Fortuna
/for·tù·na/:
personificazione della forza che guida e avvicenda i destini degli uomini, ai quali distribuisce ciecamente felicità, benessere, ricchezza, oppure infelicità e sventura.

1 ottobre 2003

Nico

Che giornata di merda.

Non che fosse sveglio da molto, o che quella non fosse una frase ricorrente nella sua mente, ma era davvero una giornata di merda. Era iniziato tutto da un preciso momento: il risveglio. O meglio, non che il fatto di essersi svegliato fosse la causa di tutti i suoi problemi, più o meno.

Era iniziato tutto qualche mese prima, quando gli si era presentata l'occasione per rialzarsi dalle sue difficoltà economiche. Aveva già messo da parte qualche soldo tra lavoretti vari di cui aveva conservato pessime esperienze, ma quando passando dalle parti del rinomato locale per eventi “Poseidon” vide un annuncio di ricerca di personale non ci mise molto, una volta tornato a casa, a racimolare vecchie certificazioni di vario tipo, selezionare le informazioni più rilevanti e ad inviare un curriculum alla mail del locale.

Tornando al presente, era finalmente giunto il giorno del colloquio di lavoro, ma la fortuna per l'ennesima volta aveva deciso di non stare dalla sua parte. In quel preciso istante stava correndo per raggiungere il prima possibile Piccadilly Circus, il luogo dell'incontro, e lui odiava correre. Come avrebbe potuto giustificare il suo ritardo? Avrebbe mai potuto dire, pretendendo di essere preso seriamente, di aver accidentalmente chiuso il telefono nel mobile dei medicinali la sera prima e, di conseguenza, di non aver sentito la sveglia?

Oltretutto, sarebbe già stato fortunato se non avesse fatto spaventare chiunque gli avesse fatto il colloquio: quella mattina era più pallido del solito, le sue occhiaie gonfie e marcate. Aveva optato per andare sul sicuro con dei pantaloni neri e una camicia grigio scuro, ma nel complesso sembrava uno zombie.

Con il battito accelerato e in iperventilazione, riuscì finalmente a raggiungere l'enorme piazza, con solamente qualche minuto di ritardo. Il luogo era insolitamente calmo, alcuni lavoratori sistemavano le merci nei negozi e un signore di mezza età leggeva il giornale sugli scalini. Un ragazzo dai capelli biondi e dall'aria spaesata si guardava intorno, tamburellando con le dita della mano destra sulla gamba e reggendo con la sinistra un bicchiere di Starbucks.

Nico iniziò a frugare nelle tasche dei pantaloni alla ricerca di... No. No, non poteva aver davvero dimenticato il walkman. Ascoltava la musica in ogni momento della sua vita, cosa che lo aiutava anche nelle situazioni più complicate, come aveva fatto a dimenticarlo? Stava ancora cercando quel piccolo aggeggio nelle varie tasche un po' consumate, quando un improvviso calore lo fece sussultare, colpendolo al petto. Letteralmente. L'odore del caffè gli si insinuò nelle narici e la sua camicia, ormai fradicia, si attaccò alla pelle.

La sua rabbia esplose immediatamente, mentre vide il ragazzo spaesato di poco prima rialzarsi da terra, reggendo un bicchiere di Starbucks ormai vuoto. Il biondo posò i suoi occhi azzurri prima sul viso pallido di nico poi sulla sua camicia e un'espressione mortificata gli si dipinse in volto.

“Oddio, mi dispiace tanto... Aspetta, lascia che ti aiuti” fece per tirar fuori da una tasca dei suoi pantaloncini un fazzoletto di stoffa e si avvicinò a Nico, il quale si allontanò con uno sguardo omicida.

“Non ti avvicinare.” intimò, serrando i pugni.

“Ti chiedo scusa, sono davvero mortificato. È che tra meno di un'ora ho un colloquio di lavoro e...”

“Ma davvero? Pensa un po', io ne ho uno adesso.” lo interruppe il ragazzo dai capelli neri, cercando di tenere a freno la sua rabbia.

“Non so come scusarmi, stavo solamente...” ma il biondo venne interrotto un'altra volta dall'arrivo di un uomo sulla quarantina.

Il suo viso abbronzato era incorniciato da una massa di capelli neri e i suoi occhi avevano un'insolita sfumatura di verde, simile all'acqua del mare. Indossava un completo formale con giacca e cravatta e Nico rimase colpito dal suo odore particolare, come se fosse stato in spiaggia da poco. Il suo sguardo andò da Will a Nico e un sorriso gli incurvò le labbra.

“Niccolò di Angelo?” domandò, in tono affabile. Nico, ben consapevole della sua camicia zuppa di caffè, si fece avanti e si presentò timidamente all'uomo.

“Piacere di conoscerti, io sono il signor Poseidone. Mi scuso per il ritardo, tra tutti questi colloqui... Vieni, abbiamo molto di cui parlare.”

Nico ebbe voglia di sprofondare. Non solo sembrava la mascotte di Starbucks al momento, ma avrebbe sostenuto il colloquio con il proprietario del locale in persona. Peggio di così non sarebbe potuta andare. I due presero posto in un bar nelle vicinanze e dopo alcune domande personali l'uomo prese ad analizzare il suo curriculum.

Al contrario delle sue previsioni catastrofiche, tuttavia, il signor Poseidone lo mise subito a proprio agio, visibilmente colpito dalle sue competenze linguistiche. Parve, inoltre, non prestare alcuna attenzione all'abbigliamento mal andato di nico.

“Ti dirò, sono piacevolmente sorpreso dalle tue abilità. Quindi ricapitolando, oltre all'inglese parli anche l'italiano e il francese?”

“Sì, soprattutto l'italiano. Vede, sono nato a Venezia e ho trascorso lì gran parte della mia infanzia, quindi è la mia lingua madre.”

Il signor Poseidone annuì, per poi alzarsi e rimettere la sedia a posto

“Bene, per me è tutto. Ti farò sapere prossimamente”

Dopo aver pagato il conto i due tornarono a Piccadilly Circus, dove si salutarono con una stretta di mano. Nico notò il ragazzo dai capelli biondi di poco prima, che sembrava ancora più nervoso e spaesato. Lo vide spostarsi da quegli scalini su cui aveva probabilmente iniziato a piantare radici, per poi avvicinarsi a... Nico inclinò leggermente il capo in un'espressione stranita: perché quel ragazzo si stava avvicinando al signor Poseidone?

𝑺𝒕𝒐 𝒂𝒓𝒓𝒊𝒗𝒂𝒏𝒅𝒐... [𝖲𝖮𝖫𝖠𝖭𝖦𝖤𝖫𝖮]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora