Fuori è già buio, me ne accorgo solo ora, la mia segretaria mi saluta perché se ne sta andando anche lei.
Sono già le diciannove.
E io sono sola.
Non ho voglia di tornare a casa. Ormai ogni scusa è buona per fermarsi qui.
Questa settimana il pretesto, è la sfilata che si svolgerà a giorni a Parigi.
Il mio studio ormai è il mio angolo di stacco, per disegnare bozzetti nuovi e per pensare.
La mia famiglia si lamenta che sto troppo chiusa qui, che non mi vedono più e che quando mi vedono, mi trovano sempre più dimagrita e sempre più triste.
Hanno capito che c'è qualcosa che non va, ma in realtà li sto tenendo all'oscuro di quasi tutto, tranne del lavoro.
L'unica cosa, che oltre alla mia famiglia, mi ha lasciato.
Non gli avrei mai permesso di toccarmeli.
Non voglio tornare a casa. Probabilmente sarà nel parcheggio, ad aspettare la mia macchina che rientra, per poi salire furtivamente ed aspettarmi davanti alla porta.
Ormai ogni volta è questo il suo teatrino.
Lui mi chiede scusa, mi bacia, ma sono gesti ormai vuoti di ogni sentimento.
Lo faccio entrare per evitare qualsiasi casino possibile e per fare in modo che nessuno del palazzo possa lamentarsi di lui e di me.
E poi, appena entrato in casa si trasforma, i suoi occhi diventano cupi, sembra addirittura che cambino colore, le sue domande rimbombano non solo nella stanza ma nella mia testa ogni volta, tutto il giorno.
Provocazioni, a cui ormai ho smesso di dare risposta.
Sei solo una troia, per questo che non mi fai venire dove lavori.
Sei una puttana, avrai l'amante.
Sei una zoccola, ti scoperai qualche tuo collaboratore.
E mi passa la fame, oltre che la voglia di vivere.
Lo lascio parlare, ho capito che rispondere non serve a nulla. Lo lascio dire, pensare a ciò che vuole, tanto non mi cambia nulla. Non cambierà nulla.
Tra pochi giorni dovrei partire per una sfilata, ma ho deciso di anticipare il volo. Infatti domani nel pomeriggio, alle sedici, un taxi mi porterà all'aeroporto, mi prendo un paio di giorni solo per pensare a me stessa. A capire cosa non va in me. Poi mi raggiungerà tutta la mia troupe, compreso il ragazzo nuovo, che ci aiuterà per il magazzino.
Spero sia bravo, perché licenziare è una cosa che non amo fare. So come ci si sente quando non si ha il lavoro, ed è il motivo per cui ho deciso di aprire un mio marchio.
Mi arriva una mail di conferma per il volo di domani.
Non so quanto sia giusto dirgli che sarà stasera l'ultima volta che mi vedrà.
Forse dovrei proprio lasciarlo, oggi.
Mi infilo il cappotto, prendo il pc e lo metto in borsa insieme al mio cellulare.
Lo lascio.
Questa è la volta buona. Me lo sento.
Salgo in macchina, frizione, freno. La metto in moto. E parto, sono convinta.
In poco meno di quindici minuti sono a casa, e come avevo già previsto, vedo la sua auto nel parcheggio, mi sta aspettando.
Salgo le scale e arrivo al mio appartamento, come da copione è li, tenta di baciarmi e mi scanso, apro la porta e entra ancora prima di me.
'Si può sapere perché non mi rispondi mai? Ti stai scopando un altro? Troia.'
Non rispondo, incasso. Mi vado a fare una doccia, ho bisogno di stare in tranquillità.
Ma, mi blocca sulla porta.
'Dimmi perché cazzo non mi rispondi.'
Mi tira un ceffone in piena faccia.
Crollo. Cado a terra.
Involontariamente le lacrime scendono, guardo il pavimento non voglio che mi veda piangere, non deve vedermi star male per ciò che mi fa.
