Ci troviamo in un paesino vicino Londra. Io sono Diana, ho 16 anni e sono quella che gli altri chiamano "sfigata". La bilancia è il mio grande nemico. Anche se, non ho amici. Troppo brutta, troppo insicura,troppo grassa per averne. Sono sola. Sola al mondo. Mia madre è morta. Beveva. Un giorno il suo cuore non ha retto più. E così addio. Mi ritrovo ad abitare con mio padre. Abusa di me. La prima volta fu a 10 anni. Era il mio compleanno. Iniziò con i complimenti poi le cose si fecero serie. Mia madre sapeva di tutto questo,ma non ha mai fatto niente. Cosa poteva mai fare? Lei aveva già i suoi problemi con l'alcool e la droga. A malapena vedeva, la droga le aveva rovinato la vista. Nell'ultimo periodo della sua esistenza mi presi io cura di lei. Io doveva prepararle da mangiare, io dovevo lavarla, io dovevo essere la madre e lei la figlia. E' sempre stato così.
Sono le sei di mattina. Mi sono appena alzata. Ieri era l'ultimo giorno di vacanze. Mi affrettai a prendere l'autobus quando sulla soglia della porta quello che doveva essere mio padre mi tirò per un braccio.
'Dove vai?' mi chiese. Gli puzzava l'alito di alcool ed erano solo le sei di mattina.
'A scuola'
Mi sorrise. Sapevo cosa volesse significare quel sorriso.
'Ti prego lasciami. Devo andare a scuola'.
Il postino mi salvò. Bussò alla porta ed io ne approfittai per scappare. Avrei tanto voluto andarmene e non tornare più. Ma lui mi avrebbe cercata, trovata e picchiata a sangue. Ho solo sedici anni eppure mi sento vecchia. Vecchia dentro, consumata.
Presi l'autobus che dopo una ventina di minuti mi portò a scuola. Non era cambiato niente. Da una parte c'erano gli emo, i popolari, i secchioni e dall'altra parte le matricole. E poi c'ero io. Io che non facevo parte in nessuna di queste categorie. C'ero solo io. Io e la mia insicurezza, io e miei segreti. Io e la mia lametta. Io e i miei tagli nascosti da un maglione lungo. Non bussate alla porta del mio cuore. Non troverete i giardini fioriti . Troverete solo un luogo vuoto e abbandonato. Sapete, a volte le persone fanno schifo. Non parlo mai di questo, con nessuno. Con chi dovrei parlarne? La mia storia è incisa sui miei polsi. Tocca agli altri saperla leggere. I miei tagli sono quelle urla che nessuno sentirà mai.
La campanella suonò. Erano già entrati tutti. Era rimasto solo un banco vuoto. Infondo all'aula, era rotto. Mi sedetti, presi le cuffiette e per un po' fui felice. Vidi venire verso di me James.
'Hey, depressa i tuoi amici emo ti stavano aspettando, volevano tagliarsi con te.'
Nella classe ci fu un boato. Iniziarono tutti a ridere. Sentivo il loro divertimento entrarmi dentro, attraverso i tagli che avevo sul corpo. Erano come veleno.Feci finta di niente, come se non lo avessi sentito. Come le se parole di 'Adele' fossero più forti. Come se la musica fosse più forte di tutto quello. Si arrabbiò. Mi tirò le cuffiette dalle orecchie con rabbia.
'Non fare finta che non esista.'
Abbassai lo sguardo, ancora una volta feci finta di niente. Voleva farmi reagire. Mi buttò le cuffiette dalla finestra. Un'auto ci andò sopra, me le distrusse.
'Perché non la lasci in pace?'
Dalla soglia della porta si sentì una voce. Aveva un accento strano. Non era inglese.
'Lasciala in pace imbecille.'
James si voltò di scatto. La sua mascella si tese. Non era un buon segno. Si stava arrabbiando.
'E' tu chi sei? Il suo bodyguard?'
Il ragazzo entrò. Era biondo, occhi azzurri, era bellissimo.
'Sono Niall. E tu sei un coglione.'