The long and winding road

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Il buio assoluto. Una tromba d'aria mi portava dove sfilavano gli alberi, le scogliere, l'oceano in uno scoppio di piccoli flashs. Il mio viso urtava dei blocchi di ghiaccio, fischiava, scricchiolava dappertutto. Ero seduta su un sedile che ondeggiava e riportava ogni scossa nella mia schiena.

Ondeggiava, ondeggiava, ondeggiava.

Mi sono rialzata. Ho tolto il mio viso dalla finestra.

Wouah.

Tutto il mio corpo era pieno di lividi. Come se avessi corso una semi-maratona o partecipato a cinque sessioni di cardio-boxing senza fermarmi. Ho toccato la mia guancia ed ho sentito che era bagnata. Ugh. Mi sono strofinata gli occhi più volte, ho alzato le braccia e rilassato i muscoli. Il mio stomaco ha lasciato un enorme borborigmo.

"Cinque minuti di fermata," ha detto un alto-parlante.

Ho intravisto un uomo anziano nel retrovisore.

Grossi occhiali, cranio calvo, pelle rigata, veste blu marino. Doveva avere cento cinquant'anni. Troppo veterano per guidare un autobus.

Un secondo... Perché sono in un autobus?

Un autobus dove ero sola, al centro di file di sedili vuoti. Nell'angoscia, il mio polso batteva a tutta velocità, o era il mio cuore... Ma no, non il mio cuore. Ho messo la mia mano sul petto e non ho percepito nulla.

Il vuoto. Il nulla.

"Ehm, mi scusi?", ho detto di una voce tremolante "Signore, dove sono, per favore?"

"In viaggio per NoCal"

Delle ombre apparivano sul suo viso mentre filavamo sull'autostrada.

"Pieno sud verso Coyote Point Park," ha aggiunto.

Coyote Poin Park? Era a venti minuti da casa mia. Ho guardato dalla finestra per riconoscere il paesaggio, ma era notte ed andavamo decisamente troppo veloce. Ho asciugato i vetri appannati ma non vedevo nulla di più.

"Cosa faccio qui?"

Ha riso.

"È a me che chiedi questo?", ha detto della stessa voce ironica di mio nonno Frank. Solo che non ero dell'umore giusto.

"Aspettate, un secondo"

Ho creduto di aver riconosciuto qualcosa. Era un faro? Forse Pigeon Point, lì dove papà ci portava per giocare a Frisbee? Ho appoggiato la fronte contro il vetro. Sì, avevo ragione!

"Signore? Potete portarmi a casa mia, per favore? È proprio qui accanto. I miei genitori vi pagheranno la corsa, ve lo prometto!"

Non ha brontolato.

"Signore?", ho ridetto avvicinandomi a lui ma l'asperità della strada mi ha proiettata indietro.

Ondeggiava, ondeggiava.

Ho provato a rimettermi in piedi, con l'aiuto dei sedili. Ma le mie scarpe erano come incollate al suolo, come se avessero versato una soda e avessero dimenticato di pulire. Sono finalmente arrivata fino al sedile dietro di lui, un po' intontita da tutto quell'oscillare.

"Mi scusi," ho detto più forte "Vi ho chiesto di lasciarmi a casa mia. È al numero 11 di Magellan Avenue, proprio dopo Cabrillo"

"Non sono autorizzato a fare delle fermate non regolamentari"

Una nuova angoscia mi ha invasa. Come sarei tornata a casa? Non avevo né cellulare, né soldi, né niente.

"Dove sono gli altri?"

Ondeggiava, ondeggiava, ondeggiava.

"Tutti scesi"

"Quanto tempo ho dormito?"

"Tanto"

"Perché non mi avete svegliata?"

"Non è un mio problema," ha detto riprendendo il suo microfono "due minuti di fermata"

Un fischio acuto è venuto fuori dall'alto parlante. Mi sono tappata le orecchie. Abbiamo continuato a viaggiare in silenzio nella notte scura, poi l'autobus ha rallentato. Gli pneumatici hanno frenato sulla ghiaia di un parcheggio illuminato da un neon rosso. Ho di nuovo asciugato la finestra appannata per leggere l'insegna del neon.

Cosa? Aspettate!

In un instante, la mia testa è stata bombardata di immagini, di suoni e di odori famigliari. Un tornado di dolori, di stelle cadenti e di buchi neri. Delle risate, dei pianti e l'eco di un ragazzo che mi gridava qualcosa da sopra una moto. Il mio cervello stava per esplodere.

Scavare.

Lasciatemi uscire da qui.

Grattare.

Aiuto.

Tenermi.

Vi prego.

Il silenzio e l'oscurità assoluta.

Infinito.

La voce dell'uomo mi ha riportata alla realtà.

"Ci siamo. Tutti scendono"

Tremavo ma non provavo più dolore.

"Dove sono?"

Da nessuna parte. Non sono da nessuna parte.

"Terminus"

Ha premuto sulla leva gialla e la porta si è aperta cigolando. Una buffata d'aria fresca ha inghiottito l'autobus, portando con sé un profumo di oceano e di fiori selvatici che conoscevo bene solo che si mischiava con qualcos'altro. Come un odore di sporco. Ho incrociato le braccia al petto pentendomi di non avere un gilet.

No, il mio cardigan col cappuccio. Quello con i piccoli pinguini.

Avevo ancora una domanda ma qualcosa mi diceva che non avrei amato la risposta.

"Signore?"

I suoi occhi scuri come il carbone si sono scontrati con i miei, io che cercavo di riprendere il fiato.

"Dove siamo arrivati?"

"Benvenuta in eternità," ha annunciato guardando fuori.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 15, 2014 ⏰

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