Eclipse

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Quella notte di fine estate, il Campo Mezzosangue era avvolto dalla tranquillità e dai silenziosi sospiri dei semidei che giacevano nei loro dormitori, cullati da sogni fantasiosi e felici, indice del periodo di pace tra gli dei che stava accompagnando la stagione. Tuttavia, in quella scena idilliaca, vi era un giovane figlio di Ade dall'animo tumultuoso che non chiudeva occhio da ormai due giorni. Malediceva sé stesso ed il suo stupido cuore fragile che sembrava illudersi ogni qualvolta un bel ragazzo si dimostrasse gentile nei suoi confronti, perché era questo che ormai pensava delle meravigliose giornate che aveva trascorso con Will Solace: rammentò le sue mani esperte mentre preparavano strani intrugli solo per lui, promettendogli con un sorriso luminoso che presto sarebbe tornato nel pieno delle sue forze, mentre Nico borbottava che non aveva bisogno di aiuto, che stava benissimo, eppure rimaneva a letto ad osservarlo e non aveva la minima intenzione di ribellarsi alle sue cure – dopotutto, quelli erano ordini del dottore; non voleva ammetterlo ad alta voce, forse perché voleva dimostrare al biondo di essere più forte di quanto in realtà fosse, ma trasportare l'Athena Parthenos tra le ombre ogni giorno e combattere contro le forze di Gea, lo avevano decisamente sfinito.

Ricordò le loro infinite chiacchierate sotto le fronde degli alberi, a come il tempo passasse più velocemente in sua compagnia. Poi gli tornò in mente la sera in cui teneva gli occhi scuri puntati sulla sua cena per evitare di osservare la desolazione della tavola dedicata ad Ade, poiché egli ne era l'unico membro, fin quando non vide un altro piatto poggiarsi proprio di fronte a lui ed una camicia a scacchi accomodarsi con la noncuranza di un matto, mentre l'intera sala era ammutolita nel vedere che il capogruppo della casa di Apollo si era allontanato dai suoi fratelli, senza dire una parola, per fare compagnia al solitario Nico di Angelo.

<<È brutto mangiare da soli, vero Mister Morte?>> lo canzonò il biondo mentre addentava una coscia di pollo e l'altro indurì il più possibile lo sguardo per simulare un'espressione innervosita.

<<Ti ho già detto di non chiamarmi così.>> replicò, sentendo le gambe farsi molli come fossero di gelatina.

Will rise, una melodia così incantevole che Nico ne fu sopraffatto. E qualcosa si mosse dentro di lui.

Solace prese a compiere quel rituale tutti i giorni, a pranzo e cena, abbandonando definitivamente il tavolo dedicato a suo padre Apollo, ma nonostante ciò il corvino se ne stupiva ogni volta ed ogni volta il suo volto pallido si coloriva di una leggera sfumatura rosea.

Ricordò i suoi straordinari occhi limpidi come il cielo, dentro ai quali amava scorgere il suo riflesso e in cui aveva sempre l'impulso di sprofondare, la sua espressione concentrata – la fronte corrugata e le labbra serrate – quando studiava le fattezze e le proprietà delle sue erbe curative, la sua voce calda e gentile in grado di tranquillizzarlo nei momenti bui e più Nico lo respingeva, urlandogli di voler stare da solo, più Will si avvicinava e d'improvviso tutta la negatività accumulata nel suo animo si assopiva; i suoi tocchi amichevoli – i pugnetti sul petto, le mani che gli arruffavano i capelli, le braccia intorno al collo – gesti che da qualcun altro avrebbe detestato, ma il biondo era l'unico che riuscisse a infondergli sempre un dolce tepore in tutto il corpo con così poco, rianimando il suo cuore arido e gelido. E poi i loro battibecchi sugli argomenti più stupidi, l'euforia che provava quando gli rivolgeva il suo sguardo torvo e Will non mostrava il minimo segno di timore, ma anzi replicava con tutta la testardaggine di cui disponeva.

C'erano tante cose che Nico di Angelo diceva di non sopportare di lui, ma ce n'erano altrettante che amava – solo che avrebbe preferito bruciare tutti i McDonald's del mondo anziché rivelargliele.

Ma che importanza aveva adesso?

Il corvino continuò a rigirarsi nervosamente l'anello d'argento sull'indice, come se sperasse che il movimento potesse dissipare il suo malumore, ma non fu così. Smise di guardare il vuoto solo quando le prime luci dell'alba non filtrarono dalle persiane e gli venne in mente che Apollo era anche il dio del Sole, oltre che dell'arte e della medicina. E che Will era suo figlio. E che Will era proprio come il Sole, con i suoi spettinati capelli biondi, con la sua allegria... e che Nico non poteva fare a meno di avere sempre caldo vicino a lui.

𝙚𝙘𝙡𝙞𝙥𝙨𝙚 || SolangeloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora