Capitolo 5

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Anche se teoricamente lavoravano per Niklaus, volevo che si sentissero protetti dentro quella casa e che potessero essere liberi di parlare con me senza temere i miei fratelli. Anche perché se avessero avuto paura anche di me, la convivenza sarebbe stata impossibile, oltre che dannatamente penosa.

Li volevo dalla mia parte come amici, non come guardie del corpo.

Mi guardai intorno, ma non vidi nessuno. Forse erano ritornati a casa e si erano dimenticati di richiudere il cancello dopo essere usciti di nuovo.

Mi diressi verso la cucina e mi presi un bicchiere d'acqua, mentre Chris e Liam si sedettero al tavolo. Guardai l'orologio e constatai che erano solo le 14:30, il che significava che eravamo stati fuori solo tre ore.

Non feci in tempo a sedermi, che sentii dei passi veloci e pesanti riecheggiare nell'entrata. Rotei gli occhi e mi preparai allo scontro.

"Dove sei stata?!", gridò la voce imponente di Klaus. Inarcai un sopracciglio.

"A mangiare", dissi stizzita. "Dato che in questa casa non esiste cibo normale", aggiunsi facendo un gesto intorno a me e rimarcando quellultima parola.

"E tu, invece? Dove sei stato?", chiesi furiosa. Il suo sguardo si posò su Liam e Chris, poi si indurì.

"Liam, Chris?", dissi, tenendo lo sguardo fisso su mio fratello. "Forse è meglio che andiate", li informai, con voce un po' più dolce. Loro annuirono e si alzarono. "È sempre stato questo il tuo piano, non è vero?", chiesi con voce più calma che potei. "Lasciarmi qui dentro con due vampiri mentre voi vi facevate i cavoli vostri?"

"Teoricamente, dovevano tenerti chiusa qui, sì", confermò Klaus, con un sorriso maligno sul volto.

"Perché?", domandai con tanta di quella disperazione nella voce che persino io mi stupii.

"Forse per farti capire che non puoi fare quello che vuoi quando vuoi!", gridò lui. Scossi la testa, e un'idea mi si accese in testa.

"Assolutamente no, Klaus! È una vendetta, la tua! Dato che non puoi trasformarmi mi punisci così, obbligandomi a starmene in questa casa! Ma non otterrai quello che vorrai, non me ne starò qui come un cagnolino ad ubbidire ai tuoi ordini fin quando cederò!", sbraitai come una forsennata.

"La tua intelligenza mi stupisce sempre di più", ribatté lui con un sorriso malvagio sulle labbra. Sbattei una mano sul tavolo e, con una spallata- che gli tirai apposta-, lo superai.

Percorsi velocemente le scale e raggiunsi la porta della mia camera. Feci per aprire la porta, ma una voce alle mie spalle mi fermò.

"Possiamo parlare?", mi domandò Kol con un filo di voce. Entrai dentro e mi lasciai la porta aperta alle spalle, per fargli capire che poteva entrare.

Mi sedetti sulla panca sotto la finestra e piegai le ginocchia, e mi circondai le gambe con le braccia.

"Cosa vuoi?", dissi in un sussurro. Non avevo le forze di litigare anche con lui.

"Cosa ti succede?", mi domandò con voce preoccupata. Scoppiai a ridere.

"Cosa mi succede? Cosa mi succede? Vuoi che ti riassumi la situazione?", chiesi. Mi sentivo un'isterica, ma non potevo sopportare le vendette di Klaus e quella stupida vacanza. Lui abbassò la testa e si avvicinò.

"Perché?", domandò semplicemente. Mi accigliai.

"Perché cosa?", dissi in tutta risposta.

"Avevo bisogno una sola dimostrazione del tuo amore, avevo solo bisogno che controbattessi qualcosa, non che scappassi a gambe levate". Capii immediatamente che stava parlando del giorno in cui mi aveva lasciata.

A little Mikaelson 2- Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora