20: Abito di nozze

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<Ciao Grace> mi volto di scatto. Riconoscerei la sua voce tra mille. 

<Volevo chiamarti, ma poi ho pensato di venire qui durante la tua pausa pranzo. Dovrei chiederti un favore>

Pendo dalle sua labbra. La mia non è una cotta e neanche un attrazione e spero che lui non se ne accorga.

<Mangi con me?> gli domando sperando che mi dica di sì. 

<Certo. Solito posto e solito menu?> 

Accetto la sua proposta forse un po' troppo velocemente. Devo mantenere la calma e fingermi serena e tranquilla. 

<Sono secoli che non faccio vita mondana. Avrei bisogno di un consiglio per il vestito da indossare per il matrimonio della tua amica. Ti va di accompagnarmi in giro per negozi?>

Mi guarda intensamente mentre addenta la carne. 

<Se vuoi a fine turno possiamo andare in centro. Non ho ancora comprato nulla per la cerimonia. Dovevo andare la scorsa settimana con Luna, ma a furia di scrivere inviti, chiudere sacchetti e riempire bomboniere non siamo riuscite a trovare un pomeriggio libero. Se seguito così andrò in pigiama>

Scoppia a ridere e la sua risata è cristallina. Mi do della scema. L'ennesima mia figuraccia. Un'altra da aggiungere alla mia, purtroppo, ben lunga lista. 

<Perfetto. Ti vengo a prendere a fine turno. Ho un paio di cose da fare qui a Phoenix>

Mi accompagna davanti al museo e sale in macchina. Chissà cosa dovrà fare qui in città.

Entro e guido il primo gruppo del pomeriggio per la visita guidata. Il tempo passa velocemente o forse lo percepisco solo io tanta è la voglia di stare con lui. 

<Ciao Ann. Ciao Jack. Vado. A domani> afferro la borsa e fuggo. 

Non tanto velocemente visto che mi trovo davanti Jack con il dito puntato

<Piccolina, se ti fa soffrire me lo vieni a dire e, procuratore o no, una lezione non gliela toglie nessuno>

Lo abbraccio di slancio mentre una calda lacrima mi riga il viso. Chi dice che i genitori sono solo quelli che ti danno la vita sbaglia alla grande.

<Non ti preoccupare, siamo solo amici nulla di più> 

La sua risata mi accompagna fino all'atrio del museo.

<Grace> 

Mi sento chiamare, alzo gli occhi e lo vedo fermo al marciapiede di fronte.

Attraverso la strada. Apre lo sportello della sua macchina. Lo ringrazio. Non sono abituata a simili accortezze. Mette in moto e ci dirigiamo verso il centro. 

Dopo pochi minuti arriviamo davanti al negozio più in della città. Io non potrei comprare neanche un collant lì dentro.

<Ti piace?> 

Esce dal camerino e sfila davanti a me. La commessa se lo sta mangiando con gli occhi. Chiamala scema! 

Allaccia il bottone della manica e si guarda allo specchio. Vorrei dirgli che starebbe benissimo anche solo in boxer ma desisto, anche perché la visione di lui in boxer e a dorso nudo mi sta provocando i brividi. 

Ma quanto diavolo di caldo fa oggi? 

La giacca grigio argento sbottonata lascia intravedere il gilet damascato della stessa tonalità che lo fascia come una seconda pelle. I calzoni aderiscono alla perfezione. La commessa gli si avvicina con fare civettuolo e gli accomoda la cravatta, che in realtà gli cadeva a pennello, solo per toccarlo. 

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