occhialini tondi poggiati sul naso.
"Posso esserle utile mia cara?"
Alìce gli rivolse un sorriso di gratitudine.
Il signore sembrava uscito da un libro di favole, era il classico nonno che leggeva in pantofole vicino al caminetto.
"Io..io sto cercando l'avvocato Peters, sarebbe così gentile da dirmi se risiede in questo palazzo?"
Incrociò segretamente le dita e sperò di avere una buona notizia.
"Si mia cara. È rientrato stasera. Ti sta aspettando?"
Alìce non credeva alle sue orecchie, l'aveva trovato, finalmente l'aveva trovato.
Ora sperava solo che fosse così gentile da ascoltarla e magari aiutarla.
"Ehmm... veramente no. Anzi non mi conosce neanche però avrei urgente bisogno di parlare con lui. Potrebbe dirmi a che piano si trova?"
L'uomo lasciò il libro e tolse gli occhiali.
"Non posso dirle a che piano si trova il signor Peters, però posso chiamarlo e sentire se vuole scendere giù."
Alìce annuì.
L'uomo si alzò e si spostò dietro un bancone di legno e marmo, prese il telefono e compose un numero.
Entrambi rimasero in attesa.
Ma Alìce era più in apprensione.
Quando sentì che il portiere parlava emise un sospiro di sollievo.
"Signor Peters sono Albert. Mi perdoni il disturbo. Qui nell'atrio ho una giovane ragazza che chiede di lei. Sarebbe disposto a sentire cosa vuole? Dice che è piuttosto urgente e importante."
Alìce pregò Dio affinché l'avvocato la ricevesse, era davvero stanca, infreddolita e affamata.
"No signore non so il suo nome. Chiedo, Signorina potrebbe dirmi il suo nome?"
"Alìce, Alìce Smith. Ecco lui non mi conosce ma ho davvero bisogno di parlargli."
"Signor Peters la signorina si chiama Alìce Smith, ha precisato che lei non la conosce ma... Signor Peters? Signor Peters? Pronto?"
Guardò il telefono e poi rivolse un occhiata di scuse a Alìce.
"Mi duole informarla signorina che il signor Peters ha chiuso la chiamata."
Alìce rimase male.
Il pianto le salì in gola e questa volta fu difficile tenere a freno le lacrime.
"Io..non...non può richiamarlo? La prego io..."
Il portiere si dispiacque per lei e si avvicinò porgendole un fazzoletto.
"Tenga cara. Non pianga, c'è sempre una soluzione a ogni problema."
"È che...va...va tutto storto, io..."
Una voce si intromise nel loro discorso.
"Lascia Albert me ne occupo io."
Alìce alzò gli occhi pieni di lacrime e fissò spaventata l'uomo davanti a lei.
Era bello, sui trent'anni, con i capelli scarmigliati, scalzo e con indosso un pantalone di tuta.
"Alìce? Santo cielo ti ho cercata tutta la mattina."
Alìce scoppiò definitivamente e iniziò a singhiozzare.
David si trovò in difficoltà.
Che doveva fare?
Albert lo guardò e gli fece segno di avvicinarsi alla ragazza per confortarla.
Nonostante avesse delle incertezze si avvicinò e le mise una mano sulla spalla.
"Ehi, su adesso calmati."
Alìce scosse la testa.
"È che da sta..stamattina va...va tutto...stostorto. Il..il telefono ha smeesso di fu..funzionare. Non ho più soldi. E..Marie si è rifiutata di darmi i soldi per..per il taxi. E lui ha detto che il mio orologio andava bene e mi ha accompagnato a cercarla. E Dubbs, Dubbs ha detto che la situazione è grave. Mi ha mandata via. E Meg ha preso un biglietto. E non so quando potrò dargli i soldi. Ethan ha detto che ho un fondo. Ma io non so niente. E poi...poi ho camminato tutto il giorno perché il...il guardiano degli ascensori ha detto...ha detto che lei non c'era. E.. che faccio? Non so dove andare. E..."
David guardò Albert che si asciugava gli occhi commosso dalle disavventure di Alìce.
"David la prego la aiuti."
David annuì.
"Ne ho tutte le intenzioni Albert."
Prese Alìce, che continuava a piangere e a ripetere frasi sconnesse, in braccio e la portò con sé in ascensore.
"Sshhh. Sei con me ora stai tranquilla si sistemerà tutto."
La tenne tra le braccia fino al divano del suo appartamento.
Sedette sul divano e cercò di farla smettere di piangere.
Non era il momento di farle domande, era troppo scossa e sconvolta.
Le avrebbe lasciato tutta la notte per dormire e riprendersi.
Non avrebbe mai immaginato che lei sarebbe arrivata a casa sua.
Aveva parlato con suo padre?
Quindi possedeva un altro telefono.
Altrimenti come avrebbe fatto?
La madre non era al corrente che Richard lo avesse chiamato per occuparsi di sua figlia.
Evidentemente Richard sapeva che non poteva fidarsi di sua moglie, ne del figlio.
Ma la domanda più pressante era perché lei non era andata via con sua madre? Perché era lì tra le sue braccia?
Troppe domande e troppe lacrime.
Aveva i vestiti zuppi e tremava.
"Alìce devi toglierti questa roba o ti prenderai in raffreddore. Ti lascio un attimo ok?"
"Noo..no ti prego. Ho paura che sia tutta un illusione e..."
"Sshhh. Non sono un illusione, sei qui, sono davvero con te. Vieni andiamo di la, devo prendere un asciugamano e qualcosa di asciutto."
La prese di nuovo in braccio e si diresse in camera.
La poggiò sul letto e andò in bagno a prendere un telo asciutto.
Tornò e le sciolse la coda sfatta per asciugarle i capelli.
Alìce si tolse gli occhiali e lo aiutò come poteva, aveva le mani intorpidite dal freddo.
Iniziò a battere i denti.
David le prese una felpa dall'armadio.
"Devi togliere quella roba bagnata, tieni metti questa."
Alìce prese la felpa e iniziò a togliere la giacca.
David si girò di spalle per lasciarle il tempo di spogliarsi.
Quando tornò a girarsi la vide seduta sul letto con le gambe raccolte al petto coperte per metà dalla felpa.
Si sedette accanto a lei e le alzò il mento.
"Ascolta Alìce, adesso ti farai una bella dormita e domani parleremo va bene?"
Una lacrima sfuggì dai suoi occhi chiari e rotolò sulla guancia.
"Perché mio padre è in galera? Cosa è successo?"
David sospirò.
"Alìce non è il momento. Domani, domani parleremo."
Alìce iniziò nuovamente a piangere e David la strinse a se.
Sarebbe stata un lunga notte.
Dubitava di riuscire a chiudere occhio.

Sei quello che voglioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora