La tempesta

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Quella sera, il cielo londinese era coperto da un'innumerevole quantità di nuvole minacciose. Solcavano la volta celeste dando un pallido grigiore, che restava in sintonia con i freddi colori dei tetti e delle mura di una città ormai rifugiata nella propria tana, in vista di un secondo e probabile acquazzone.

Ogni tanto, però, alzando lo sguardo, era possibile scorgere dei piccoli bagliori luminosi negli sporadici squarci tra una macchia ovattata e l'altra, che cessavano di inscenare combattimenti corpo a corpo, distanziandosi per prender fiato e per poi riprendere a lottare.

Fin da quindicenne, amavo fare paragoni tra determinate circostanze e situazioni della mia vita. Ad esempio, ciò che stanziava sopra il mio capo in quel momento pareva un quadro particolarmente reale che rispecchiava il presente non troppo colorato che stavo vivendo. Dando un veloce sguardo in basso a destra della mia visuale, mancava però una delle cose più importanti di un'opera su tela: la firma. Chi era l'artista che aveva creato tutto questo? Chi era colui che aveva scelto di farmi vivere nei panni logori di un pittore che abbandona tutti per la sua passione? Con rammarico capisco di non essere in grado di scovarne l'identità, e abbasso lo sguardo, impotente.

Noto sorridendo che il tempo atmosferico comporta una certa fretta negli animi dei passanti.

Una signora sulla quarantina che veste un impermeabile fin troppo grande per la sua indole, sta portando a spasso il suo cane, il quale al contrario di tutto e di tutti molto felicemente scodinzola a destra e a sinistra incurante del mondo, annusando qua e là i marciapiedi infestati da erbacce e foglie secche. La donna é al telefono, sembra agitata. Vorrei essere in grado di entrare nella testa delle persone per capirne i sentimenti e gli inaspettati comportamenti, non avendo bisogno di supporre spiegazioni non fondate. Ecco infatti che la signora inizia a correre, il suo amico a quattro zampe la segue stressato, quel collare gli reca troppo dolore per poter resistere ad un tale impeto.

Mi distrae un'altra figura che ha appena girato l'angolo dell'isolato: anch'egli sembra essere nervoso. Indossa un abito elegante e impugna un mazzo di rose bianche assai ingombrante. Probabilmente ha appena ricevuto un due di picche. Cammina a passo svelto sul filo del marciapiede, poi improvvisamente viene investito da uno spruzzo d'acqua provocato dall'alta velocità di un'auto che passava su una pozzanghera. L'uomo impreca con gli occhi e le braccia al cielo, poi abbassa lo sguardo sui suoi pantaloni scuri, resi ancor più scuri dall'acqua. Si colpisce i fianchi con le mani, notando di aver ancora quel fascio di fiori rovinati. Si innervosisce, vorrebbe reagire. Ma per prendersela con chi? Così inizia a singhiozzare, riprende il suo cammino e getta le rose nel primo cassonetto che incontra, seppur esitando per un paio di secondi. Poi si infila in un vicoletto e scompare nel buio.

Assisto a questo drammatico teatrino seduto su uno degli scalini esterni al mio appartamento, mentre porto alla bocca una Marlboro Light quasi finita. Non mi piaceva molto fumare, lo facevo solo quando ero immerso nei miei pensieri, e questa volta di motivi per essere pensieroso ne avevo eccome.

Innanzitutto la settimana scorsa, il mio datore di lavoro, Richard Raeburn, mi ha affidato un incarico molto importante e avevo il compito di portarlo a termine ad ogni costo. Il problema è che questo è un periodo in cui non ho ispirazione, e nella mia professione un'artista ne ha bisogno e non poco.

Si era deciso di costruire un museo d'arte moderna in cui avrebbero avuto luogo anche delle lezioni su come disegnare e dipingere. Era nell'aria anche l'idea di affiliare ad esse uno speciale corso di fotografia, ma evidentemente non ha avuto molta vita. Questo particolare progetto era stato approvato da molti cittadini attraverso un sondaggio e pareva che anche il sindaco ne fosse d'accordo. Poi, inaspettatamente, lo scorso Martedì tutto è andato in fumo con il non consenso della carica più alta della città, creando un malcontento generale. Venerdì prossimo sarà il dì della manifestazione e mancano ancora nove giorni per rappresentare su uno striscione la mia idea che sarà un riassunto di tutta la vicenda. Il signor Raeburn era il co-finanziatore del progetto e riteneva molto importante portare a termine l'iniziativa, per questo motivo ho la necessità di non deluderlo e d'altra parte sborserà parecchie sterline nel caso in cui riuscissi a soddisfare le sue aspettative.

Questa faccenda tuttavia non mi turba quanto quella che riguarda la mia situazione sentimentale. Infatti ieri pomeriggio, Jane, la mia ragazza, mentre io ero in cucina a lavare la catasta di piatti corrispondenti a due giorni, ha sbloccato lo schermo del mio cellulare e ha letto le ultime conversazioni su WhatsApp. Tra di esse c'era quella con Nick Bellamy, il collega di lavoro con il quale ho più confidenza. Gli avevo inviato un ritratto fatto da me raffigurante la mia Jane mentre dormiva in topless, coperta a malapena da un lenzuolo trasparente. C'era una certa competizione tra di noi, sia per il lavoro, sia per le ragazze. La sfida sentimentale si era però attenuata da quando conobbi Jane, restandone incantato. In realtà, però, Nick tentava sempre di farmi notare la sua capacità nel conquistare, cercando di mettere in cattiva luce il rapporto che avevo con la mia Jane. Ha sempre sostenuto che io non sarei mai stato in grado, come lui, di avere una ragazza seria e "permanente" al mio fianco. Ho sempre pensato che ne fosse geloso, e perciò ho deciso di sfoggiare la mia perla, vantandomi del disegno ma soprattutto della mia lei.

Jane ovviamente si é offesa, mi ha anche lanciato un vaso contro, che per fortuna ho evitato. Mi ha riferito inoltre di non volermi vedere più, ho tentato di spiegarle e scusarmi, ma una donna adirata non si può combattere. É come decidere, da inesperto, di restare in sella ad un toro domandolo per un lasso di tempo pari ad un paio di minuti.

Chissà cosa starà facendo lei. Forse é a casa, piange sul divano, ricoperta da una miriade di fazzoletti. Forse sta cenando ad un fast-food perché voglia di cucinare non ne aveva. Forse sta accendendo il display del suo cellulare, continuamente, in attesa di un mio messaggio di perdono.

Nah, mai commettere lo sbaglio di essere presuntuoso. Come accade nei cartoni animati subito la nuvoletta rappresentante i miei pensieri che volteggia sulla mia testa scompare, lasciando spazio ad una nuova. Più probabilmente sarà uscita con Anne, Kristen o un'altra delle sue amiche, parlandomi alle spalle riferendo quanto io fossi stato stronzo. Magari starà ballando spensierata in una discoteca, al fianco di un altro uomo. Magari più semplicemente starà guardando i programmi televisivi delle 20:00.

Qualcosa interrompe i miei pensieri. Il telefono fisso sta squillando. Apro gli occhi e mi alzo. Prendo la sigaretta tra le labbra, la lascio cadere sul marmo degli scalini e la spengo con la suola della scarpa. Rivolgo le spalle alla strada, frugo tra le tasche e prendo le chiavi della porta d'ingresso. Salgo un paio di scalini, arrivo al tappeto con scritto "Welcome". Benvenuto. Ma benvenuto a cosa non lo avevo ancora capito, poiché mi stava andando tutto storto. Calpesto la scritta, entro nell'appartamento e mi precipito al telefono.

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