Scenario 1 - Siamo tutti farfalle

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Renato spegne la sveglia ancora intontito dal sonno.
Guarda il display e legge come ogni giorno data e orario rappresentati a caratteri cubitali: 02/05/2080, ore 08:30.

Si alza con ben poca voglia in corpo e sgranchisce i muscoli e le ossa.
Ha diciassette anni e mezzo, il che vuol dire esattamente un quarto della vita media di un uomo suo contemporaneo. Per sua fortuna, gode tutto sommato di una buona salute, e pertanto può sperare in una vita lunga almeno una cinquantina d'anni, l'età, peraltro, in cui è morto suo padre.
Sua madre invece ha contratto il virus in età decisamente più giovane, e per tale motivo se l'è cavata piuttosto bene, la prima volta. Purtroppo però, così com'è accaduto a tanta altra gente, anche lei ha fatto il grossolano errore di credersi invincibile un volta sviluppati gli anticorpi. Ha sottovalutato la grande capacità di mutare che il virus ha maturato negli anni in relazione alla sua grande diffusione, e così si è riammalata una seconda volta. A quel punto la polmonite è durata più di un mese, la terapia intensiva si è resa indispensabile, e dopo una lunga convalescenza, è tornata a casa portandosi dietro le cicatrici della sua sconsideratezza: una fibrosi polmonare cronica diffusa su gran parte dei due polmoni. Quella non sarebbe più guarita.

Terminato lo stretching, Renato indossa dunque la mascherina FFP3 sul viso ed esce dalla propria stanza. In quella adiacente sua madre ancora dorme, ma lui non disturberà il suo sonno. Ha appuntamento con Aurora ed Edoardo alle nove in punto, nei pressi del vecchio Policlinico, laddove sembra essersi verificata l'anomalia.

Il ragazzo esce dalla porta sul retro facendo attenzione affinché nessuno dei vicini lo veda. Non è né l'orario né il giorno in cui i residenti del suo quartiere possono uscire per recarsi nei presidi militari di rifornimento, e dunque, nel caso qualcuno denunci quella sua effrazione alle autorità, di certo passerebbe guai molto seri. Come se non bastasse, per tutto il tragitto Renato deve stare anche attento a non essere sorpreso dai Vigilanti impegnati nelle continue ronde per le strade di Siena, poiché a quel punto la loro giustizia sommaria e violenta sarebbe tre volte peggio di quella prevista dalla legge.

I Vigilanti sono il risultato dell'incontrollabile reazione anarchica della popolazione sviluppatasi fin dalla fine del 2020. Stando a quanto gli è stato raccontato, alle tensioni e ai tumulti di quel periodo Renato deve anche la distruzione delle antenne e dei ripetitori che fino ad allora avevano permesso le comunicazioni telematiche. Pertanto, a causa della folle ignoranza di fervidi credenti in teorie prive di ogni fondamento scientifico, le quali pretendevano di legare la diffusione del virus all'utilizzo di strumenti di comunicazione sempre più avanzati, a partire dal 2021 la popolazione mondiale sarebbe divenuta sempre più isolata e abbandonata a se stessa.

Per cui, facendo attenzione a non farsi vedere da nessuno, Renato scavalca il basso muretto del proprio giardino e inizia a muoversi guardingo in direzione del vecchio ospedale. Per tutto il tempo del suo tragitto l'unica cosa che sente è l'ansito del proprio respiro ostacolato in parte dal filtro della mascherina.

Del resto, al giovane ragazzo appare piuttosto difficile pensare a un mondo esterno che non sia così silenzioso. Un mondo trafficato, caotico, rumoroso. Soprattutto, un mondo dove non bisogna guardare a chi si ha di fronte come una minaccia per la propria salute e quella dei propri cari. Poiché questa, in sostanza, è la prima grande verità che uno impara sin da piccolo.
Allo stesso modo, quello che gli è intorno è il mondo in cui Renato ha imparato a vivere. Un mondo fermo, insidioso, marcescente. Dove ogni parola inattesa può voler dire pericolo, e ogni starnuto o colpo di tosse improvviso ha i caratteri di una deflagrazione devastante.
Ancora, dal libro ricevuto per il suo diciassettesimo compleanno, Renato ha appreso che prima di quel particolare ceppo, il Coronavirus era stato uno dei virus più diffusi e innocui al mondo. Per quel motivo era stato di fatto un incubo per la gente del tempo ritrovarsi in un mondo dove il virus più diffuso e innocuo di tutti diventava all'improvviso una minaccia per l'umanità intera. Un incubo, o un'insensata bugia per chi non riusciva ad accettare la realtà.
Oggigiorno, quello che sessant'anni fa è stato considerato un incubo collettivo, non è altro che il mondo reale, un mondo fin troppo concreto e opprimente per essere considerato solo il frutto di un onirico delirio oppure piuttosto una falsità montata ad arte per soggiogare le masse. Per contro, ciò che probabilmente una volta era considerato normale, per Renato non ha nient'altro che le parvenze di un sogno assurdo, inconcepibile e, soprattutto, irraggiungibile.

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