Tanto adesso lo lascio.
Mi alzo e vado dritta in bagno, non lo degno di uno sguardo.
Mi sbraita addosso ancora. Mi insulta
Non lo reggo più. Ho accumulato troppo nell'ultimo periodo, non ce la faccio più.
'Mi sono rotta il cazzo di te! Delle tue minacce! Delle tue parole! Basta! Non ti vado bene? Sono una troia? Cercatene un'altra e vattene dalla mia vita! Sono stanca, lo capisci? Non ti vergogni dei lividi che mi lasci?'
'Tu sei pazza, io non ti lascio lividi, tu sei pazza! Io ti denuncio se tu vai a dire queste cose in giro! Bugiarda!'
Crolla lui a terra, a piangere.
'Mi dispiace, Davide, ma questa volta è finita, davvero.'
'No, non è finita.'
'Si, per me è finita. Puoi andartene.'
'Per piacere no, voglio star con te.'
Si butta a terra e inizia a respirare in modo affannato, gli occhi si chiudono, inizia ad avere movimenti incontrollati e bruschi.
Cerco di svegliarlo, di aprirgli gli occhi, ma è come se fosse in trance, lo aiuto perché non riesco a fargli del male. Nonostante tutto.
Non riesco a lasciarlo lì, così.
Con fatica lo prendo e lo porto nel letto. Si lascia andare di peso, su di me. Un ragazzo di novanta chili, addosso a me che ne peso la metà.
Lo faccio sdraiare a letto.
Gli metto un panno freddo in testa e gli tolgo la maglietta, magari così si riprende e se ne va.
Forse sono un'insensibile a pensare questo.
Forse dovrei pensare più a lui.
Non voleva davvero fermi male, forse.
Tutto questo mi sta confondendo, cos'è giusto? Chi sbagli?
Mi faccio la doccia, lavo via il fondotinta sul corpo. È l'unica cosa che ora riesco a fare.
Per stanotte dormirò sul divano.
Pur di stargli lontano, passerei la notte anche in una cuccetta.
Mi chiama. Cazzo.
'Cos'hai?'
'Dove sei? Vieni qui, ti prego. Non mi lasciare.'
'Sono in bagno, cosa vuoi?'
'Non so vivere senza di te, sei la mia vita.'
Mi metto l'intimo e vado in camera.
'Imparerai.'
'Non dire così. Non mi lasciare.'
'Non posso più vivere così. Mi hai distrutta. Merito di vivere tutto ciò che ho, che mi sono costruita.'
Si alza, barcollante come se avesse bevuto e mi abbraccia.
Dovrò farmi un'altra doccia domattina, per togliermi ogni suo odore sul mio corpo.
Voglio chiudere questa storia e non voglio più niente di suo.
'Posso star qui con te? Poi se è ciò che vuoi me ne andrò.'
'Se è ciò che vuoi.'
'Si.'
Mi siedo sul letto, impassibile, non riesco nemmeno a provare tenerezza, nemmeno pena per lui.
Per una persona che si comporta come una bestia, cosa si può provare?
Lui dorme tranquillo, come se fosse tutto normale.
Lui dorme tranquillo, perché tanto quella che sta male sono io.
E io ora, sono stanca. Ma ho paura ad addormentarmi.
Sono stanca. Ma non voglio addormentarmi.
Domani, andrò a lavoro più tardi, i ragazzi lo sanno già, mi dispiace solo non conoscere il nuovo addetto al magazzino. Ma devo ancora preparare la valigia e devo farlo nel momento in cui lui non c'è. Così che lui non sappia niente di ciò che da domattina farò.
Tanto lui, che ne sa di moda e del mio lavoro.
Tanto a lui non è mai fregato nulla di me, se non distruggermi la vita.
Mi si chiudono gli occhi, sono le due e mezza passate, forse è meglio dormire, mi farà solo che bene.