DNA Sequence 00 - Memory 1

947 25 0
                                    

ricordo 0.1 vecchie origini non mentono.

La strada è affollata come al solito. È una città universitaria dopotutto, cosa mi potrei mai aspettare? Se il mercoledì è il giorno libero per stare con gli amici, il sabato è quello adatto per ubriacarsi.
La musica pesante mi pompa nelle orecchie, nella testa, e un po’, devo essere sincera mi infastidisce anche. Faccio cenno alla barista, una sudamericana penso, e lei si avvicina con un largo sorriso. «Posso sapere come mai sei sempre sola?» mi chiede mentre mi riempie per la terza volta il bicchiere di quella squisita birra rossa.
«Non vengo considerata granché socievole…» è incredibile quanto in fretta io abbia imparato l’italiano.
“Le origini non mentono” mi dice la ragazza affianco a me, io sorrido appena e bevo un altro lungo sorso. C’è un botto, e dei ragazzi cominciano ad urlare esagitati, auguri, parole incomprensibili anche a me in dialetto, e si versano da bere. Italiani. Non si smentiscono mai.
Finalmente mettono una canzone decente. La canticchio e intanto, pagando alla cassa, mi avvio all’esterno del pub. In verità non ho molta voglia di tornare a casa, ho ancora da pulire tutti i mozziconi di sigarette sul davanzale – senza parlare delle merde di piccione – e per di più ho il frigo vuoto.
Le luci artificiali arancioni mi fanno girare la testa. Prendo fuori il pacchetto di Winston Blue e cercando di ripararmi da quel leggero venticello che si incanala come ogni sera in via, ne accendo una. Inspiro a pieni polmoni. Che bella sensazione. Davvero. Fino a qualche tempo fa non mi piaceva inspirare, ma ora è diverso. Ne sento la necessità.
“È cambiato tutto, vero? Sei cambiata anche tu” continuo a non rispondere alla ragazza.
Volto la testa leggermente e con la coda dell’occhio vedo un gruppo di ragazzi, vestiti di nero – o forse blu? – che camminano a schiena diritta, passo fermo.
“Muoviti. Ti aspetto a casa” svolto in una stradina buia, e avanzo fino alla fine. Butto a terra la sigaretta ancora a metà “che spreco” penso irritata. Aspetto qualche secondo, osservando la luce arancione della via principale riflessa sul muretto, cercando ombre sospette.
Ma non arrivano. Provo a rimanere nascosta nella penombra per un altro minuto. E un altro ancora.
Che strano. Solitamente il mio istinto non sbaglia. Inarco un sopracciglio, ma non mi muovo, solo rilasso un po’ le spalle. Non mi piace la situazione, li ho riconosciuti chi erano, riconosco il suono dei loro passi, dalla pressione, dagli stivali, ed è impossibile che non mi abbiano vista venire qua dietro. È impossibile.
Sorrido.
Come immaginavo.
Sono lì, tre, e mi sbarrano la via di fuga – come se fosse l’unica per me – la mano pronta sul manganello al fianco, usare la pistola attirerebbe troppo l’attenzione, soprattutto in una città italiana come quella.
Il primo ragazzo si avvicina a me, e cerca di colpirmi, il primo colpo va a segno, anche il secondo, riesce a buttarmi a terra, e lui ride. Ma che ti ridi? Mi rialzo e anche il secondo comincia a caricare il colpo, questa volta però schivo il primo e disarmo il secondo. Un calcio per aprire la guardia, un pugno sotto il mento per rialzarlo, e tenendo l’arma, un calcio allo stomaco per metterlo fuori uso; posizione di difesa, ricordati, sempre posizione di difesa, cammino indietro per contrattaccare al momento giusto. Ed ecco anche il terzo, mi avvento su di lui a manganellate e quando il primo uomo cerca di attaccarmi, uso il contrattacco letale e facendolo cadere a terra a faccia in giù gli fracasso il cranio.
«No ti prego! Non farmi del male!» mi implora l’ultimo sopravvissuto, in ginocchio, con le mani davanti al viso. Ridacchio. Che monotonia, non credevo che anche fuori dicessero le stesse cose…
«Oh, andiamo Derek. Non crederai davvero che io creda a queste cazzate!» scusate il gioco di parole – l’Agente continua a piagnucolare, parole sbiascicate, impastate dalla paura. Ma non ha paura. Sono addestrati per non averne.
«Te lo giuro! Non dirò a nessuno che sei qui, riferirò che sei riuscita a fuggire, ma ti prego… non farmi del male!» inclino la testa verso destra e abbasso la mano armata per far cadere il manganello a terra.
La strada è così buia che per le persone che passeggiano alla luce dei lampioni è quasi impossibile vedere cosa è successo qui. Speriamo che per domattina sia tutto pulito.
Torniamo a Derek. mi ha chiesto di lasciarlo vivere, cosa dovrei fare? Fidarmi di un ragazzo che una volta era mio compagno?
Mi avvicino a lui, mi abbasso. «La mia risposta è no.» è come una sigaretta, ti da dipendenza, ti inebria quando la senti. I capelli umidi di sudore freddo, la pelle che scotta, la sensazione di stringere con tutta la tua forza una persona ben più robusta di te, ed infine il rumore dell’osso del collo che si spezza. Il ragazzo si affloscia come un foglio di carta bagnato sul mio petto, lo stringo a me, carezzandolo, come farebbe una mamma col proprio figlio dopo che si è svegliato ansimando e urlando da un brutto incubo.
«Requiescat in pace, fratello»

Cosa posso dire? Questa è la versione revisionata della scorsa ficcy. Non mi piaceva. Per niente.
L'avevo immaginata troppo come film, come web series, come videogioco, tutto tranne che come uno scritto. E quindi mettiamoci
d'impegno e rendiamola migliore! :D

So... spero che chi seguiva e leggeva la vecchia storia, faccia lo stesso con questa :)
Ricordate, fratelli, nulla è reale, tutto è lecito.
Volete SPOILER A GRATIS su Assassin's Creed: Genderswap? Fate domande su http://ask.fm/soggetto_21

Assassin's Creed Genderswap [Assassin's Creed Fanfiction]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora