Capitolo 1

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"Kim Taehyung, potrebbe cortesemente venire qui un attimo?". La voce che mi sta chiamando è quella del professore Choe di storia. Immagino già anche quello che vorrà dirmi...che palle. Ed io che volevo andare a mangiare e soddisfare le richieste del mio pancino che, da più di un'ora, non fa altro che lamentarsi e produrre rumori assurdi e, devo ammetterlo, anche imbarazzanti. In ogni caso, decido comunque di incamminarmi fino ad arrivare di fianco al professore, ancora seduto sulla sedia posizionata dietro la scrivania.

"Mi dispiace dover continuare a ripetermi da mesi, ma il suo rendimento scolastico non va assolutamente bene" inizia così il suo discorso. Insomma, proprio quello che mi aspettavo. "Io in prima persona, ma anche tanti altri professori, non faccio altro che incoraggiarla e supportarla, assecondandola e agevolandola rispetto agli altri studenti. Il punto è che lei non fa proprio niente per migliorarsi. Posso capire che non sia un problema semplice da affrontare e, soprattutto, veloce da risolvere. Ma mi sembra di notare che lei non faccia neanche il minimo sforzo per cercare di mutare tutta questa situazione, come se si approfittasse del mio, mi correggo, del nostro aiuto". Okay, mi sembra un colpo un po' basso questo. È vero che non faccio abbastanza per cercare di risolvere il mio deficit dell'attenzione, ma arrivare a dire che io mi approfitto di tutto questo mi sembra davvero ingiusto. Neanche io sono poi così felice di ritrovarmi in questa situazione eh...

"Per questo, ho deciso che inizierà a frequentare dei corsi di potenziamento durante il pomeriggio". E quello che il professor Choe ha appena aggiunto mi lascia a bocca aperta. Ma letteralmente a bocca aperta, poiché lo sto fissando come un pesce lesso. No, non era questo che mi aspettavo di sentire quando poco fa mi aveva richiamato per parlare. Quindi replico: "Mi scusi professore, credo di aver capito male. Potrebbe ripetere cosa ha detto?".

"Credo lei abbia capito benissimo, invece" mi risponde immediatamente e con quell'aria sulla faccia da signore vissuto che, giuro, in questo momento mi verrebbe voglia di prendere a schiaffi. Lo ammetto, potrei essere condizionato dall'odio che sto provando verso di lui a causa della notizia appena ricevuta, perché, in realtà, la sua espressione facciale non è diversa dalla solita che assume quotidianamente. Mi chiedo se non abbia qualche problema ai muscoli facciali. "Penso fermamente che questi corsi possano aiutarla molto. Essendo che vengono tenuti da ragazzi e non da professori, magari farla studiare in gruppo potrebbe essere un incentivo in più per spronarla a fare del suo meglio".

"Davvero, non riesco a capire come questo possa aiutarmi" rispondo con tono piccato, poiché, davvero, non riesco a comprendere da che parte del cervello abbia tirato fuori questa idea assurda. E, forse, neanche voglio comprenderla, questa sua idea...

"Lei ci provi e basta. Più avanti vedremo se ci saranno dei risultati positivi o meno". No, questa risposta non mi soddisfa per niente. Ma, alla fine, il professore è lui e, come tale, decide lui, non io. Quindi chiedo: "Quali corsi dovrei frequentare?".

"Direi di iniziare con matematica, linguistica coreana e scienze. In base ai risultati, vedremo se aggiungere le altre materie in cui sta andando male o se lasciar stare direttamente questa iniziativa" mi risponde, lasciandomi particolarmente stupito. Perché sì, lo ammetto, mi aspettavo molte più materie, ma, per mia fortuna, ha deciso di farmi partire con calma. Il prof, mentre estrae dei fogli dalla sua borsa, continua dicendo: "Qua in mano ho i moduli che dovrà compilare e far firmare ai suoi genitori, così da poter partecipare a questi corsi. Cerchi di portarli domani in segreteria, in modo da poter iniziare queste ore di potenziamento già la prossima settimana".

Prendo i fogli dal professore e, dopo averlo ringraziato gentilmente accompagnando le mie parole con un leggero inchino, mi incammino fuori dalla classe. Finalmente sono finite anche le ore pomeridiane di oggi, non vedo l'ora di arrivare a casa. Comunque, credo si sia già capito che la voglia di iniziare questi corsi sia pari a zero, dovrei averlo già sottolineato diverse volte. Ma, in caso non si fosse ancora capito: non ho voglia di fare queste ore in più di scuola, a mio parere, totalmente inutili. Insomma, se avessi avuto voglia di studiare in gruppo ci avrei già pensato da solo ad iscrivermi a questi corsi di potenziamento, o, semplicemente, avrei potuto contattare Jimin per questo, no? Se non l'ho fatto è perché reputo tutto ciò una perdita di tempo. 

A proposito, devo assolutamente chiamare mia mamma, così le riferirò anche di questa iniziativa inventata da quella testa di caz...volevo dire testa di rapa del professore Choe. Quindi, estraggo il cellulare dalla tasca anteriore dei jeans e, dopo essere andato sul contatto di mia madre, faccio partire la chiamata. Intanto che aspetto che risponda, continuo a camminare dirigendomi alla fermata del pullman.

"Pronto? Taehyung?". La sua voce si fa spazio nel mio orecchio, quasi trapanandolo. Mi affretto ad abbassare il volume - non mi ero accorto di quanto fosse alto -.

"Ciao mamma, si sono io" le rispondo. Poi continuo a parlare assumendo una voce lamentosa ed infantile: "Mamma! Lo sai che dalla prossima settimana devo fare delle ore di potenziamento il pomeriggio? Il professore Choe mi ha costretto a farle e non lo trovo assolutamente giusto. Voglio piangere!".

"Davvero?" mi chiede con tono sorpreso. Al che, stranito, le rispondo affermativamente. Ciò che mi sento dire, però, mi lascia senza parole: "Cavolo, perché non ci ho mai pensato io? Credo valga la pena che ci provi Taetae, magari riuscirai almeno a migliorare il tuo rendimento scolastico".

"Cos-?" non posso crederci che non stia dalla mia parte. "Sappi che sono davvero ferito ed avvilito da questa tua affermazione. Non voglio più avere a che fare con te; una madre che non sta dalla parte del proprio figlio...da non credere". Intanto che faccio l'indignato, mi siedo sulla panchina situata alla fermata degli autobus. Cavolo, le mie gambe non reggevano più; cinque minuti di camminata sono davvero troppi per me. Si, faccio schifo anche nell'attività fisica e sportiva, qualche problema?

"Dai, non fare il solito melodrammatico. Lo sai che sono sempre dalla tua parte" mi dice ridacchiando. Ma prima che possa risponderle aggiunge: "Però se so che una cosa può aiutarti, è logico che mi ritrovo a non sostenerti se tu stesso non ti rendi conto del bene che potrebbe farti, no?".

"Stasera ci sei a cena o sei impegnata al turno all'ospedale? Dovresti firmarmi i moduli per i corsi di potenziamento". Decido di sviare il discorso poiché sono troppo orgoglioso per ammettere che ha ragione e che, di conseguenza, sono il solito esagerato e melodrammatico ragazzino. Per fortuna mia mamma mi conosce così bene da capire che il mio cambio di argomento è solo una copertura per mascherare il fatto che le sto dando indirettamente ragione.

"Si, stasera ci sarò a cena, anche se arriverò un pochino tardi" mi risponde dispiaciuta.

"Per che ora dovresti arrivare?" le chiedo tranquillamente. Non potrei mai avercela con mia mamma solo perché arriva un po' tardi a cena o, magari, non arriva per niente. È il suo lavoro, ciò che ama fare e non potrei mai andarle contro, soprattutto perché per me lei c'è sempre stata e mi ha sempre sostenuto in ogni cosa, quindi è giusto che adotti lo stesso atteggiamento nei suoi confronti. Non riesco a capire come mai si senta sempre in colpa per questo, soprattutto dopo averle detto che non mi importa di tutto ciò, mi basta sapere che stia bene e che non si affatichi troppo.

"Dovrei arrivare per le nove, forse anche un po' prima" mi risponde con un tono perplesso, sinonimo del fatto che ci sta pensando attentamente. Poi aggiunge: "Si, di sicuro non più tardi delle nove".

"Va bene, preparerò io la cena. Ci vediamo stasera" le dico per poi chiudere la chiamata e non lasciarle il tempo di rispondere. Sono troppo orgoglioso per sentirmi fare degli apprezzamenti e dei complimenti, mi metterebbero troppo in imbarazzo. Così, ancora in attesa dell'autobus di cui non c'è ancora traccia - ma che razza di fine ha fatto? L'autista ha forse smarrito la strada? -, tiro fuori gli auricolari dalla piccola tasca sul lato destro dello zaino ed inserisco il jack nel telefono, andando poi su una playlist a caso e mettendo la riproduzione casuale. Non fa a tempo a partire la prima canzone che, in lontananza, vedo il pullman arrivare. Finalmente! Non vedo l'ora di arrivare a casa e saziare il mio povero pancino che, in tutto questo, non ha ancora smesso di brontolare. 

Amo per amore - KookVDove le storie prendono vita. Scoprilo ora